La scuola conquista per un giorno le prime pagine dei giornali per l’imprudenza
di qualcuno che ha scritto ciò che si fa ma non si deve dire. Nell’autopresentazione dell’Istituto comprensivo “Via
Trionfale” a Roma nord il dirigente scolastico ha avuto
l’ingenuità di lasciar scrivere nel sito ciò che in moltissime scuole si fa, ma
è bene non dire.
Leggiamo infatti: «La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna
accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso
di via Assarotti, situato nel cuore del quartiere popolare di Monte Mario,
accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il
maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana». Riguardo alla scuola
di via Vallombrosa si precisa: «Il plesso sulla via Cortina d’Ampezzo accoglie
prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai
figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti,
autisti, e simili)».
Nel luglio di due anni fa rivolsi alla ministra Fedeli un appello per
affrontare la questione: Lettera aperta alla ministra Fedeli. Contro le
scuole ghetto, per non ricordare Don Milani solo a parole:
Gentile Ministra Valeria Fedeli, in queste ultime settimane lei ha
ricordato in diverse occasioni l’esperienza educativa di Don Lorenzo
Milani e il suo Ministero ha organizzato una giornata dedicata alla
sua opera il 5 giugno. Poiché il rischio dell’ipocrisia e della retorica è
grande, desidero suggerirle un provvedimento molto semplice e concreto, in
linea con la battaglia condotta solitariamente dal Priore di Barbiana mezzo
secolo fa. È a costo zero e potrebbe attuarlo in tempi rapidi.
Tra i dati che l’Invalsi restituisce alle scuole, c’è un dato relativo alla composizione delle classi. Normalmente le classi di una stessa scuola dovrebbero essere simili, cioè avere al proprio interno alunni più ricchi e alunni più poveri, alunni più preparati e alunni meno; ma questo in molte scuole, soprattutto al sud, non avviene. I dati Invalsi dicono che la variabilità tra le classi, che normalmente dovrebbe aggirarsi intorno al 5-6% (perché non è comunque possibile formare classi perfettamente equivalenti) in Italia è più del doppio, intorno al 14%, e al Sud tocca addirittura il 27%, vale a dire più del quadruplo del valore fisiologico.
In poche parole, nella composizione delle classi si realizza una vera e propria segregazione, per cui molti alunni sono raggruppati per condizioni socio-economiche simili.
Tutto ciò non lo rivela un’indagine militante condotta dal basso, come al tempo di Lettera a una professoressa. È la fotografia di un dettaglio rilevante della nostra scuola, che ci consegna una lettura attenta dei dati raccolti da un Ente di ricerca preposto alla valutazione del sistema scolastico, che fornisce dati anche al Ministero che lei guida.
Responsabili di questa palese ingiustizia sono i Dirigenti scolastici delle scuole coinvolte, ma sappiamo bene che tale pratica profondamente immorale è attuata per la pressione di alcuni genitori e con la complicità degli insegnanti interessati a lavorare con ragazzi “scelti”.
Molte delle scuole che operano in tal senso si trovano al sud o nelle periferie delle grandi città, dove più acuti sono i problemi sociali, come attestano i dati raccolti dall’Invalsi: sarebbe importante che fossero pubblicizzati e diffusi.
Si tratta, come è evidente, di una palese violazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione, laddove è detto che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Si promuovono molti progetti per portare la Costituzione nella scuola. Qui si tratta di riportare una parte significativa della scuola nella Costituzione.
Da anni viene rilevato quanto in Italia, a differenza di altri paesi europei, sia bloccato l’ascensore sociale che permetta un ricambio e un rimescolamento tra gli strati sociali, a partire dall’accesso a una istruzione di qualità. Nell’impressionante estensione di questa ingiustizia conclamata c’è qualcosa di peggio. Non solo l’ascensore per molti è bloccato al piano terra, ma i più poveri, deprivati ed emarginati per diverse ragioni, sono invitati a scendere direttamente in cantina e a non muoversi da lì.
La scuola italiana ha fatto molto in questi decenni per l’inclusione dei ragazzi portatori di disabilità, per l’integrazione dei tanti figli del disagio e dei numerosi figli di immigrati. Moltissime sono le insegnanti e gli insegnanti e numerosi i dirigenti scolastici che ogni giorno si spendono con dedizione per dare le migliori opportunità a tutti. Proprio per questo, per dare spazio e respiro a chi nella scuola ci crede, la invito a interrompere con provvedimenti drastici e controlli efficaci, questa odiosa discriminazione, troppe volte assecondata e taciuta. Sappiamo bene che lavorare in classi disomogenee è una sfida educativa difficile, che comporta impegno, dedizione e continua formazione da parte di noi insegnanti. Ma è esattamente questo il compito dell’educare oggi: far sì che le diversità non si trasformino in discriminazioni.
Se la scuola non è un po’ meglio della società che le sta intorno, cosa ci sta a fare? È un piccolo ma rilevante gesto di coerenza ciò che le chiedo di fare, necessario se si vuole ricordare Don Milani non solo a parole, ma con gesti che mostrino che siamo in grado di imparare della sua lezione.
Tra i dati che l’Invalsi restituisce alle scuole, c’è un dato relativo alla composizione delle classi. Normalmente le classi di una stessa scuola dovrebbero essere simili, cioè avere al proprio interno alunni più ricchi e alunni più poveri, alunni più preparati e alunni meno; ma questo in molte scuole, soprattutto al sud, non avviene. I dati Invalsi dicono che la variabilità tra le classi, che normalmente dovrebbe aggirarsi intorno al 5-6% (perché non è comunque possibile formare classi perfettamente equivalenti) in Italia è più del doppio, intorno al 14%, e al Sud tocca addirittura il 27%, vale a dire più del quadruplo del valore fisiologico.
In poche parole, nella composizione delle classi si realizza una vera e propria segregazione, per cui molti alunni sono raggruppati per condizioni socio-economiche simili.
Tutto ciò non lo rivela un’indagine militante condotta dal basso, come al tempo di Lettera a una professoressa. È la fotografia di un dettaglio rilevante della nostra scuola, che ci consegna una lettura attenta dei dati raccolti da un Ente di ricerca preposto alla valutazione del sistema scolastico, che fornisce dati anche al Ministero che lei guida.
Responsabili di questa palese ingiustizia sono i Dirigenti scolastici delle scuole coinvolte, ma sappiamo bene che tale pratica profondamente immorale è attuata per la pressione di alcuni genitori e con la complicità degli insegnanti interessati a lavorare con ragazzi “scelti”.
Molte delle scuole che operano in tal senso si trovano al sud o nelle periferie delle grandi città, dove più acuti sono i problemi sociali, come attestano i dati raccolti dall’Invalsi: sarebbe importante che fossero pubblicizzati e diffusi.
Si tratta, come è evidente, di una palese violazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione, laddove è detto che “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Si promuovono molti progetti per portare la Costituzione nella scuola. Qui si tratta di riportare una parte significativa della scuola nella Costituzione.
Da anni viene rilevato quanto in Italia, a differenza di altri paesi europei, sia bloccato l’ascensore sociale che permetta un ricambio e un rimescolamento tra gli strati sociali, a partire dall’accesso a una istruzione di qualità. Nell’impressionante estensione di questa ingiustizia conclamata c’è qualcosa di peggio. Non solo l’ascensore per molti è bloccato al piano terra, ma i più poveri, deprivati ed emarginati per diverse ragioni, sono invitati a scendere direttamente in cantina e a non muoversi da lì.
La scuola italiana ha fatto molto in questi decenni per l’inclusione dei ragazzi portatori di disabilità, per l’integrazione dei tanti figli del disagio e dei numerosi figli di immigrati. Moltissime sono le insegnanti e gli insegnanti e numerosi i dirigenti scolastici che ogni giorno si spendono con dedizione per dare le migliori opportunità a tutti. Proprio per questo, per dare spazio e respiro a chi nella scuola ci crede, la invito a interrompere con provvedimenti drastici e controlli efficaci, questa odiosa discriminazione, troppe volte assecondata e taciuta. Sappiamo bene che lavorare in classi disomogenee è una sfida educativa difficile, che comporta impegno, dedizione e continua formazione da parte di noi insegnanti. Ma è esattamente questo il compito dell’educare oggi: far sì che le diversità non si trasformino in discriminazioni.
Se la scuola non è un po’ meglio della società che le sta intorno, cosa ci sta a fare? È un piccolo ma rilevante gesto di coerenza ciò che le chiedo di fare, necessario se si vuole ricordare Don Milani non solo a parole, ma con gesti che mostrino che siamo in grado di imparare della sua lezione.
Franco Lorenzoni, maestro elementare
La ministra Valeria Fedeli rispose con celerità e gentilezza il giorno dopo
(sulle pagine di Repubblica), affermando di volere affrontare la
questione. Fu commissionato uno studio puntuale a Marco Rossi Doria,
che redasse un documento significativo, ma poi non se ne fece nulla. Provai
a rinnovare una richiesta di impegno con una nuova missiva che, purtroppo,
rimase lettera morta. Governi senza coraggio, ieri e oggi, aprono la strada
alle peggiori pratiche anticostituzionali.
La malapratica delle discriminazioni
Gentile Ministra Valeria Fedeli,
nel luglio scorso le scrissi una lettera aperta (pubblicata da “Repubblica”) a cui lei prontamente e gentilmente rispose il giorno dopo. La commissione guidata da Marco Rossi Doria ha prodotto un documento importante che affronta molti dei temi sollevati in quel nostro scambio di opinioni. Ma non basta ed è necessario fare di più. La prego, trovi il modo e le forme per stilare una circolare semplice, circostanziata e prescrittiva in cui si vieta ai dirigenti scolastici delle scuole di ogni ordine e grado di operare scelte nella composizione delle classi che tradiscano l’articolo 3 della nostra Costituzione. Sarebbe un bel modo di celebrare i settant’anni della nostra Carta costituzionale. Come ultimo atto della sua presenza al Miur, la prego di compiere un gesto forte, evidente e tassativo contro una malapratica che è all’origine di odiose discriminazioni, che sappiamo quanto infettino la vita sociale. Come può bene intuire la convinzione e preoccupazione che mi dettano queste righe deriva dall’attuale clima culturale che attraversa il nostro paese, a cui va contrapposta una presa di posizione netta, limpidamente di sinistra, contro ogni discriminazione più o meno mascherata.
nel luglio scorso le scrissi una lettera aperta (pubblicata da “Repubblica”) a cui lei prontamente e gentilmente rispose il giorno dopo. La commissione guidata da Marco Rossi Doria ha prodotto un documento importante che affronta molti dei temi sollevati in quel nostro scambio di opinioni. Ma non basta ed è necessario fare di più. La prego, trovi il modo e le forme per stilare una circolare semplice, circostanziata e prescrittiva in cui si vieta ai dirigenti scolastici delle scuole di ogni ordine e grado di operare scelte nella composizione delle classi che tradiscano l’articolo 3 della nostra Costituzione. Sarebbe un bel modo di celebrare i settant’anni della nostra Carta costituzionale. Come ultimo atto della sua presenza al Miur, la prego di compiere un gesto forte, evidente e tassativo contro una malapratica che è all’origine di odiose discriminazioni, che sappiamo quanto infettino la vita sociale. Come può bene intuire la convinzione e preoccupazione che mi dettano queste righe deriva dall’attuale clima culturale che attraversa il nostro paese, a cui va contrapposta una presa di posizione netta, limpidamente di sinistra, contro ogni discriminazione più o meno mascherata.
Franco Lorenzoni
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