articoli e video di Jeffrey Sachs, Alessandro Robecchi, Raniero La Valle, Nicolai N. Petro, Ted Snider, Alessandro Marescotti, Pasquale Pugliese, Ennio Remondino, Paolo Desogus, Fabrizio Poggi, Domenico Gallo, Marco Carnelos, Giacomo Gabellini, Sahra Wagenknecht
Questa è la proposta di "decolonizzazione" adottata dalla Cia in vista del crollo della Federazione russa. Questa disgregazione veniva bizzarramente e insensatamente definita decolonizzazione, un termine destinato a edulcorare il progetto imperialista americano. (da qui )
I perché di questa inutile guerra e come se ne esce – Jeffrey Sachs
La guerra d’ucraina compie due anni. Due anni di massacri, morti, distruzioni e dissesti economici che avrebbero potuto essere facilmente evitati. La verità è venuta a galla: questa è una guerra causata da un cinico sforzo trentennale degli Stati Uniti per mantenere la Russia debole, anche attraverso l’espansione della Nato in Ucraina. L’Europa, purtroppo, è uno dei due grandi sconfitti della politica statunitense, il più grande dei quali è naturalmente l’ucraina.
Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero spinto per l’allargamento della Nato negli anni 90, contrariamente alla promessa fatta a Gorbaciov nel 1990: la Nato non si sarebbe mossa “di un pollice verso est”. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero allargato la Nato a 10 Paesi tra il 1999 e il 2004: Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia nel 1999; Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovenia e Slovacchia nel 2004. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se la Nato non avesse bombardato Belgrado per 78 giorni di fila nel 1999, facendo a pezzi la Serbia. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero abbandonato unilateralmente il Trattato sui missili anti-balistici e non avessero iniziato a schierare i missili Aegis vicino alla Russia.
Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non si fossero impegnati a espandere la Nato all’ucraina e alla Georgia nel 2008. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa non avessero sostenuto il violento colpo di Stato contro il presidente ucraino Viktor Yanukovich nel 2014. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa (e Francia, Germania e Ucraina) avessero rispettato l’accordo di Minsk II nel 2015-‘21 per dare autonomia al Donbass. Non ci sarebbe stata nessuna guerra se gli Usa avessero negoziato con Putin le proposte della Russia per un nuovo accordo di sicurezza tra Washington e Mosca nel dicembre 2021. E non ci sarebbe stata nessuna guerra oggi se gli Usa non avessero bloccato l’accordo tra Ucraina e Russia che stava per essere finalizzato ad Ankara, in Turchia, nel marzo 2022.
Mentre tengono questo atteggiamento anti-russia, gli Stati Uniti incolpano costantemente la Russia. Ma il punto è che mirano da oltre 30 anni a mantenerla debole e geopoliticamente sottomessa. E il motivo è questo: gli Usa mirano a essere e a rimanere l’egemone globale del mondo, cioè la potenza mondiale con un “dominio a tutto campo” in tutte le parti del mondo, compresa l’europa. Questa politica comporta il fatto che una Russia forte costituisce una minaccia per l’egemonia statunitense, anche se non è una minaccia reale per gli Stati Uniti e per l’europa. Ora gli Usa stanno perseguendo lo stesso approccio nei confronti della Cina, adottando misure commerciali, tecnologiche, militari e finanziarie anti-cinesi per cercare di indebolire Pechino, incolpandola al contempo per il deterioramento delle relazioni.
Il fatto è che il presidente Vladimir Putin non avrebbe permesso alla Nato di entrare in Ucraina, su un confine comune di 2.000 km, tantopiù in quanto gli Usa sono dediti a operazioni segrete di “regime change” e a una politica di indebolimento della Russia. Questa ferma opposizione all’allargamento della Nato è evidente almeno dal 2007 (se non da prima), quando Putin chiese la fine dell’allargamento in un discorso molto pubblicizzato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. E da allora fu sempre molto chiaro. Putin lanciò l’operazione militare speciale il 24 febbraio 2022 con l’obiettivo circoscritto di costringere l’ucraina a tornare al tavolo dei negoziati. E la mossa funzionò. Zelensky stava per accettare la neutralità. Ma gli Usa intervennero e dissero all’ucraina di abbandonare il tavolo dei negoziati. Gli Stati Uniti sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino pur di indebolire la Russia.
Tuttavia la guerra non sta indebolendo la Russia, che oggi è più forte di due anni fa, militarmente, geopoliticamente ed economicamente. L’europa è rimasta in silenzio, mentre gli Stati Uniti e gli alleati facevano saltare il gasdotto Nord Stream e lasciavano l’europa alle dipendenze del gas naturale liquefatto statunitense a costi molto elevati. Tutto molto triste. Ora la Germania, il presunto “motore” dell’eurozona, è bloccata in una recessione con una crisi economica a lungo termine sempre più profonda.
La maggior parte dei leader europei che favoriscono l’approccio statunitense sono molto impopolari presso i propri elettori. Il problema, ovviamente, è che non stanno perseguendo i veri interessi dell’europa. È ora che l’europa difenda i suoi interessi, che sono la pace, lo stop all’allargamento della Nato all’ucraina, un sistema di sicurezza basato non sulla Nato ma sull’osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) e il ripristino delle relazioni economiche con la Russia. L’ucraina potrebbe essere in pace – e in sicurezza – come Paese neutrale, con confini negoziati (per esempio, la Crimea rimarrebbe parte della Russia e sede della flotta navale russa del Mar Nero) e altre condizioni. Questa possibilità era sul tavolo già nel marzo 2022 e potrebbe essere realizzata anche ora al tavolo di un negoziato.
L’europa deve scegliere se seguire l’egemonia degli Usa nella guerra perpetua contro la Russia e la Cina, o se invece dotarsi di un sistema di sicurezza proprio che risponda ai suoi reali bisogni e interessi. In questo sistema, la Russia giocherebbe un ruolo costruttivo e l’ucraina sarebbe un Paese neutrale sostenuto dalla sicurezza collettiva in Europa.
Wolfgang Streeck (Max Planck Institute): “La guerra è persa, ma i nostri governi si rifiutano di ammetterlo”
Wolfgang Streeck, direttore emerito del Max Planck Institute for the Study of Societies di Colonia, intervenendo il 24 febbraio 2024 al simposio organizzato da New Statesman per l’anniversario dei due anni dall’inizio del conflitto ucraino, ha offerto questa riflessione che vi presentiamo.
Queste le sue parole:
La guerra è persa, ma i nostri governi si rifiutano di ammetterlo. Fingono invece che possa ancora essere vinta – anzi, che debba essere vinta per evitare che “Putin” marci verso la Finlandia, la Svezia, gli Stati baltici e infine Berlino. Due anni fa ci era stato promesso che al più tardi entro oggi la Russia sarebbe stata completamente sconfitta, economicamente, militarmente e politicamente. Ma le nostre sanzioni si sono ritorte contro, non c’erano abbastanza carri armati Leopard II e i satelliti di Elon Musk hanno perso di vista il mondo a terra. La Russia potrebbe non avere più alcun motivo per tornare ai negoziati di pace iniziati a Minsk o a Istanbul. Può invece guardare gli americani che tornano a casa, come fanno sempre quando le cose vanno male, e osservare la disintegrazione dell’Ucraina. È ora di chiedersi chi ha portato gli ucraini in questo pasticcio – chi ha detto all’estrema destra ucraina che la Crimea sarebbe stata di nuovo loro? Per evitare queste domande, la classe politica europea è disposta a lasciare che il massacro continui sulla linea del fronte ucraino congelato – cinque anni, dieci anni – nessun problema, saranno solo gli ucraini a combattere. Ma cosa succede se si rifiutano di stare al gioco e di morire per i “nostri valori”?
La guerra è persa. Lo spiega con straordinaria sintesi uno dei principali studiosi tedeschi, ma il messaggio è duro ad arrivare ad una classe politica, quella europea, che ha scelto di perseverare nel suicidio imposto dagli Stati Uniti. Fino alla fine.
Nessun commento:
Posta un commento