«Non penso e
non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima, sono bellissime le libere
donazioni non i prelievi imposti per legge». Ecco la rivoluzione di Giorgia
Meloni: i contribuenti non sarebbero più tenuti per legge (anzi, per
Costituzione) a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva, ma attraverso bellissime libere donazioni.
Il
dizionario infatti conferma che «un’imposta è un tributo ovvero un prelievo
coattivo di reddito effettuato dallo Stato per sostenere la spesa pubblica».
Giorgia Meloni ha detto basta a questa bruttissima pratica voluta dagli
intellettuali. La riforma del Governo, di conseguenza, prevederebbe che
ciascuno donasse liberamente allo Stato quello che ritiene giusto.
Al mondo non
esistono sistemi tributari simili. Potrebbe essere definito un fisco anarchico:
ognuno dà ciò che vuole. Oppure un fisco filantropico, poiché non ci sarebbe un
obbligo di dare, ma ci si affiderebbe al buon cuore di chi dona. Potrebbe anche
essere definito come volontariato fiscale o fisco opzionale. Una specie di
nuovo hobby: se sono appassionato, verso nelle casse del fisco; se non mi
piace, evito di pagare.
Giorgia
Meloni non lo dice, ma in questo modo si attuerebbe la massima semplificazione.
Niente più imposte dirette o indirette, aliquote, scaglioni, deduzioni,
detrazioni, esenzioni, evasione fiscale ma soltanto erogazioni liberali allo
Stato. D’altra parte Giorgia Meloni non dice nemmeno che cosa accadrebbe se la
somma dei contributi volontari non fosse sufficiente a garantire le risorse per
le spese pubbliche. Qui forse si nasconde un subdolo cavillo. Ci potrebbe
essere il rischio di dover introdurre una tassa per pagare il servizio
richiesto. Certo non sarebbe una cosa bellissima, ma necessaria. Altrimenti,
non si riuscirebbe a completare il ponte sullo Stretto o si dovrebbe
interrompere a metà un’operazione chirurgica, tanto per fare un paio di esempi.
È probabile
però che Giorgia Meloni abbia pensato a una soluzione alternativa, poiché è
noto che la parola tasse la indispone. Pertanto si potrebbe fare in questo
modo: chi si presenta al pronto soccorso firma una cambiale, cioè contrae un
debito con lo Stato. E lo Stato per pagare il debito, chiede un prestito ai
cittadini, come già avviene con l’emissione di titoli di Stato. A questo punto
il gioco è fatto: il contribuente è contemporaneamente debitore e creditore
dello Stato. Basta compensare le cartelle fiscali e il conto si annulla.
Effettivamente bisogna ammettere che si tratta di una soluzione geniale. Una
riforma che tutti aspettavamo da 50 anni, cioè da quando è entrato in vigore
l’attuale sistema tributario fondato su imposte dirette e indirette (in
particolare, IRPEF e IVA).
Resta però
un problema. A livello europeo si è stabilito che l’IVA ordinaria non può
essere inferiore al 15%. Ma Giorgia Meloni troverà sicuramente il modo di
aggirare l’ostacolo posto dai burocrati europei. Per esempio dichiarando che
non ci sono beni a cui applicare l’IVA ordinaria. A tutti i prodotti si applica
l’IVA straordinaria allo 0%. Anche questa volta risuonano le parole profetiche
di Oscar Wilde: «Posso credere a tutto, purché sia sufficientemente
incredibile».
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