SE NON PARTE LA PROTESTA POPOLARE, L’EUROPA FINIRÀ
DISTRUTTA DALLA TERZA GUERRA MONDIALE – Belisario
Come
nella Prima Guerra Mondiale, l’Europa vuole il conflitto.
Ogni storia è storia contemporanea
Secondo il filosofo italiano Giovanni Gentile, l’interpretazione o la
reinterpretazione storica ha ben poco a che vedere con i fatti storici
interpretati o reinterpretati, e molto di più con gli interessi dell’epoca in
cui l’interpretazione o reinterpretazione viene effettuata.
Pertanto,“ogni storia è storia contemporanea”.
L’intera storia dello scorso secolo che ci viene propinata dagli storici e
dai media mainstream, e particolarmente la storia nella
versione dei vincitori della WW2 – Russia inclusa – è un mix di
verità, falsità e soprattutto di gigantesche omissioni, ed il risultato finale
è quello di una versione in gran parte falsa ed unilaterale.
Gli esempi delle falsità e delle omissioni sulla WW2 sono ormai molteplici
e noti, ma non sono entrati a far parte della conoscenza e coscienza
collettiva, perché erroneamente considerati come espressione della volontà di
rivalutare fascismo e nazismo, e pertanto rigettati con sdegno
socratico.
Per esempio, è ormai storicamente accertato e provato (1) che
Stalin – dopo Polonia, Finlandia e Paesi Baltici – stava per invadere l’Europa,
e che Hitler con l’invasione del giugno 1941 l’aveva solamente anticipato di
qualche mese, ma tale verità ormai inoppugnabile non viene riconosciuta, perché
erroneamente considerata come una inaccettabile rivalutazione del dittatore
tedesco. Ugualmente, si continua a tacere sull’embargo totale dichiarato da
USA, GB e Olanda nei confronti del Giappone, che avrebbe condannato
l’arcipelago asiatico a fame e sottosviluppo, non lasciandogli altra chance che
la guerra, ed ugualmente si tace sulle ripetute e ragionevoli proposte
negoziali del Giappone, tutte rifiutate dagli USA prima dell’attacco di Pearl
Harbour: nessuno ha infatti voglia di rivalutare le ragioni del militarismo
giapponese.
Si potrebbero fare moltissimi altri esempi, e sotto diversi profili –
dall’ordine di Hitler sulla ritirata a Dunkerque che risparmiò circa 300.000
soldati inglesi e francesi, ai massacri di centinaia di migliaia di
civili bruciati vivi nei bombardamenti di Amburgo, Dresda e
Tokyo – ma la morale è sempre la stessa: ogni storia è storia contemporanea, e
quindi ogni interpretazione o reinterpretazione della storia viene filtrata
secondo gli interessi dell’epoca contemporanea. I fantasmi di Hitler e
Mussolini vengono alimentati costantemente e qualunque revisione storica che
non ne elimini, ma ne riduca le responsabilità viene rifiutata, a qualunque
costo. Non solo: chiunque la sostenga viene anche accusato di neofascismo
o neonazismo.
I taboos che si frappongono ad una reinterpretazione della WW2 appaiono
ancora oggi insuperabili, e siamo quindi costretti – 80 anni dopo la fine della
WW2 – a convivere con un mare di falsità e omissioni.
Lo scoppio della WW1
La storia della WW1, nella versione dei vincitori, è similmente un
altro evidente mix di verità, falsità e soprattutto di gigantesche omissioni,
con il risultato finale di una versione in gran parte falsa e unilaterale. Con
una enorme differenza: la comprensione di tale mix non è ostacolata da
grandi taboos. Nessuno può essere facilmente accusato di secondi fini, per
esempio, nella riduzione delle responsabilità prevalentemente attribuite dalla
storiografia dei vincitori al Kaiser tedesco Guglielmo II.
Attraverso la storia della WW1, si giunge molto più agevolmente alle
medesima, identica conclusione, quella di una storia sempre sistematicamente
scritta dai vincitori, nel classico mix di verità, falsità e omissioni. Si
tratta pertanto di una riflessione storica preziosa, specialmente nelle
analogie tra lo scenario pre WW1 e quello attuale che stiamo vivendo.
La cronologia dei fatti che hanno portato alla WW1 è sostanzialmente nota,
ma come sempre alcuni fatti vengono arbitrariamente considerati decisivi, ed
altri, invece, altrettanto arbitrariamente come del tutto secondari.
Come noto, la scintilla iniziale fu l’attentato mortale all’ Arciduca
austriaco Francesco Ferdinando del 28 giugno 1914, da parte di un esponente di
un irredentismo serbo incoraggiato dagli storici successi delle unificazioni
tedesca e italiana. L’Impero Austro-Ungarico decise che la deriva del
nazionalismo etnico meritava di ricevere una lezione definitiva, e il 29 luglio
1914 dichiarò guerra al Regno di Serbia. La Russia il 30 luglio dichiarò la
mobilitazione generale in supporto della Serbia.
La mobilitazione generale da parte della Russia, nella logistica di
quell’epoca fu percepita come una grave minaccia dalla Germania, ma i Russi si
rifiutarono di smobilitare. Alla scadenza del brevissimo e frettoloso ultimatum
tedesco, il 1 agosto 1914, la Germania dichiarò guerra alla Russia. Ma nello
stesso giorno, il 1 agosto, la Francia ordinò la sua mobilitazione
generale!
Il 3 agosto 1914 la Germania dichiarò guerra anche alla Francia.
Il 4 agosto la GB dichiarò guerra alla Germania, per via del rifiuto di
ritirarsi dal Belgio inizialmente invaso dalla Germania.
E’ evidente a chiunque che il punto di svolta e degenerazione decisivo
della reazione a catena fu la mobilitazione, gratuitamente e
gravemente ostile, della Francia del 1 agosto 1914, contro una Germania già
formalmente in guerra contro la Russia. Mobilitazione che rese inevitabile la
dichiarazione di guerra alla Francia della Germania, presa tra due fronti, del
3 agosto 1914.
Quello che è ancora più grave è che la mobilitazione generale della Francia
fu il risultato di una decisione personale del Presidente Raymond Poincarè. Il
21 luglio 1914, in una visita ufficiale a San Pietroburgo frettolosamente
organizzata, Poincarè aveva promesso allo Zar Nicola II il supporto
incondizionato della Francia alla Russia contro Austria-Ungheria e Germania.
Non solo, Poincarè si era anche dichiarato convinto della possibilità di
vincere l’imminente guerra (2). Nove giorni dopo la visita di
Poincarè, lo Zar Nicola II ordinò la mobilitazione della Russia.
La conclusione è evidente: anche la Francia ha voluto la WW1, e quanto alla
GB, nessuno storico onesto ha il coraggio di sostenere che senza la violazione
della neutralità del Belgio da parte della Germania, la GB non sarebbe entrata
in guerra. Tutti riconoscono che la GB avrebbe comunque dichiarato
guerra alla Germania, con la quale era da tempo in aperta competizione per la
supremazia globale, industriale e commerciale.
La reazione a catena sommariamente sopra descritta può certamente sollevare
valutazioni diverse sui rispettivi gradi di
responsabilità nella deflagrazione della WW1 da parte di
Austria-Ungheria, Russia, Germania, Francia e GB. Ma quello che è certo è che
lo scenario, al tempo stesso, rende assolutamente improponibile la teoria della
responsabilità principale, se non esclusiva, di Austria-Ungheria e
Germania. Eppure tale teoria – o meglio, favola – è stata prima
affermata come un dogma e poi imposta dai vincitori della WW1 agli sconfitti,
in particolare attraverso il Trattato di Versailles contro la Germania.
La verità che emerge dalla genesi dello scoppio della WW1 è tutta un’altra:
la guerra è stata voluta dai Governi di tutti i Paesi europei che vi hanno
partecipato: Austria-Ungheria, Russia, Germania, Francia, GB e, nel 1915,
l’Italia. Non c’è alcuna maniera di girarci intorno. La questione centrale da
risolvere è perché i Governi di questi Paesi non hanno esitato nell’inviare a
morte certa milioni di giovani uomini, esistenzialmente “colpevoli” solo
di essere nati, o gettati-nel mondo, in Europa alla fine del
1800.
Il dibattito è tuttora in corso, ma solo tra gli storici del settore. I
teorici marxisti, per esempio, già in quel tempo affermavano che le guerre
decise dalla borghesia dominante altro non erano che un mezzo per espandere e
rafforzare il dominio sul proletariato: una prospettiva del tutto diversa da
quella dell’ “onore nazionale”.
Ed in effetti, le società europee, già nella cd Belle Epoque, erano
tutte afflitte da un enorme problema: la gestione del crescente scontento della
massa del proletariato operaio generato dalla recente rivoluzione industriale,
e del pericolosissimo contagio in corso sulla massa del proletariato contadino.
In Europa, purtroppo, vigeva ancora la teoria economica liberista di Adam Smith
(morto nel 1790, pre rivoluzione industriale), che trattava il proletariato
industriale e contadino come un qualunque, spendibile fattore
produttivo: in una crisi ciclica, si licenziano gli operai e si attende lo
spontaneo riequilibrio di domanda e offerta, ed il ritorno prima dell’ utilità
marginale e dopo del profitto. Semplice, vero? Ma un pochino difficile sotto il
profilo morale quando gli operai sono milioni…
Marxisti, socialisti e perfino ampi settori del cattolicesimo e
protestantesimo sociale già dalla fine del 1800 invocavano, in un modo o
nell’altro, l’intervento dello Stato, ma la teoria del Welfare State non
era ancora nata, ed effettivamente le classi dominanti europee, ed i Governi
che esprimevano via suffragio per censo, non avevano la più remota
idea di come impostare un nuovo modello di sviluppo, o di contratto
sociale.
L’interventismo statale nell’economia fu avviato solo dopo la WW1, alla
fine degli anni 20 e l’inizio degli anni 30, dal regime fascista di Mussolini,
seguito dal regime nazista di Adolf Hitler e dal New Deal degli USA di
Roosevelt, fino alla tardiva comparsa, nel 1936, dell’opera madre di John
Maynard Keynes “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e
della moneta”. Era ormai troppo tardi: nell’URSS si era nel
frattempo ormai affermata la dottrina comunista.
Nel 1914, i Governi europei scelsero la guerra semplicemente perché non
erano in grado di affrontare il crescente scontento delle masse proletarie
industriali e contadine. Strasburgo, Trento e Trieste, la neutralità del
Belgio, etc furono effettivamente pretesti – non senza qualche fondamento –
delle elites dominanti, per non parlare delle tensioni, sia etniche che
sociali, che affliggevano l’Impero Austro Ungarico e l’Impero Russo.
Inviare a morte certa qualche decina di milioni di disgraziati,
esistenzialmente “colpevoli” solo di essere nati in Europa alla fine del 1800,
sembrò la scelta migliore.
Eppure, per oltre un intero decennio dopo la WW1, prevalse la favola dell’integrale
responsabilità di Germania e Austria-Ungheria. In tale “ottica”, la visita
ufficiale del Presidente francese Raymond Poincarè a San Pietroburgo del 21
luglio 1914, durante la quale garantì allo Zar Nicola II il supporto
incondizionato della Francia alla Russia contro Austria – Ungheria e
Germania, manifestando, inoltre, la ferma
convinzione della vittoria nell’imminente guerra – nove giorni prima
della mobilitazione russa – è stata trattata dalla
storiografia favolistica dei vincitori della WW1 come, in sostanza, una
innocente scampagnata. E la decisione di mobilitare l’esercito francese
nello stesso giorno, il 1 agosto 1914, in cui la Germania aveva dichiarato
guerra alla Russia (per il rifiuto russo di smobilitare), sempre secondo la
favolistica dei vincitori della WW1 sarebbe stata “una decisione
essenzialmente difensiva”.
Siamo nel più pieno ridicolo, a livello avanspettacolo, ma alla fine non
c’è molto da ridere: infatti, nella presunta coscienza della
storiografia dominante – quella dei vincitori – il farabuttone
guerrafondaio Raymond Poincarè l’ha scampata alla grande: sono pochi gli
storici che lo annoverano tra i principali responsabili della WW1.
Lo scenario odierno
Le analogie dello scenario pre WW1 con quello odierno sono più che evidenti
sotto diversi profili, ma grazie alla penetrazione pervasiva dei mass
media mainstream, in Occidente siamo ormai nel regno della
propaganda più ignorante, becera e disonesta.
Come l’Europa pre WW1 era in crisi per via dell’incapacità del modello di
sviluppo liberista di gestire la massa del proletariato industriale e
contadino, così l’odierna UE non è in grado di gestire l’ assoluto e completo
fallimento del suo modello di sviluppo.
Dopo oltre 20 anni dall’adozione dell’Euro e dall’accessione dei Paesi
dell’ Est, secondo tutte le statistiche l’UE ha perso oltre il 30% della
crescita, del reddito e del potere d’acquisto rispetto agli USA, protagonisti
insieme a Cina ed alcuni Paesi asiatici della seconda rivoluzione industriale
di internet, telecom e nuovi media.
Non solo, è ormai evidente anche il deciso fallimento della politica di
integrazione dell’immigrazione di massa dal Terzo Mondo: in particolare in
Francia, Belgio, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Svezia è sotto gli occhi di
tutti l’estrema difficoltà d’integrare in modo stabile e produttivo i
discendenti di immigrati alla seconda, terza e perfino quarta generazione. In
tutta l’Europa occidentale, l’assistenzialismo a favore degli immigrati non
integrati ha ridotto esponenzialmente il welfare e l’assistenza sociale
delle popolazioni indigene, mentre gli standard di sicurezza
pubblica sono degenerati esponenzialmente (Svezia in testa).
Il radicale e massiccio interventismo politico ed economico del Governo
eletto-da-nessuno della Commissione UE a favore di alcune
aree (l’Est Europa) ed alcuni settori (l’economia green e, con
la guerra russo-ucraina, il settore militar-industriale), a colpi di centinaia
di miliardi di sussidi, agevolazioni e finanziamenti a pioggia,
indipendentemente dalle intenzioni ha condotto a risultati catastrofici, quali
appunto sintetizzati nella perdita netta di oltre il 30% della crescita, del
reddito e del potere d’acquisto rispetto agli USA.
Il progetto politico ed economico della Commissione UE, a partire
dall’alleanza con gli USA di Obama, era ed è, molto semplicemente, l’estensione
imperiale ad Est a scapito della Russia: il nuovo Drang nach Osten.
I giganteschi sussidi a pioggia all’ Est Europa sono innanzitutto un’arma
politica, una vetrina del benessere europeo sbattuta in faccia ai Russi. Ma il
progetto è fallito miseramente: nonostante i miliardi offerti, l’aut-aut
imposto dall’UE all’ Ucraina nel negoziato per l’accordo di associazione – o
con l’UE, o con la Russia – ha portato alla guerra civile ed al colpo di stato
del 2014, e successivamente alla guerra russo-ucraina.
Oggi dovrebbe essere chiaro a tutti che l’Ucraina ha perso la guerra, e che
l’unica via d’uscita è la pace, attraverso la definitiva attribuzione alla
Russia dei territori occupati – da sempre popolati al 75-80% da Russi – e la
garanzia della non adesione alla Nato dell’Ucraina. E’ una via d’uscita
relativamente facile, ed è infatti quella che prospetta la probabile Presidenza
Trump.
Dovremmo esserne tutti felici: tralaltro, la rinuncia al
gas russo ha portato alla recessione industriale di Germania e Italia.
Ma l’Europa – Commissione UE e Francia in primis – vuole la guerra!
Ed invece, di fronte alla prospettiva della vittoria di Donald Trump e
della pace nella guerra russo-ucraina, l’ Europa sta dimostrando di volere la
guerra. Si sentono ormai discorsi letteralmente deliranti, dalla guerrafondaia
cronica Albrecht VDL al Presidente francese Macron, secondo il quale “se
la Russia vincesse la guerra, in Europa non saremmo più tranquilli”.
Eppure, dopo la sconfitta della Francia nell’ignobile guerra contro
l’Algeria (1954-1962), reputata nemmeno una colonia, ma direttamente “territorio
francese” (!!!), l’Europa ed il Nord Africa sono rimasti
tranquillissimi per decenni. Idem dopo la fine della guerra civile jugoslava,
grazie alla separazione delle parti in conflitto attraverso frontiere definite
dall’appartenenza nazionale, soluzione peraltro comparativamente più facile nel
caso russo-ucraino.
Per non parlare dell’altrettanto ignobile guerra alla Libia, inizialmente
scatenata sempre dalla Francia.
Se siamo rimasti “tranquilli” dopo quelle guerre
ignobili, non si vede perché lo stesso non dovrebbe accadere dopo la pace
russo-ucraina. In base a quale logica si attribuisce a Putin la volontà
dell’Armageddon nucleare? Chiunque, Putin incluso, afferra che la Russia ne
uscirebbe distrutta, tanto quanto l’Europa e gli USA.
Ma non solo la Francia e la Commissione UE, anche GB, Germania e Italia,
più ovviamente Polonia e Baltici, si sono dichiarati fermamente intenzionati a
continuare ad armare e ad assistere l’Ucraina, firmando accordi e stanziando
miliardi di aiuti – in anticipo sulla probabile vittoria di Donald Trump nelle
elezioni presidenziali USA del prossimo novembre. Come dire, mettere il carro
davanti ai buoi…
La spiegazione è una sola: il modello di sviluppo (fallito) della
Commissione UE prevede necessariamente il Risiko regressivo dell’estensione
imperiale ad Est, a diretto scapito della Russia, e l’UE non ha la minima
intenzione di rinunciarci, anche se gli USA di Donald Trump si chiamassero
fuori.
Dopo l’Ucraina, già si sogna la Georgia e
l’Armenia……questo è il risultato dell’aver creato un vero e proprio mostro
giuridico, dotato di immensi poteri, quale il Governo-eletto-da-nessuno
e non sfiduciabile, e pertanto irresponsabile, della Commissione UE.
Come nel 1914 e nel 1939, l’Europa sta quindi andando dritta verso la Terza
Guerra Mondiale.
E’ esperienza comune, tra lettori e studiosi della storia dello scorso
secolo, domandarsi con meraviglia come mai i popoli europei
non si accorsero di starsi dirigendo verso le catastrofi epocali della WW1 e
della WW2.
Ieri come oggi, la risposta è una sola: perché i popoli europei hanno
continuato a credere, votare e sostenere le lobbies criminali
ed i Governi che le hanno volute, ai quali oggi si aggiunge il mostro del Governo-eletto-da-nessuno
della Commissione UE.
C’è solo una strada per evitare la Terza Guerra Mondiale: quella della
protesta generalizzata dei popoli europei contro la guerra, senza
distinzioni tra destra e sinistra tradizionali. E purtroppo, non se ne vede
ancora traccia.. .
Di Belisario per ComeDonChisciotte.org
16.03.2024
NOTE
(1) Vedasi le opere dello storico russo, ex Kgb, Viktor Suvorov, “Icebreaker:
Who started the Second World War?” del 1988 e “The Chief
Culprit: Stalin’s Grand Design to Start WW2” del 2008. Per una sintesi
dei contenuti, vedasi Icebreaker (non-fiction book) – Wikipedia. Per inciso,
nelle deposizioni nel processo di Norimberga, diversi generali nazisti
dichiararono che lo schieramento strategico delle armate sovietiche nel giugno
1941 era disposto in modalità evidentemente pre invasione dell’ Europa,
assolutamente incompatibile con una ottica meramente
difensiva.
(2) Raymond
Poincaré – Wikipedia
QUEL TERRIBILE E TEMIBILE AMORE PER LA GUERRA - Saura Plesio
Strana gente sul
fronte occidentale. Hanno cresciuto i figli del dopoguerra (i cosiddetti baby
boomers) e poi i loro figli, i loro nipoti e magari pronipoti con il dogma
secondo cui la guerra – ohibò! – è la Madre di tutte le calamità terrestri. A
scuola ci hanno fatto leggere e imparare poesie e canzoni contro la guerra. A
questo proposito mi piace citare quella arcinota di Bertold Brecht:
La guerra che verrà non è la prima.
Prima ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame.
Fra i vincitori faceva
la fame la povera gente
egualmente.
Non che dicesse bugie, il signor BB, dato che è vero che le guerre scoppiano, si espandono a macchia d’olio, ma poi quando i popoli vanno in miseria, avanzano le carestie con città ridotte in macerie, senza più un tetto sopra la testa, con topi di chiavica che scorrazzano da tutte le parti, afflitti da malattie ed epidemie, laceri e senza più nulla nelle mense, con fiumane di profughi infestati di pidocchi, ci si dimentica del perché i conflitti siano scoppiati. Questo non lo vogliono mai tenere a mente i guerrafondai da salotto, quelli che credono di poter fare delle guerre, quello che si fa col telecomando di un televisore: cambiare canale di fronte a paesaggi desolati come quello testé descritto. Ma ora? Improvvisamente la guerra è diventata un’opzione da non escludere. Specie se nucleare. In particolare, se c’è di mezzo il nuovo uomo coi baffetti (un Putin con tanto di reductio ad hitlerum ad uso copertina di magazine americani come il TIME), uomo da far fuori ad ogni costo con una cordata di alleanze internazionali, su modello tutti contro uno. A cosa si deve questo mutamento di rotta dall’irenismo al bellicismo più grottesco e velleitario?
In realtà di violazioni dell’art. 11 della costituzione, ce ne sono già state con le guerre per procura e le guerre per l'”esportazione per la democrazia” (Iraq, Afghanistan, Libia), tutte sotto bandiera Nato. Altrimenti chiamate “missioni di polizia internazionale” contro il Terrorismo. Ma tutto era relegato e circoscritto a “fronti lontani”. E a nessun governante saltava il ticchio come Macron attorniato dal suo esercito di ziette dedite a la vie en rose, di parlare di attacchi terrestri. Un amore per la morte che il toy-boy dell’Eliseo ha appena mostrato mettendo l’aborto in costituzione. O di Ursula von der Leyen passata con disinvoltura da baronessa vestale delle iniezioni Pfizer, a protettrice di missili, bombe e armamenti vari. Adesso all’allegra brigata, si è aggiunto anche il polacco Donald Tusk. Non pago dell’insensatezza del vecchio “Morire per Danzica”, aizza i polacchi a “morire per Kiev” per il tramite di affermazioni assai gravi come queste:
“I tempi della calma beata sono finiti. L’epoca del dopoguerra è passata.
Viviamo in tempi nuovi, in un’epoca prebellica. In effetti, per alcuni dei
nostri fratelli non siamo nemmeno più nel periodo prebellico. È una guerra su
vasta scala nella sua forma più crudele”, ha aggiunto. “Non è colpa nostra se
il nostro vocabolario quotidiano include ancora una volta parole come
combattimenti,bombardamenti,attacchi missilistici, genocidio”. (fonte: AGI)
Per non dire del cancelliere tedesco Olaf Scholz e dell’invio indiretto (passando per la GB) di missili Taurus, al governo di Kiev. Ho già aspramente criticato anche Giorgia Meloni e i suoi bamboleggiamenti pro Zelensky, rimasta come un coniglio ammutolito di fronte alla sua scellerata proposta di stilare liste di proscrizione di cittadini italiani pro Putin. Ma ora torno a insistere: non fate più scherzi da preti! Nessun italiano vuole morire per Kiev – mettetevelo in testa. E già che siamo in tema, non vuole morire nemmeno sotto attacco Houthi solo perché la Meloni si è sbilanciata con un carnefice macellaio come Netanyhau, ragione questa, che ci sottopone a notevoli ritorsioni.
Che vada a imparare l’arte della Diplomazia dal fantasma di Andreotti, così
bravo a tenere i piedi in parecchie scarpe: col mondo occidentale e col mondo
arabo, con la Nato ma anche con chi ci riforniva di petrolio. Non mi piace
affatto quel suo atteggiamento di suffragetta bombarola con elmetto. Non
so cosa le abbiano promesso all’Aspen o al CFR et
similia, ma è certo che se la sua politica estera (quella che
in Italia, paese colonia, non abbiamo mai avuto) si limita ed essere quella del
giunco che si piega di continuo ai loro voleri, beh, la sua fortuna farà in
fretta a scemare e la sua carriera a venire sbalzata via. Per il momento c’è
l’assegnazione del premio Atlantic Council 2024, importante
think tank – lo stesso premio già assegnato a Draghi nel 2022, nel segno di una
perfetta continuità col suo predecessore. Per i cittadini italiani, non è
certamente un buon indizio.
In questi giorni c’è
grande polemica nei confronti del Papa e della sua intervista sulla tv
svizzera, colpevole per una volta tanto, di aver fatto il Papa. Il Vaticano
sarà corrotto e da tempo non è più un vero riferimento per i cattolici, ma non
si può dire che non abbia i suoi canali d’informazione con notizie
fresche sul fatto che “la martoriata Ucraina” sta combattendo una guerra che è
già persa in partenza.
Pertanto, continuare
il conflitto, non può che far aumentare nuove vittime, nuovi civili. Inoltre
l’accenno alla “bandiera bianca”, che tanto ha fatto scalpore, non è in sé segno
di resa, ma di richiesta di una trattativa.
La utilizzavano anche gli indiani quando volevano trattare coi soldati
yankee e viceversa. Perché allora non cercare di immettere energie nel
negoziare allo scopo di raggiungere un accordo invece di evocare l’Apocalisse?
Ma questo non lo afferma solo Bergoglio; lo dice pure Lucio
Caracciolo della rivista di geopolitica Limes, uomo
di provata fede atlantista. Ecco le parole proibite che non si pronunciano più
nel nuovo lessico bellicista attuale che tanto piace alle cancellerie
europee: negoziato, trattativa, compromesso.
“L’avvicinarsi della possibilità di una guerra mondiale atomica” scrive lo psicologo Claudio Risé “è una prospettiva talmente folle ed empia (distrugge la creazione) che diventa del tutto irrilevante chi ha ragione e chi ha torto”. “Ognuno dei belligeranti in qualsiasi situazione sia, è colpevole in quanto più o meno dominato dal fascino mortifero della guerra” (…)
Per scendere nel pratico, dato che i soldati ucraini ormai scarseggiano, si
danno alla macchia e non vogliono più saperne di combattere, non vorrei che in
questa Neuropa in preda ad un cortocircuito permanente, coi suoi guerrafondai
da salotto chic, passasse l’idea di inviare truppe di nostri soldati. Si
ricorda che all’Ucraina abbiamo versato fior di quattrini, inviato
armi, mentre gli ucraini vengono ospitati in veste di profughi che
scappano da un conflitto, quindi con uno status di privilegiati, rispetto ad
altri.
Pertanto, nessun soldato italiano osi mettere lo stivale sul suolo fangoso ucraino. Ma soprattutto, dopo oltre due anni di conflitto dal quale non se ne viene a capo, è diventato tassativo farla finita. E questa non è solo un’idea del Papa, ma è il comun sentire d’ogni italiano di buona volontà. La Nato non è più da tempo un sistema di alleanze, addetto alla nostra sicurezza e protezione, ma persegue finalità aggressive ed espansioniste, confermandosi il braccio industrial-militare e finanziario della globalizzazione a guida anglo-americana.
(Fonte: https://sauraplesio.blogspot.com/2024/03/quel-terribile-e-temibile-amore-per-la.html)
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