Il Viminale voleva mandare la
Sea-Watch 5 a Ravenna. Solo dopo un tira e molla assegnato Pozzallo. A bordo,
sul ponte, il 17enne spirato due ore dopo la prima richiesta di evacuazione
medica
Sul ponte della Sea-Watch 5, all’aperto, c’è il corpo di un 17enne
chiuso in una body bag, il sacco per i cadaveri. Gli involucri di plastica sono
due, in mezzo hanno il ghiaccio. Ogni quattro ore, a turno, l’equipaggio della
nave umanitaria lo cambia. Prova a conservare in questo modo un minimo di
dignità almeno per la salma, visto che il ragazzo da vivo se l’è vista negata.
ERA FUGGITO dalle coste
libiche di Sabratha con altre 55 persone, nella notte tra martedì e mercoledì,
su un barcone di legno azzurro a due piani. Lui è finito in quello di sotto
dove probabilmente si è intossicato con i fumi del motore. La Sea-Watch 5 lo ha
trovato tra dieci e dodici ore dopo la partenza, stava già molto male.
Secondo la ricostruzione della Ong, dal ponte di comando la prima
richiesta di evacuazione diretta al centro internazionale radio medico parte
alle 14 italiane. Stanno male in quattro (poi si aggiungerà una quinta
persona). In quel momento la nave si trova nella zona di ricerca e soccorso
(Sar) libica, ovvero l’area su cui Tripoli, se fosse un porto sicuro e
disponesse di un vero centro di coordinamento del soccorso marittimo, avrebbe
il dovere di salvare vite. Lì le autorità italiane non intervengono più.
Per questo nei casi di emergenza le navi Ong devono virare verso
nord, portare i motori al massimo e incrociare le dita. Spesso va bene,
stavolta no. «La morte è stata dichiarata due ore e cinque minuti dopo la prima
richiesta di evacuazione, alle 16.05», dice Luca Marelli, di Sea-Watch.
NEL FRATTEMPO le autorità
italiane, maltesi, tunisine e tedesche (Stato di bandiera della nave) si sono
rimpallate il caso. «È avvenuto in area di responsabilità Sar libica, a circa
30 miglia dalle coste libiche, a 25 miglia dalle coste tunisine e a 120 miglia
dalle coste di Lampedusa», ha scritto la guardia costiera italiana in un
comunicato. Secondo Roma la nave doveva andare a Tunisi. «Anche il centro di
coordinamento dei soccorsi in mare dello Stato di bandiera dava indicazioni di
dirigere verso la Tunisia, Stato costiero più vicino e quindi in grado di
intervenire più rapidamente», si legge ancora.
Dalla Sea-Watch, però, raccontano un’altra storia: le prime
telefonate alle autorità del paese nordafricano sono state inutili. Dall’altro
capo del telefono l’ufficiale non parlava né inglese, né francese.
Successivamente ha declinato qualsiasi responsabilità perché il soccorso era
avvenuto nella Sar libica.
IERI LA PROCURA di
Ravenna aveva annunciato l’apertura di un fascicolo per omicidio. È lì che
sarebbe dovuto arrivare il corpo, tra lunedì e mercoledì. Nonostante il
maltempo previsto nell’Adriatico nei prossimi giorni, infatti, il Viminale
aveva assegnato un porto lontano oltre 1.500 chilometri. Tutto questo per 51
persone, visto che quattro naufraghi in cattive condizioni fisiche erano stati
trasbordati mercoledì sera dalle motovedette italiane nei pressi di Lampedusa.
Motovedette che però non hanno voluto il cadavere. «Ragioni logistiche
non dipendenti dal Corpo», hanno fatto trapelare anonimamente le autorità. Solo
al termine di un tira e molla, condito da un’aspra polemica politica, ieri sera
da Roma hanno accordato la possibilità di sbarcare la salma a Pozzallo. Più
tardi il via libera è arrivato anche per tutti gli altri naufraghi.
«È il punto più basso raggiunto dalla disumanità di Meloni e
Piantedosi. Chiediamo che riferiscano quanto prima in aula», afferma il
deputato e segretario di +Europa Riccardo Magi. Un’altra interrogazione è stata
presentata da Alleanza verdi sinistra affinché, dice il senatore Peppe De
Cristofaro, «i ministri di Interno e Infrastrutture chiariscano i motivi dei
ritardi nei soccorsi e di quelle scelte crudeli».
INTANTO ieri la Sea-Eye 4
ha salvato 84 persone denunciando che durante l’intervento la sedicente
«guardia costiera libica» ha puntato le armi contro i soccorritori. Le è stato
assegnato il porto di Ancona.
Meta che originariamente il Viminale aveva indicato alla Geo Barents
di Medici senza frontiere, che ha portato al sicuro 260 naufraghi in due
interventi. Poi da Roma è arrivata un’altra indicazione: non uno ma ben due
luoghi di sbarco, Livorno e Genova. Quasi fosse una crociera nel Tirreno.
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