Ma come stanno i nostri dirigenti politici? Voglio dire i governanti della nostra parte di mondo, quella che un tempo (e oggi di nuovo) si autodefinisce ed autocelebra come “mondo libero”, democratico (la democrazia ci perdoni) e liberale (e ci perdoni anche il liberalismo)?
Crescente preoccupazione destano le condizioni mentali delle nostre classi
dirigenti, soprattutto per quel che riguarda la gestione delle crisi
internazionali, in particolare la guerra russo-ucraina. E non mi riferisco alle
ormai non più occultabili costanti defaillances del POTUS,
nonché futuro candidato alle elezioni presidenziali Usa Joe Biden (notevole una
delle ultime, quando ha relazionato sull’incontro avuto qualche giorno prima
con… Mitterrand!) – se il problema fosse questo staremmo tranquilli. Penso
proprio alla lucida follia che presiede da due anni alla gestione della guerra
Russia-Nato. Una follia che dilaga soprattutto tra le classi dirigenti europee,
visto che per quanto riguarda gli Usa una sua sensatezza esiste, dal momento
che questa guerra “da remoto” degli Usa contro la Russia su suolo ucraino in
definitiva – e lo ha capito dal primo momento chi non aveva gli occhi ricoperti
da spesse fette di salame di Felino – va a tutto vantaggio (1) del suo apparato
militar-industriale1 e (2) del suo
progetto geostrategico consistente oggi nel frenare l’avanzata di un mondo
multipolare e più in particolare (3) nell’“abbassare la cresta alla Germania”
(ricordiamo l’adagio che riassume la strategia statunitense dal secondo
dopoguerra nell’area euroasiatca: « Keep the Russians out,
the Amercans in, the Germans down »).2 Nel caso degli
europei siamo invece in presenza di una follia autodistruttiva, nel senso che
non solo siamo coinvolti direttamente per ragioni geografiche, ma soprattutto
ci stiamo letteralmente autodistruggendo economicamente. Il sabotaggio del Nord
Stream 2 nell’estate del 2022 è stata la rappresentazione plastica di questa
situazione.3
Ecco, tale processo di impazzimento si arricchisce ora di un ulteriore
passaggio, dovuto questa volta a quello da cui ce lo si aspetterebbe di meno,
il presidente francese Macron (essendo la Francia sul piano geopolitico in
Europa l’unica potenza a esprimere storicamente un po’ autonomia da
Washington). È stato infatti il portaborsetta di Brigitte (copyright Dagospia)
a dichiarare, alla conferenza internazionale dei sostenitori dell’Ucraina
(Parigi, 26 febbraio), che l’Europa potrebbe in futuro partecipare direttamente
con proprie truppe alla guerra. Il punto di partenza dello s-ragionamento è che
«noi abbiamo la convinzione che la sconfitta della Russia sia indispensabile
alla sicurezza e stabilità dell’Europa». Perciò «faremo tutto quello che c’è da
fare affinché la Russia non possa vincere questa guerra (…). Per raggiungere
quest’obiettivo, tutto è possibile» e anche l’invio di truppe non può «essere
escluso». 4
Curioso che i primi a rispondere escludendo la prospettiva, in un primo
momento, sono stati proprio gli Stati Uniti (salvo qualche giorno dopo, come
vedremo, spararla grossa pure loro). Così hanno fatto un po’ tutti in Europa:
dalla Germania alla pur bellicosa Polonia, fino allo stesso segretario generale
Nato Stoltenberg («Non ci sono piani per truppe da combattimento della Nato sul
terreno in Ucraina»).5 E da ultima è
arrivata anche l’Italia, che con Tajani ha escluso del tutto questa
possibilità. La Russia dal canto suo si è limitata, lapalissianamente e
freddamente, a rilevare che lo scontro diretto sarebbe in questo caso
«inevitabile», aggiungendo poi che in verità truppe occidentali sul campo ce ne
sono da tempo (britannici e francesi in particolare), come del resto ha ammesso
in un forse non involontario lapsus il cancelliere tedesco
Olaf Scholz.6
Quella di Macron, in ogni caso, e al di là di motivazioni specifiche che
andrebbero indagate,7 si inserisce in
quella serie crescente di segnali paurosi che provengono dalle nostre cancellerie
e che non fanno sperare niente di buono. Su questo stesso sito avevamo dato
notizia (abbastanza in solitudine), poco più di un mese fa, della conferenza
stampa congiunta dei capi militari Nato che, presentando la nuova esercitazione
“Steadfast Defender 2024” (90.0000 uomini mobilitati fino a fine maggio),
invitavano l’Europa a preparasi a un conflitto aperto con la Russia.8
Pochi giorni dopo, ecco le dichiarazioni del segretario Nato Jens
Stoltenberg: attendiamoci – ha detto in un’intervista alla “Welt am Sonntag” –
«decenni» di guerra contro la Russia. Decenni, non anni! «La Nato
non vuole la guerra con la Russia, ma dobbiamo preparaci a un confronto che
potrebbe durare decenni». Rilanciando poi la solita baggianata di una Russia
intenzionata, in caso di successo in Ucraina, ad espandersi ulteriormente verso
Occidente, ha aggiunto: «Dobbiamo ricostruire ed espandere la nostra base
industriale più velocemente, in modo da poter aumentare le forniture
all’Ucraina e rifornire le nostre scorte. Questo significa passare da una
produzione lenta in tempi di pace a una produzione veloce, come è necessario in
tempi di conflitto». 9
Insomma, la Nato continua a farci sapere che la guerra dell’Occidente
contro la Russia non terminerà, anzi è destinata a cronicizzarsi per gli anni a
venire (sempre che, per qualche “errore di calcolo” non debordi in conflitto
nucleare, e allora… buona notte). Scordatevi, dunque, le trattative e la
diplomazia, che anzi proporrei di superare proprio, sostituendola magari con
qualche programma di Intelligenza Artificiale, visto che oggi va tanto di moda.
E ancora il 28 febbraio, all’assemblea plenaria del Parlamento europeo,
quella nobildonna tedesca che risponde al nome di Ursula von der Leyen, e che
per nostra sciagura presiede la Commissione europea, ha dichiarato, sulla
stessa linea, che la guerra alla Russia deve continuare, anche perché «vediamo
la potenza e i pericoli generati da una crescente e inquietante lega di Stati
autoritari. La Corea del Nord sta consegnando ordini su ordini di munizioni
alla Russia. E l’Iran fornisce droni d’attacco, e soprattutto la tecnologia che
li supporta, per infliggere danni indicibili alle città e ai cittadini
ucraini». In tale scenario «la minaccia di guerra potrebbe non essere imminente
ma non è impossibile». Insomma, «i rischi di una guerra non dovrebbero essere
esagerati, ma bisogna prepararsi. E tutto ciò inizia con l’urgente
necessità di ricostruire, rifornire e modernizzare le forze armate degli Stati
membri. L’Europa dovrebbe sforzarsi di sviluppare e produrre la prossima generazione
di capacità operative vincenti. E di garantire che disponga della quantità
sufficiente di materiale e della superiorità tecnologica di cui potremmo aver
bisogno in futuro. Il che significa potenziare la nostra capacità industriale
della difesa nei prossimi cinque anni».10
L’Unione europea, infatti, si sta impegnando in un progetto di riarmo,
presentato il 5 marzo a Bruxelles, che per ora ha un nome e un acronimo,
materie in cui alla Commissione sono maestri, ma non si sa quanta sostanza:
“European Defence Industry Programme”, EDIP. Dal momento che la difesa resta di
pertinenza dei governi nazionali, quello che la Commissione europea può fare è
promuovere un programma di acquisto coordinato (almeno il 40% degli
equipaggiamenti entro il 2030), fare in modo che gli acquisti riguardino in
misura crescente aziende di paesi Ue 8almeno il 50% entro il 2030), e mettere a
disposizione dal bilancio comune un fondo di… 1,5 miliardi di euro (e dire che
il ministro francese della Difesa aveva parlato della necessità di almeno 100
miliardi, per fare le cose seriamente…).11
Insomma, l’Europa, già azzoppata economicamente (per scientifica decisione
statunitense) da due anni di guerra, si appresta, almeno nella sua fantasia, a
dotarsi di un suo piccolo complesso militar-industriale, anche se c’è da
dubitare che possa andar molto al di là delle parole, mentre la cosa più
probabile è che tutto si riduca a un centro unico d’acquisto UE sul modello,
com’è stato detto dalla stessa ineffabile von der Leyen, dei vaccini anti-Covid
(per cui, come ha notato un disegnatore satirico, aspettiamoci i carri armati…
Astrazeneca).
Siamo insomma di fronte, almeno nelle intenzioni, a un… New War
Deal. Dal green al war nello spazio di un
mattino!
Chi invece il complesso militar-industriale ce l’ha davvero, e ce
l’ha grosso, per dirla con Trump, sono gli Stati Uniti. E così pochi giorni
dopo la sparata di Macron, è toccato a Lloyd Austin, segretario della Difesa,
evocare anche lui lo scontro diretto con la Russia, se la Ucraina dovesse
essere sconfitta («Se l’ucraina cadesse, penso davvero che la Nato potrebbe
affrontare la Russia»), in un discorso alla Camera che, però, è stata
soprattutto una chiara (e per noi molto istruttiva) perorazione a favore della
guerra a uso interno (i dannati repubblicani che stanno bloccando i
finanziamenti): «L’Ucraina è importante perché è importante innanzitutto per la
nostra sicurezza nazionale. È un investimento: mentre forniamo risorse
all’Ucraina, sostituiamo tali risorse con attrezzature più aggiornate presenti
nel nostro inventario. Tutto questo fluisce attraverso fabbriche in diversi
stati del paese. Ci sono miliardi di dollari investiti per espandere le nostre
linee di produzione e aumentare la nostra capacità».
L’Ucraina sta collassando, non solo militarmente, come normale e prevedibile,
e penso che prima o poi le nostre classi dirigenti lo dovranno ammettere;
quella americana (la più razionale, in definitiva, nel senso che perlomeno
persegue un interesse nazionale preciso) sembra la più vicina a farlo. Il
momento però non è ancora arrivato. Ora bisogna alzare la voce e vari polveroni
(vedi caso Navalny), almeno fino alla celebrazione delle elezioni europee e
soprattutto fino alle presidenziali americane (né i governanti europei né
quelli americani intendono andare alle elezioni in presenza di una conclamata
“sconfitta” della propria guerra santa antirussa). Poi per l’Ucraina si vedrà,
tanto più se andrà al governo Trump.
Quel che però si cerca di rendere irrimediabile, almeno da parte americana,
è la nuova guerra di civiltà che è stata proclamata due anni fa (ma che veniva
preparata da tempo) contro la Russia e tutte le altre “autocrazie” (parola in
codice per indicare quelli che ci stanno sui coglioni), nonché uno stato di
guerra permanente, vero e proprio ossigeno, oggi più che mai, per il sempre più
asfittico, indebitato e finanziarizzato capitalismo Usa. Per Washington si
tratta, in definitiva, di una prospettiva dotata di una sua razionalità,
nonostante l’immane pericolo in cui getta il mondo intero: è il buon vecchio
imperativo di tenere vivo, appunto, il complesso militar-industriale, con le
sue oltre ottantamila unità produttive. Per gli europei è forse meglio dire,
oggi… manicomio militar-industriale.
NOTE
1 Un recente dossier del “Wall
Street Journal” rileva i notevoli profitti che stanno facendo due settori:
quello militare-aerospaziale e quello dell’energia (cfr. Luca Incoronato, Russia
e Ucraina, la guerra fa ricchi gli Stati Uniti, “QuiFinanza”, 22 febbraio
2024, https://quifinanza.it/politica/geopolitica/guerra-russia-ucraina-guadagni-stati-uniti/795215/ ).
2 Si tratta di una battuta
pronunciata dal primo segretario generale della Nato (1954-57), il britannico
Hastings Lionel Ismay (1887-1965).
3 Questo sito se ne occupò a suo
tempo: cfr. Toni Muzzioli, Il nemico alla nostra testa,
“ideeinformazione”, 27 ottobre 2022, https://www.ideeinformazione.org/2022/10/27/il-nemico-alla-nostra-testa/
4 Cfr. Guerre en Ukraine:
Macron prévient que l’envoi des troupes occidentales ne peut «être exclu» à
l’avenir, “20 Minutes”, 27/02/024, https://www.20minutes.fr/monde/ukraine/4078412-20240227-guerre-ukraine-macron-previent-envoi-troupes-occidentales-peut-etre-exclu-avenir ; Duda,
truppe in Ucraina? Non c’è nessun accordo, “Ansa”, 27 febbraio 2024, https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2024/02/27/duda-truppe-in-ucraina-non-ce-nessun-accordo_15fc4761-5323-4c98-86c0-7ca10795d88c.html
5 Nato, ‘Non abbiamo piani di
inviare truppe in Ucraina’, “Ansa”, 27 febbraio 2024, https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/02/27/nato-non-abbiamo-piani-di-inviare-truppe-in-ucraina_99f1d1d1-53d0-47c0-9957-66fee1bb9003.html
6 Scholz ha infatti dichiarato di
essere contrario all’invio dei missili tedeschi Taurus in Ucraina, armi a lunga
gittata e che richiedono personale molto preparato (e dunque truppe tedesche al
seguito), perché la Germania non può fare «quel che fanno francesi e britannici»
(cioè essere largamente presenti nel teatro di guerra). Immaginate la gioia di
Parigi e Londra.
7 L’economista francese Jacques
Sapir ha fatto varie ipotesi per questa intemerata: volontà di farsi valere
all’interno del consesso europeo, tentativo di fare pressione su quella parte
di schieramento politico Usa restio al sostegno all’Ucraina, mera operazione
rumorosa ad uso interno in vista delle prossime elezioni europee (qui la
traduzione del commento di Sapir, pubblicata sul suo profilo X, a cura di
“Scenari economici”: https://scenarieconomici.it/perche-macron-parla-di-intervento-militare-linteressante-punto-di-vista-di-jacques-sapir/ ). In ogni caso
si tratta di un comportamento altamente irresponsabile e incendiario per
fortuna seccamente rifiutato dalla larga maggiornza del popolo francese (76%)
secondo un sondaggio (https://scenarieconomici.it/il-76-dei-francesi-contrario-allinvio-di-truppe-in-ucraina/ ).
8 Cfr. Toni Muzzioli, Mobilitazione
totale, “ideeinformazione”, 3 febbraio 2024, https://www.ideeinformazione.org/2024/02/03/mobilitazione-totale/ . La notizia è
stata tenuta molto sotto traccia da tutta la stampa dominante, ma anche poco
rilevata dai canali informativi critici. Fanno eccezione l’ottimo Stefano Orsi
sui sui canali web (YouTube e Telegram) e OttolinaTV.
9 Stoltenberg, la Nato si prepari
a un confronto dcennale con Mosca, “ANSA”, 10 febbraio 2024, https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/02/10/stoltenberg-la-nato-si-prepari-a-un-confronto-decennale-con-mosca_3aa05823-3536-40c3-9e54-a0e86ba0cd9a.html
10 Von der Leyen: “Guerra in
Europa non imminente, ma neanche impossibile”, “Adnkronos”,
28/0272024, https://www.adnkronos.com/internazionale/esteri/ucraina-guerra-europa-von-der-leyen_3VQwsEwtybkDgI6rAtKbHy
11 Alfonso Bianchi, In Europa
parte la corsa al riarmo: “Siamo in pericolo, dobbiamo agire insieme”,
“Europa today”, 5 marzo 2024, https://europa.today.it/unione-europea/riarmo-ue-politica-difesa-comune-pericolo-agire-insieme.html
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