Sporcarsi le scarpe di fango - Fiorenzo Caterini
Una cosa mi ha colpito in queste ultime elezioni regionali:
la totale sconfitta del centrosinistra nei paesi, nelle zone rurali, anche
in quelle realtà, come la Barbagia, o il Guspinese-Sulcis-Iglesiente,
tradizionalmente favorevoli alle forze progressiste.
Le zone resistenti, insomma, quelle "rosse", della tradizione
pastorale, industriale e mineraria, sono passate al centrodestra.
Un collasso clamoroso, forse ancora poco evidenziato nella sua entità, con
situazioni dove la Todde ha faticato a raggiungere il 30% per cento. Poi la
Todde ha vinto come si sa grazie soprattutto alle due principali aree urbane
della Regione.
Ho riflettuto, analizzato i dati e sentito un po' di persone, per cercare
di capire meglio questo fenomeno.
Intanto la prima spiegazione che mi è giunta, specie dagli osservatori
vicino alla Todde che ammettevano una maggiore forza dei candidati locali del
centrodestra e una loro maggiore abilità "clientelare", non mi ha
convinto del tutto. Perché il collasso del centrosinistra nei paesi è stato
abbastanza generale e perché in molte realtà, dove si è verificata questa
situazione, mancava il candidato locale del centrodestra. Neppure sommando le
altre due liste di Soru e della Chessa, che possiamo definire di sinistra, si è
riusciti a pareggiare il risultato del centrodestra, soprattutto a livello di
liste.
Possiamo sicuramente annoverare la "maggiore forza dei candidati
locali del centrodestra" come una concausa, ma non una causa principale.
La prima riflessione è di carattere globale. In Occidente i sovranisti, i
populisti conservatori, per non dire reazionari, i destrorsi, ormai sfondano
dappertutto nelle aree rurali, come ormai già da tempo sfondavano nei quartieri
popolari e tra gli operai. Lo abbiamo visto con le elezioni di Trump, ad
esempio, ma anche con la Brexit. Sì è completata così, negli ultimi anni, una
clamorosa inversione di tendenza. Questa tendenza generale ormai consolidata,
favorita dall'imperante disimpegno sociale e conseguente tramonto della
funzione culturale dei partiti, non ha risparmiato anche quelle aree
"resistenziali" della Sardegna, che sono anche loro capitolate alle
sirene emozionali della destra.
La seconda riflessione è che, forse, la vittoria della Todde ha messo in
secondo piano il fatto che la corrente, in questo momento, con la Meloni sulla
cresta dell'onda, è pienamente favorevole alla destra. Sappiamo che negli
ultimi anni gli italiani hanno premiato alcuni leader (Berlusconi, Renzi,
Salvini, Grillo) elevandoli a quote stratosferiche per poi, nel giro di pochi
anni, facendoli precipitare in basso. E in questo momento la Meloni è ancora
nel suo momento topico, con una grande forza trainante nel suo elettorato.
E fin qui, ci ritroviamo di fronte ad uno scenario contestuale, che
prescinde dalla situazione speciale.
Invece vorrei soffermarmi brevemente sulla terza riflessione che ho fatto,
che mi sembra la più pertinente a queste elezioni regionali sarde. Essa
riguarda una certo "urbanocentrismo" che sta montando sempre più nel
centrosinistra odierno, a tutti i livelli, e che va persino oltre quella
caratteristica, che ormai sta diventando proverbiale, cioè quella altezzosità
elitaria; e il tanto discusso post sul confronto curriculare altro non fa che
alimentare questa impressione. Ma oltre a questa altezzosità si sta
aggiungendo, secondo me, un imborghesimento (in senso proprio, cittadino) che
rende ancora più elitario il rapporto tra gruppo dirigente ed elettori. La
città di per sé è il luogo che, con la sua impronta, assorbe risorse dalle
campagna in un rapporto che storicamente non è ugualitario. Questo rapporto
diseguale tra campagne e città accentua l'impressione che si ha del distacco e
della disattenzione verso problematiche e istanze delle persone che vivono, e
resistono, nei paesi. Ho sentito alcuni sindaci di sinistra, ad esempio,
lamentarsi per la scarsa attenzione dedicata a loro, come se la somma di tanti
piccoli paesi poi non facesse la differenza, come ha rischiato di farla.
Anche una vittoria data per sicura, quando sicura non lo era ancora, accentua
l'idea che, in fin dei conti, vincere a Cagliari e a Sassari era bastante,
trascurando l'esito dei paesi. Invece no, non bastava per nulla.
Per cui, se nelle prossime elezioni il centrosinistra vorrà recuperare in
quelle aree, dovrà, forse, nuovamente sporcarsi le scarpe di fango.
I fratelli
Sorinas, le sorelle Campolargos e la zia Vittoria -
I fratelli
Sorinas (Soru e Solinas), animati da spirito di rivalsa, si aggiravano come
spettri sulle sorti delle elezioni in Sardegna.
La vendetta
di Soru non è riuscita, ma per pochissimo davvero: sarebbero bastati duemila
voti in più per lui ed il fantasmagorico 'campo largo' della Todde sarebbe già
in soffitta in una notte.
Quella di
Solinas, invece, ha funzionato: i sardisti-leghisti sono riusciti a far fallire
Truzzu, pur votando le loro liste (che hanno preso più voti di quelle della
Todde).
Si sa che
Solinas è uomo di peso (e che anche Salvini si sta ingrossando alquanto).
Si sapeva
che il miserando Truzzu non avrebbe trovato sostegno nella mia città, che è
stato capace di devastare per anni con cantieri infiniti, assedi di quartieri
interi, ingorghi automobilistici, occupazioni di suolo pubblico, ritardi ed
inadempienze mai visti prima.
Ma i leghisti-sardisti
hanno agito nell'ombra ed hanno vinto contro di lui e contro la Meloni, pur di
manifestare il loro potere interno alla coalizione di governo. Perdendo però le
elezioni.
Sì, perché
le elezioni le ha perse una destra suicida e non le hanno vinte i loro
avversari.
I proclami
notturni di Schlein e Todde, le sorelle Campolargos, sono patetici.
Dietro il
vestito niente.
La Todde è
stata eletta presidente con 330.000 voti su 1.450.000 potenziali elettori (di
cui è andato alle urne più o meno la metà).
E parlano di
democrazia maggioritaria, di potere delle maggioranze!
Ma quali?
La fiducia
sta a zero, l'astensione cresce di più punti all'anno, la disaffezione è
totale.
E non mi si
venga a dire che gli astensionisti sono degli irresponsabili e dei disfattisti,
che non vogliono fare politica.
Sono loro, i
politici, ad essersi appropriati della politica e ad averne espropriati i
cittadini.
Sono loro
che ne hanno fatto un loro feudo, al quale chiedono -ogni cinque anni- solo un
rito di conferma da parte di chi ancora li segue.
Ma chi se ne
frega se metà delle persone non vota...
L'importante
è essere eletti per 2000 voti in più e poterla chiamare Vittoria.
Ah sì,
dimenticavo...la zia Vittoria...
Ora si dice:
l'aria è cambiata, il vento è girato, si può fare.
Vincere,
anche se a culo, anche se per una volta, può dare subito alla testa.
Ma
ricordiamocelo: se viviamo una vita di destra, anche quando le elezioni non le
vince la destra, le vince la destra.
La Todde
anela a riforme della sanità, a visioni energetiche alternative, a lotte contro
la povertà organizzata, alle matite contro i manganelli. Una Cinquestelle della
prima ora, a sentirla.
Ricordiamoci
che fine ha fatto Di Maio.
La zia
Vittoria è tornata, ma -come al solito- aiuterà solo qualcuno a sperare (e votare)
ancora.
La nostra
vita resta -più o meno agevolmente e serenamente- sul lato destro della strada.
Sì, proprio
lì, dove gli umani non respirano ed avanzano le macchine.
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