venerdì 1 marzo 2024

Dopo le elezioni in Sardegna

Sporcarsi le scarpe di fango - Fiorenzo Caterini

Una cosa mi ha colpito in queste ultime elezioni regionali:

la totale sconfitta del centrosinistra nei paesi, nelle zone rurali, anche in quelle realtà, come la Barbagia, o il Guspinese-Sulcis-Iglesiente, tradizionalmente favorevoli alle forze progressiste.

Le zone resistenti, insomma, quelle "rosse", della tradizione pastorale, industriale e mineraria, sono passate al centrodestra.

Un collasso clamoroso, forse ancora poco evidenziato nella sua entità, con situazioni dove la Todde ha faticato a raggiungere il 30% per cento. Poi la Todde ha vinto come si sa grazie soprattutto alle due principali aree urbane della Regione.

Ho riflettuto, analizzato i dati e sentito un po' di persone, per cercare di capire meglio questo fenomeno.

Intanto la prima spiegazione che mi è giunta, specie dagli osservatori vicino alla Todde che ammettevano una maggiore forza dei candidati locali del centrodestra e una loro maggiore abilità "clientelare", non mi ha convinto del tutto. Perché il collasso del centrosinistra nei paesi è stato abbastanza generale e perché in molte realtà, dove si è verificata questa situazione, mancava il candidato locale del centrodestra. Neppure sommando le altre due liste di Soru e della Chessa, che possiamo definire di sinistra, si è riusciti a pareggiare il risultato del centrodestra, soprattutto a livello di liste.

Possiamo sicuramente annoverare la "maggiore forza dei candidati locali del centrodestra" come una concausa, ma non una causa principale.

La prima riflessione è di carattere globale. In Occidente i sovranisti, i populisti conservatori, per non dire reazionari, i destrorsi, ormai sfondano dappertutto nelle aree rurali, come ormai già da tempo sfondavano nei quartieri popolari e tra gli operai. Lo abbiamo visto con le elezioni di Trump, ad esempio, ma anche con la Brexit. Sì è completata così, negli ultimi anni, una clamorosa inversione di tendenza. Questa tendenza generale ormai consolidata, favorita dall'imperante disimpegno sociale e conseguente tramonto della funzione culturale dei partiti, non ha risparmiato anche quelle aree "resistenziali" della Sardegna, che sono anche loro capitolate alle sirene emozionali della destra.

La seconda riflessione è che, forse, la vittoria della Todde ha messo in secondo piano il fatto che la corrente, in questo momento, con la Meloni sulla cresta dell'onda, è pienamente favorevole alla destra. Sappiamo che negli ultimi anni gli italiani hanno premiato alcuni leader (Berlusconi, Renzi, Salvini, Grillo) elevandoli a quote stratosferiche per poi, nel giro di pochi anni, facendoli precipitare in basso. E in questo momento la Meloni è ancora nel suo momento topico, con una grande forza trainante nel suo elettorato.

E fin qui, ci ritroviamo di fronte ad uno scenario contestuale, che prescinde dalla situazione speciale.

Invece vorrei soffermarmi brevemente sulla terza riflessione che ho fatto, che mi sembra la più pertinente a queste elezioni regionali sarde. Essa riguarda una certo "urbanocentrismo" che sta montando sempre più nel centrosinistra odierno, a tutti i livelli, e che va persino oltre quella caratteristica, che ormai sta diventando proverbiale, cioè quella altezzosità elitaria; e il tanto discusso post sul confronto curriculare altro non fa che alimentare questa impressione. Ma oltre a questa altezzosità si sta aggiungendo, secondo me, un imborghesimento (in senso proprio, cittadino) che rende ancora più elitario il rapporto tra gruppo dirigente ed elettori. La città di per sé è il luogo che, con la sua impronta, assorbe risorse dalle campagna in un rapporto che storicamente non è ugualitario. Questo rapporto diseguale tra campagne e città accentua l'impressione che si ha del distacco e della disattenzione verso problematiche e istanze delle persone che vivono, e resistono, nei paesi. Ho sentito alcuni sindaci di sinistra, ad esempio, lamentarsi per la scarsa attenzione dedicata a loro, come se la somma di tanti piccoli paesi poi non facesse la differenza, come ha rischiato di farla.

Anche una vittoria data per sicura, quando sicura non lo era ancora, accentua l'idea che, in fin dei conti, vincere a Cagliari e a Sassari era bastante, trascurando l'esito dei paesi. Invece no, non bastava per nulla.

Per cui, se nelle prossime elezioni il centrosinistra vorrà recuperare in quelle aree, dovrà, forse, nuovamente sporcarsi le scarpe di fango.

da qui



I fratelli Sorinas, le sorelle Campolargos e la zia VittoriaEnrico Euli 

I fratelli Sorinas (Soru e Solinas), animati da spirito di rivalsa, si aggiravano come spettri sulle sorti delle elezioni in Sardegna.

La vendetta di Soru non è riuscita, ma per pochissimo davvero: sarebbero bastati duemila voti in più per lui ed il fantasmagorico 'campo largo' della Todde sarebbe già in soffitta in una notte.

Quella di Solinas, invece, ha funzionato: i sardisti-leghisti sono riusciti a far fallire Truzzu, pur votando le loro liste (che hanno preso più voti di quelle della Todde).

Si sa che Solinas è uomo di peso (e che anche Salvini si sta ingrossando alquanto).

Si sapeva che il miserando Truzzu non avrebbe trovato sostegno nella mia città, che è stato capace di devastare per anni con cantieri infiniti, assedi di quartieri interi, ingorghi automobilistici, occupazioni di suolo pubblico, ritardi ed inadempienze mai visti prima.

Ma i leghisti-sardisti hanno agito nell'ombra ed hanno vinto contro di lui e contro la Meloni, pur di manifestare il loro potere interno alla coalizione di governo. Perdendo però le elezioni.

 

Sì, perché le elezioni le ha perse una destra suicida e non le hanno vinte i loro avversari.

I proclami notturni di Schlein e Todde, le sorelle Campolargos, sono patetici.

Dietro il vestito niente.

La Todde è stata eletta presidente con 330.000 voti su 1.450.000 potenziali elettori (di cui è andato alle urne più o meno la metà).

E parlano di democrazia maggioritaria, di potere delle maggioranze!

Ma quali?

La fiducia sta a zero, l'astensione cresce di più punti all'anno, la disaffezione è totale.

E non mi si venga a dire che gli astensionisti sono degli irresponsabili e dei disfattisti, che non vogliono fare politica.

Sono loro, i politici, ad essersi appropriati della politica e ad averne espropriati i cittadini.

Sono loro che ne hanno fatto un loro feudo, al quale chiedono -ogni cinque anni- solo un rito di conferma da parte di chi ancora li segue.

Ma chi se ne frega se metà delle persone non vota...

L'importante è essere eletti per 2000 voti in più e poterla chiamare Vittoria.

 

Ah sì, dimenticavo...la zia Vittoria...

Ora si dice: l'aria è cambiata, il vento è girato, si può fare.

Vincere, anche se a culo, anche se per una volta, può dare subito alla testa.

Ma ricordiamocelo: se viviamo una vita di destra, anche quando le elezioni non le vince la destra, le vince la destra.

La Todde anela a riforme della sanità, a visioni energetiche alternative, a lotte contro la povertà organizzata, alle matite contro i manganelli. Una Cinquestelle della prima ora, a sentirla.

Ricordiamoci che fine ha fatto Di Maio.

La zia Vittoria è tornata, ma -come al solito- aiuterà solo qualcuno a sperare (e votare) ancora.

La nostra vita resta -più o meno agevolmente e serenamente- sul lato destro della strada.

Sì, proprio lì, dove gli umani non respirano ed avanzano le macchine.

da qui

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