mercoledì 2 maggio 2018

BULLI E PUPI (il raddoppiamento allarmistico del problema del bullismo e la sua possibile cura) - Gian Luigi Deiana




quando si danno i numeri e le prove visive di una nuova emergenza sociale è buona regola fermarsi a riflettere un poco, prima di dare fiato all’isteria indotta dalle fibrillazioni comunicative di massa; dunque, posto che quando ero giovane ho avuto sempre in odio il nonnismo nelle caserme, le cingomme nelle gettoniere delle cabine telefoniche ed anche l’uso delle bombolette spray sui finestrini dei treni, oggi ho messo a tacere per qualche minuto il mio odio e ho provato a rifletterci un po’, mentre mi scorreva davanti la triste immagine di un professore sopraffatto dalla paura in una scuola di lucca, nella quale andava in scena la stomachevole esibizione di forza e di disprezzo di un gruppo di alunni in azione contro di lui;
poiché l’allarme in genere complica il problema, in primo luogo dobbiamo aver chiaro se ci troviamo di fronte a una inedita situazione di emergenza oppure se si tratta di un fenomeno fisiologico, per quanto aberrante, amplificato soltanto dal gioco moltiplicativo dei cellulari, di facebook, e delle notizie di agenzia; ci si dovrebbe anche chiedere, sommessamente, chi di noi non è mai stato bullo una volta nella vita; aperta questa domanda, la rammemorazione di cosacce fatte sui sedili degli autobus o degli scherzetti malvagi alle supplenti dai tempi della nostra gioventù può cominciare a riempirsi di antiche sconcezze;
tuttavia, se non in termini quantitativi, una differenza in questi comportamenti para-criminali oggi probabilmente c’è, e consiste nel praticarli sempre più a viso aperto, in branco e con totale senso di impunità, tanto da ricercarli come momento massimamente significante della propria giornata e come chiave pubblica della stima di sé: in sintesi, un vero schifo o meglio un vero harakiri della condotta, in quanto il massimo della viltà viene vissuto dai protagonisti come il massimo del coraggio;
in questa fenomenologia vi è insieme qualcosa di innato, poi qualcosa di ricorrente, e infine qualcosa di inedito; è innata la pulsione aggressiva, è ricorrente la sfida iniziatica ma è inedito il contesto relazionale; dunque bisogna riflettere sul fattore nuovo rispetto al passato, cioè il contesto relazionale;
il bullo non è tale tra sé e sé, esso piuttosto si trasfigura in bullo nella sua sua immagine pubblica: quindi il bullismo presenta a suo modo un bisogno di socialità e paradossalmente questo è un bene; ciò significa che non è il soggetto bullesco ad essere primariamente malato, ma è il suo ambiente di vita ad essere asfittico, gramo ed anaffettivo senza rimedio; il bullo non è altro che un pupo lasciato solo e allo sbando nella sua interminabile emancipazione dalla pupaggine; il bullo è il travestimento compensativo della gabbia pupesca;
questo spiega il carattere dissociato della personalità, una personalità generalmente ancora pupa per mamma e papà e violenta e tracotante per professori e autisti di bus; e allora che fare?
io credo che sia necessario tenere come bussola il recupero della soggettività residua: rendere possibile al pupo-bullo la chance della riflessione o almeno la prova di azioni scevre da miti di competizione, cosa che nel loro genere facevano una volta le frequentazioni dei nonni, i lavoretti alla stalla di casa, i riti di iniziazione e cose come i boy scout: tutte cose che oggi non esistono più e che se esistono sono annichilite per l’invasione di ogni spazio psichico da parte della comunicazione via smart;
procedere a questo, il recupero della soggettività residua in un adolescente deprivato di una misura di sé, esige la presenza di genitori capaci di dare pazientemente un senso alle cose, la presenza di professori capaci di dedizione e di ironia e la presenza di presidi della scuola che non siano dirigenti di una stanza burocratica con lo stipendio più alto e la foto imbandierata del presidente della repubblica, ma titolati al compito da un voto dei professori stessi;
insomma voglio dire che tutta questa pappa della burocratizzazione della scuola e della cosiddetta meritocrazia ha esasperato le deficienze del sistema scolastico, in specie a fronte delle situazioni di collassamento della soggettività adolescenziale: il sistema merita quindi certamente dei calci in culo, ma è un vero peccato che i calci in culo li prenda un povero docente afflitto anche da pavidità piuttosto che una cupola ministeriale tronfia ed idiota.

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