I
contraccolpi di una società mercantile, tutta orientata alla ricchezza e
all’individualismo, si fanno sentire su tutti i piani. Non solo quello delle
disuguaglianze, che ormai hanno raggiunto livelli scandalosi, ma anche quello
ambientale ed esistenziale, forse l’aspetto meno dibattuto. Eletto il denaro a unico elemento di
relazione e trasformata la persona a solo valore monetario, costo da comprimere
quando veste i panni del lavoratore e reddito da espandere quando varca la
soglia del supermercato, è stato prodotto il monstrum economicus,
un essere metà merce, metà acquirente, di cui qualche anno fa una dodicenne di
Varese mandò in scena una rappresentazione agghiacciante. Messo a tacere ogni
senso del pudore e della dignità, la ragazzina si scattava dei selfie
audaci da rivendere ai compagni che le fornivano il denaro necessario per
arricchire la propria collezione di cosmetici e vestiti. Manifestazione plastica di una concezione di vita in cui contano
solo lusso, eleganza, successo. In una parola l’esteriorità che è
sì capace di generare ammirazione e invidia, ma che non riesce a produrre
felicità a giudicare dall’esplodere di fenomeni come il bullismo o il ricorso a
sostanze stupefacenti da parte di molti giovani. Tentativi per rintuzzare la
sofferenza dovuta alla mancanza di autostima, carenze affettive, insufficiente
riconoscimento sociale, ma destinati a non avere successo perché al pari di
tutti i sintomatici lasciano inalterate le cause del malessere.
La distruzione delle relazioni per avanzamento dei
rapporti mercantili è una minaccia che qualcuno ha deciso di combattere
riempendo di nuovi contenuti i meccanismi stessi che hanno contribuito al
deragliamento della società. Ed ecco l’emergere dell’economia solidale: esperienze di produzione,
acquisto e credito gestite vissute non con lo spirito della concorrenza, della
sopraffazione, del profitto, ma della cooperazione, del rispetto, della ricerca
del bene di tutti. A fare da apripista
è stato molti anni fa il commercio equo e solidale nato con l’obiettivo
di garantire condizioni dignitose ai piccoli produttori del Sud del mondo.
E qualche tempo dopo nacquero i gruppi di
acquisto solidale, famiglie che si mettono insieme per comprare prodotti
biologici e a km zero direttamente dai produttori locali, non
solo con lo scopo di salvaguardare l’ambiente e la salute, ma anche di
fare crescere formule economiche che esaltano l’inclusione, le relazioni umane,
il sostegno reciproco. Un
modo per dire che prima vengono le persone e poi gli affari. E
quando si fa questa scelta, inevitabilmente sboccia la solidarietà, la
trasparenza, la partecipazione, tre ingredienti che questo sistema ha messo
dietro la lavagna, ma che possono dare risultati strepitosi se rimessi al primo
posto. Un esempio sono i prezzi concordati insieme fra produttori e famiglie
acquirenti, tenendo conto dei bisogni e delle difficoltà delle due parti.
Oppure l’abitudine di prefinanziare i produttori pagando la merce con mesi di
anticipo sulle consegne per aiutarli a superare i periodi difficili. Ed ancora
l’attenzione alle famiglie in difficoltà e la disponibilità del resto del
gruppo a venire in loro soccorso, facendosi carico di parte della loro spesa.
Può anche succedere che a partire dalle necessità del gruppo d’acquisto, si
avviino progetti che oltre ad essere un modello di rispetto ambientale
sono opportunità di lavoro per categorie svantaggiate come migranti e disabili.
Quando l’attenzione si sposta dal denaro alle
persone possono anche succedere miracoli come quello di Firenze dove si è
formato un gruppo di microcredito che effettua prestiti a tasso zero, in linea con la posizione
degli antichi Padri della Chiesa che per voce di San Tommaso d’Acquino
definivano l’interesse un’ingiustizia. L’elemento
umano è così preponderante rispetto a quello monetario che ogni persona
richiedente il prestito è affiancato da “accompagnatori” che lo aiutano a
cercare soluzioni durature per uscire dalla propria posizione di difficoltà.
Iniziative analoghe stanno nascendo anche in altre
città spesso per iniziativa di realtà
ecclesiastiche, a dimostrazione che l’economia solidale è possibile ed è
efficace. E per rafforzarsi e acquisire maggiore visibilità, si è costituita la
Rete di Economia Solidale che oltre a voler permettere alle molteplici
esperienze di incontrarsi e dialogare, vuole stimolare la sperimentazione di
altre formule innovative non solo nell’ambito del mercato e dell’economia di
vicinato, ma della stessa economia pubblica dove c’è bisogno di rinsaldare la
cultura della partecipazione, della democrazia, dell’equità, dei diritti, dei
beni comuni. Siamo in un momento
di passaggio: abbiamo chiaro cosa dobbiamo abbandonare, ma non ancora verso
dove dobbiamo andare in forma compiuta. Per questo le
sperimentazioni sono di fondamentale importanza: ci aiutano a mettere insieme
un nuovo puzzle, ben sapendo che la cornice dovrà essere riscritta da un nuovo
pensiero, non di matrice economica, bensì politica, morale, ambientale,
addirittura psicologica. Perché l’economia non è il
risultato di sé stessa, ma della visione che abbiamo del mondo e
dei valori che ci portiamo nei nostri cuori.
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