un commento del NAGA di Milano
È stato reso pubblico ieri il contratto
di governo Lega – 5stelle che verrà sottoposto all’approvazione dei
rispettivi elettori questo weekend.
Quello che colpisce al di là dei singoli
provvedimenti è l’idea di società che ne emerge. Una società frammentata,
divisa, spezzata, impoverita, vecchia, triste e arrabbiata composta da
tanti portatori d’interesse individuali senza un interesse comune
collettivo. Un’idea antica ma, forse, anche contemporanea. Una
semplificazione della complessità in singole istanze che fanno accantonare
l’idea che al di là di quelli singoli rilevino gli interessi generali. Una
società dove le fragilità, le vulnerabilità, le povertà, le disuguaglianze
non sono condizioni da tutelare, ma colpe da punire o ignorare.
L’occhio del Naga cade sul capitolo a
pagina 26 dedicato a IMMIGRAZIONE: RIMPATRI E STOP BUSINESS. Basta il solo
titolo per capire che il fenomeno, complesso, dell’immigrazione viene
ridotto a questione di ordine pubblico e di malaffare; già dal titolo
si comprende che non si parlerà di persone, ma di un problema,
una grana, da risolvere. Rapidamente e in modo risoluto.
Scopriamo così una prima parte dello
svolgimento che apparentemente propone azioni che noi stessi sosteniamo da
tempo: il superamento del regolamento di Dublino, la condivisone a livello
europeo dell’accoglienza e una gestione pubblica coordinata dell’accoglienza stessa.
Le proposte sono, tuttavia, in salsa acida; l’obiettivo è quello di
scaricare il “peso” dei migranti il più possibile sugli altri paesi
europei -un mero trasferimento di quote- non certo quello di introdurre un
approccio pragmatico e di legittimità dell’immigrazione.
Proseguendo nella lettura ecco che si
arriva all’impianto ideologico che regge lo schema; è chiaro, è il solito:
gli stranieri sono un problema, vi diciamo noi come risolverlo; un po’ li
diamo ad altri paesi, i restanti li rimpatriamo (e i fondi li prendiamo da
quelli per l’accoglienza).
Anzi, meglio ancora, non li facciamo
nemmeno arrivare perché istituiamo delle commissioni nei paesi di transito
che valutino se possono proseguire o se devono tornarsene indietro.
Insomma un bel container nel deserto nigerino o libico dove, con
“sicura” attenzione ai diritti umani, verranno selezionati i salvati, gli
abbandonati, i sommersi.
Nessun accenno, nessuna idea, su come
rivedere il meccanismo di ingresso in Italia che crea proprio quell’irregolarità
tanto odiata. Perché in Italia essere irregolari è inevitabile, non esiste
-di fatto- un modo per accedere regolarmente; ma questo non conta, perché,
appunto, non stiamo parlando di persone, non stiamo riflettendo sulla
complessità del fenomeno, bensì su come annientare coloro che
rappresentano di per sé il problema, solo per il fatto di aver osato
lasciare il paese dove sono nati.
Per quelli che poi, nonostante tutto, ce
l’hanno fatta sono previsti ricongiungimenti familiari molto più complicati
perché è noto che la famiglia è un elemento destabilizzante, a meno che la
famiglia non sia italiana e in quel caso va bene, anzi.
Infine, dulcis in fundo, una vigorosa
stretta sull’Islam, inteso come minaccia assoluta e d’altra parte antico
cavallo di battaglia leghista rafforzato dai recenti, odiosi, attentati. E
anche qui non una parola sulle migliaia di persone che fuggono
proprio da quel fanatismo di cui sono imputati a priori.
Ci prendiamo un rischio e scommettiamo,
da oggi, che gli intendimenti della prima parte del programma rimarranno
lettera morta così come gran parte di quelli della seconda.
Tuttavia siamo certi di una cosa: la
vita dei migranti diventerà ancora più difficile e, insieme, quella di
tutti noi. E ciò, non solo e non tanto, per i singoli provvedimenti,
peraltro coerenti con l’approccio fallimentare degli ultimi anni, ma per
lo spirito che ribadiscono: ognuno per sé.
La solidarietà è espunta dal corpo
sociale. Chissà se mai la ritroveremo.
Noi andiamo avanti, controvento.
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