per
ragionare con un minimo di senno sul pasticcio italiano dovremmo metterci per
cinque minuti dal punto di vista di un extraterrestre, assumendo “tutte” le
ragioni in campo come relative e “nessuna” di esse come assoluta; se proviamo
ad elencarle una a una infatti appaiono l’una più irrinunciabile dell’altra, ma
in realtà la loro irrinunciabilità è tale soltanto all’interno del rispettivo
schema di riferimento: risultati elettorali, prerogative istituzionali,
trattati internazionali, unità monetaria, regole europee, stabilità finanziaria
ecc.: e in estrema sintesi, 1, espressione democratica, 2, osservanza europea,
3, primato dei mercati; è vero che sarebbe bene rendere compatibili le diverse
irrinunciabilità, ma per fare questo sarebbe necessario rendere compatibili i
diversi piani di riferimento, per esempio i principi costituzionali di
ciascun paese con una forma costituzionale comune costruita democraticamente, e
così i sistemi fiscali, i regolamenti bancari ecc., ma curiosamente l’intero
meccanismo si regge proprio sull’esatto contrario, cioè sulla incompatibilità
dei piani, sul pre-dominio di alcuni di questi su tutti gli altri e quindi su
una compatibilità forzata e apparente che a breve, se si continua così, farà
saltare tutto, e quel che è peggio farà saltare tutto verso risoluzioni
reazionarie; infatti la meravigliosa unione europea è forse l’unico sistema di
strapotere al mondo a reggersi su fondamenti e su istituzioni privi di
espressione democratica del consenso, e quando un sistema di questo genere
salta, salta in modi incontrollabili;
il caso
mattarella, ennesimo botto del versante italiano del vulcano, non è solo un
botto di un giorno, è invece una bocca eruttiva dall’evoluzione imprevedibile e
potenzialmente catastrofica; quel che è peggio è che i pro e i contro sul
recente operato presidenziale si stanno affrontando in modo equivoco e quindi
di fatto non sanno l’un l’altro di cosa stanno discutendo; infatti l’atto
compiuto dal presidente della repubblica è soggetto non ad un pro e ad un
contro (ha fatto bene-ha fatto male) ma a un doppio pro e a un doppio contro;
il primo pro o contro è questo: il presidente può far pesare “politicamente” la
prerogativa affidatagli dall’art. 92 della costituzione (la nomina dei ministri)?;
risposta 1: sì-no; il secondo pro o contro è quest’altro: ammesso che la
prerogativa di cui all’art. 92 possa essere fatta pesare “politicamente” (il
veto su savona) nel caso concreto era davvero questa la scelta “politicamente”
più avveduta per il prossimo futuro? risposta 2: sì-no;
alla prima
questione si deve rispondere no, per il fatto che il presidente della
repubblica “può” negare la nomina di un ministro, se vi sono elementi ostativi
ad personam, ma “non può” dettare condizioni politiche al governo; può avanzare
rilievi di costituzionalità sul programma, per es. sulle coperture di spesa o
sui trattati internazionali, ma questi rilievi riguardano il presidente del
consiglio e non possono essere scaricati in forma di veto ad personam su un candidato
ministro; quindi ci troviamo qui di fronte ad un precedente molto grave: un qui
pro quo esumato scientemente, del costo contabile di elezioni che si dovranno
rifare, di un costo spread che ha doppiato in otto ore quello realizzato in
alcune settimane dall’accordo lega-cinquestelle, e che per effetto indotto ha
portato alla degenerazione più nauseabonda i commentatori più in voga;
alla seconda
questione si deve rispondere con una certezza, che a breve ci saranno
sicuramente nuove elezioni, e per di più con questa medesima legge elettorale,
e in secondo luogo si deve rispondere prevedendo realisticamente il più
probabile esito di queste: se lega e cinque stelle andassero benissimo e se
riproponessero savona o chi per lui al ministero dell’economia, mattarella
avrebbe davanti a sé tre possibilità, una più catastrofica dell’altra: 1, far
valere di nuovo l’art. 92 e rimandare di nuovo tutto a ulteriori nuove
elezioni; 2, accettare la proposta savona e nicchiare come anatra zoppa e sorda
fino a fine mandato; 3, dimettersi e lasciare il paese nel caos; e se questo
tragico terno dovesse giocarsi nella giostra di una manovra speculativa su
larga scala saremmo a breve tutti morti: scacco matto, anzi scacco mattarella
per tutti;
quindi
mattarella, pur potendosi avvalere della prerogativa di discutere a fondo le
condizioni politiche sovraordinate al programma di governo, non poteva mettere
su savona un veto “politico”; e se pure un tale atto fosse costituzionalmente
corretto esso sarebbe comunque politicamente irresponsabile, in quanto finisce
inevitabilmente per esasperare lo stato di confusione, mostrare all’europa le
mutande della nazione ed esibire senza velo ai mercati quello che c’è sotto le
mutande; ad ardauli ci sono circa settecento persone che il presidente lo
saprebbero fare con un po’ più di attenzione;
tuttavia, se
veniamo al sodo nel gioco di irrinunciabilità e di compatibilità delle ragioni,
le ragioni che non scendono a compromessi sono costituite appunto dai mercati e
dall’europa; i mercati stanno sopra, in una condizione perennemente fantomatica
che usa esprimersi soltanto per via oracolare tramite i vati della finanza, e
l’europa sta sotto, in una condizione istituzionale circoscritta in un sinedrio
di squallidi sommi sacerdoti (moscovici, kataaineen ecc.);
che i
mercati esistano per stare sempre in caccia è nella loro natura; ma l’europa
non esiste per fare il cane da caccia a servizio di un tal genere di
cacciatore, esiste proprio per controllare l’esercizio della sua caccia; questo
cane di servizio non è l’europa mia e tua, ed è normale che io e te come tutte
le sue possibili prede lo si voglia morto; l’europa è un’altra cosa, talmente
tanto un’altra cosa che i veri antieuropeisti sono proprio gli osservanti
addetti a imbonire le democrazie (di cui mattarella e rajoi sono oggi i
campioni più rappresentativi), e sopra di essi il sinedrio sovranazionale
stesso, quello che usa i debiti pubblici come strumento di usura; e che i veri
europeisti sono quelli che si stanno sollevando per ripulire da questa impostura
il piccolo continente che è alla fine è la loro casa.
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