a cura della Rete solidale italo/francese
La frontiera uccide. La militarizzazione è la sua arma
Una donna è morta. Un cadavere ancora senza nome è stato ritrovato
mercoledì 9 maggio all’altezza della diga di Prelles, nella Durance, il fiume
che scorre attraverso Briançon.
Una donna dalla pelle nera, nessun documento, nessun
appello alla scomparsa, un corpo senza vita e senza nome, come le migliaia che
si trovano sul fondo del Mediterraneo.
Questa morte non è una disgrazia inaspettata, non è
un caso, non è
“strana” per tanti e tante. Non c’entra la montagna, né la neve o il
freddo. Questa morte è stata annunciata
dall’inverno appena passato, dalla militarizzazione che in questi mesi si è
vista su queste montagne e dalle decine di persone finite in ospedale per le
ferite procuratesi nella loro fuga verso la Francia. È una conseguenza
inevitabile della politica di chiusura della frontiera e della militarizzazione.
Questa morte
non è una fatalità. È un omicidio, con mandanti e complici ben facili da individuare.
In primis i governi e le loro politiche di chiusura
della frontiera, e ogni uomo e donna in divisa che le porta
avanti. Gendarmi, polizia di frontiera,
chasseurs alpins, e ora pure quei ridicoli neofascisti di Géneration
Idéntitaire, pattugliano i sentieri e le strade a caccia dei migranti di passaggio da questi valichi alpini. Li inseguono sui sentieri e nella neve
sulle motoslitte; li attendono in macchina in agguato lungo la strada che porta
a Briançon e quelle del centro città. Molti i casi quest’inverno di persone
ferite e finite all’ospedale in seguito alle cadute dovute alle fughe dalla
polizia.
Quella donna era una delle decine di migranti che
ogni giorno tentano di andare in Francia per continuare la propria vita. Per farlo, ha dovuto attraversare
nella neve, a piedi, quella linea immaginaria che chiamano frontiera. Perché i
mezzi di trasporto, sicuri, le erano preclusi data la mancanza di documenti e
per la politica razziale di controllo che attuano al confine. Poi è scesa sulla
strada, quei diciassette chilometri che devono percorrere a piedi per
raggiungere la città. È lungo quel tratto che deve essere inceppata in un
blocco della polizia, come spesso viene raccontato dalle persone respinte.
Probabilmente il gruppo di persone con cui era, che come lei tentava di
attraversare il confine, si è disperso alla vista di Polizia o Gendarmerie alla
ricerca di indesiderati da acchiappare e riportare in Italia, nel solito gioco
dell’oca che questa volta ha ucciso.
Questa donna
senza nome deve essere scivolata
nel fiume mentre tentava di scappare e nascondersi, uccisa dai
controlli poliziesci. L’autopsia
avverrà a Grenoble nella giornata di lunedì, solo allora sarà
possibile avere maggiori dettagli sulla causa della morte.
La frontiera
separa e uccide. Non dimentichiamo chi sono i responsabili.
È morta perché stava scappando (14 maggio)
È passata
una settimana dalla morte di B. Cinque giorni dal ritrovamento del cadavere di
una giovane donna, “forse una migrante”, nel fiume sotto Briançon, la Durance.
Questi i fatti.
Un gruppo di quasi una decina di persone parte da
Claviere per raggiungere Briançon a piedi. È domenica sera, e come ogni notte i migranti che
cercano di arrivare in Francia si ritrovano costretti
a camminare per le montagne per evitare i controlli di documenti.
Il gruppo
inizia il cammino e poi si divide, una
donna fa fatica a camminare e ha bisogno di
supporto. Due persone stanno con lei, e i tre si staccano dal gruppo. Camminano sulla strada, nascondendosi
alla luce dei fari di ogni macchina e a ogni rumore. Infatti la polizia sta
attuando una vera caccia al migrante, negli ultimi giorni più che mai.
Oltre a nascondersi sui sentieri per sorprendere con le torce chi di passaggio
e fare le ronde con le macchine sulla strada, hanno iniziato ad appostarsi
sempre più spesso agli ingressi di Briançon e ai lati dei carrefour facendo dei
veri posti di blocco.
Il gruppo di tre cammina per una quindicina di
chilometri e si
trova a quattro-cinque chilometri da Briançon. All’altezza
della Vachette, cinque agenti della Police National sbucano fuori dagli alberi
alla sinistra della strada. Sono le 4-5 del mattino di lunedì 7 maggio. I
poliziotti iniziano a rincorrerli. Il gruppetto corre e entra nel
paesino della Vachette. Uno dei tre si nasconde; gli altri due, un uomo e una
donna, corrono sulla strada. L’uomo corre più veloce, cerca di attirare la
polizia, che riesce a prenderlo e lo riporta in Italia diretto. La donna
scompare.
La polizia prosegue per altre quattro ore le
ricerche nel paesino della Vachette. Il fiume è in piena, e i
poliziotti concentrano le ricerche sulle sponde della Durance e nella zona del
ponte. Poi la Police se n’è andata. Questo
operato si discosta totalmente dalle modalità abituali della Police Nationale,
che nella prassi cerca i fuggitivi per non più di qualche decina di minuti.
Le ricerche concentrate nella zona del fiume rendono chiaro che i poliziotti
avessero compreso che qualcosa di molto grave era successo, a causa loro.
Cinquanta ore dopo, mercoledì, un cadavere di una donna viene ritrovato
bloccato alla diga di Prelles, a dieci chilometri a sud da Briançon. È una donna nigeriana, un metro e
sessanta, capelli lunghi scuri con treccine.
Cicatrici sulla schiena, una collana con una
pietra blu.
Il Procureur
della Repubblica di Gap, Raphael Balland, ha dato la notizia il giorno
seguente, dicendo che “Questa scoperta non
corrisponde a una scomparsa inquietante. Per il momento, non abbiamo
nessun elemento che ci permette di identificare la persona e quindi di dire che
si tratta di una persona migrante”. Pesanti le dichiarazioni del procuratore.
Una scomparsa “non è inquietante” se non c’è una denuncia, e quindi se si
tratta di una migrante? In più il procuratore mente, perché la polizia sapeva
che una donna era sparita dopo un inseguimento. Ben pochi i giornali che hanno rilevato la
notizia. Sembra che nessuno fosse molto interessato a far uscire la vicenda,
anzi. L’interesse è quello di insabbiare questa storia, per evitare un
ulteriore scandalo, dopo i due casi di respingimento di donne incinte, che
possa scatenare una reazione pubblica davanti alle violenze della polizia.
Un’inchiesta giudiziaria è stata aperta e affidata alla gendarmeria al fine di
determinare le circostanze del decesso. Il magistrato ha detto “non avendo
elementi che fanno pensare alla natura criminale del decesso, un’inchiesta è
stata aperta per determinare le cause della morte”.
Ma anche
questo è falso. La natura del decesso è criminale.
Non è una morte casuale, non è un errore. Questo è
omicidio. Erano cinque i poliziotti che li hanno
inseguiti. Quella donna, B, è morta per causa loro e della politica di
leggi che dirige, controlla e legittima le loro azioni. B. è morta perché la
frontiera senza documenti non la passi in altro modo. Ma B. non è nemmeno morta
a causa della montagna, per errore, e non è morta per la neve quest’inverno. È
morta perché stava scappando dalla polizia che in modo sempre più violento si
dà alla caccia al migrante. L’hanno uccisa quei cinque agenti, come il sistema
di leggi che glielo ordina. Un omicidio con dei mandanti e degli esecutori. Il
procuratore di Gap e la prefetto sono responsabili quanto i poliziotti che
l’hanno uccisa, date le direttive assassine che danno. Responsabili sono le
procure e i tribunali, che criminalizzano i solidali che cercano di evitare
queste morti rendendo il più sicuro possibile il passaggio. Responsabili sono
tutti i politicanti che portano avanti la loro campagna elettorale sulla pelle
delle persone.
Se
continuiamo così, i morti aumenteranno. È la
militarizzazione che mette in pericolo le persone. La polizia, uccide.
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