Con il solo voto della Commissione
esteri e difesa della Camera, dopo il voto favorevole del Senato, il
Parlamento, esautorato persino dei poter dii esprimere il proprio indirizzo con
un voto d’aula, ha ratificato, tardivamente, il finanziamento delle missioni
militari in Libia per il 2022, che comprende anche il supporto alla sedicente
Guardia costiera libica ed alle varie milizie che ne fanno parte, anche sotto
la denominazione di GACS (General
Administration for Coastal Security). Supporto che è sostenuto anche
dall’Unione Europea.
Quest’anno si è andati ancora oltre e si è realizzato anche quanto Salvini
chiedeva già nel 2019 prima dell’estate del Papete e della caduta del governo
giallo-verde. Nel decreto, si prevede che “la missione è stata spostata
integralmente tra le operazioni di polizia internazionale sotto il comando del
Ministero dell’Interno”. Con il solo voto di una Commissione
parlamentare i poteri relativi alla gestione della parte più importante dei
rapporti con i libici sui dossier immigrazione e sicurezza in acque
internazionali sono stati concentrati sul ministero dell’interno. Che Salvini aspira ad occupare di
nuovo, dopo il prevedibile successo elettorale delle destre, dopo le prossime
elezioni di settembre, tanto che ha già stilato un programma per i primi cento
giorni che mette al centro un inasprimento della normativa e
delle prassi di contrasto di fronte a quella che si definisce soltanto come
immigrazione clandestina.
Il Partito Democratico ha cercato di simulare una svolta sui rapporti con la
guardia costiera libica, ma leggendo gli atti si scopre facilmente
che si tratta dell’ennesimo bluff, per conquistare qualche voto in più in
quella vasta area di opposizione solidale che denuncia da anni la disumanità
del Memorandum d’intesa Gentiloni Minniti del 2017 e delle prassi che ne sono
seguite, inclusa la criminalizzazione dei
soccorsi in mare operati dalle ONG che da quell’anno in poi
sono state al centro di una ossessiva campagna mediatico-giudiziaria che lascia
ancora gravissimi strascichi ancora aperti, come il processo Iuventa a Trapani.
Il PD non ha votato soltanto la scheda 47, peraltro compresa nei
documenti approvati al Senato, relativa alla formazione con personale
italiano della sedicente guardia costiera “libica”, ma ha votato tutte le altre
schede, soprattutto la scheda 33(in calce), che permettono il
finanziamento delle missioni italiane in Libia, inclusa la missione NAURAS con la presenza
di una nave della Marina militare italiana inserita nel dispositivo Mare
sicuro, stabilmente presente nel porto militare di Tripoli
(Abu Sittah) con compiti di coordinamento e di supporto logistico della
sedicente Guardia costiera libica. Secondo la scheda 33, ( in calce) “Per il
2022 si conferma il potenziamento del dispositivo aeronavale, al fine di
contribuire ad arginare il fenomeno dei traffici illeciti e rafforzare le
capacità di controllo da parte delle autorità libiche, con assetti con compiti
di presenza, sorveglianza, sicurezza marittima, raccolta informativa e supporto
alle autorità libiche. La consistenza massima del contingente nazionale
impiegato nella missione è incrementata a 774 unità. Mare Sicuro e la missione
in supporto alla Marina libica non hauno un termine di scadenza predeterminato.
Le relative attività continueranno fino a quando permarrà il consenso delle
autorità libiche, ferma restando l’esclusione di qualsivoglia interferenza e/o
partecipazione del personale italiano nei processi decisionali delle autorità
locali nello svolgimento dei compiti istituzionali di propria competenza“.
In realtà, l’Italia interromperà solo l’addestramento della sedicente
Guardia costiera “libica”, che dallo scorso anno per quanto riguarda la
Tripolitania dalla fine del 2020 e’ sotto
il pieno controllo dei Turchi. Conseguenza
dell’intervento di Erdogan a difesa di Tripoli quando il generale Haftar la
stava occupando. E adesso la Turchia
controlla, attraverso le milizie libiche, le motovedette donate dall’Italia.
Il governo italiano continuerà a inviare pezzi di ricambio per la
manutenzione delle motovedette donate a suo tempo e soprattutto, anche dopo
questo voto, si andrà alla proroga tacita del Memorandum d’intesa
Gentiloni–Minniti del 2017. Il voto sulle missioni militari all’estero, ed
anche le schede che riguardano la Libia (vedi sotto) non incidono sulla proroga
tacita del Memoradum d’intesa gentiloni Minniti del 2017 e sugli accordi
internazionali secretati di recente dal Viminale, senza che nessun parlamentare
del Pd protestasse. Continuerà la collaborazione con Frontex e
con i libici per tracciare le persone in fuga in acque internazionali in modo
da agevolare le intercettazioni violente dei libici. Una collaborazione che
rende sempre più difficile l’impegno delle navi delle ONG ancora presenti nelle
acque internazionali del canale di Sicilia, ancora più esposte alle incursioni
delle motovedette libiche supportate dal governo italiano, ma ormai in gran
parte sotto controllo delle autorità militari turche, che dal 2021 hanno una
loro base navale a Khoms. Ormai la presenza italiana in
Libia, soprattutto in Tripolitania è condizionata dai rapporti di
subordinazione con Erdogan, come è emerso dal recente viaggio di Draghi in
Turchia. Una posizione di debolezza che si può tradurre anche in un aumento
incontrollabile delle partenze dalla Libia, nella totale mancanza di realistici
canali di evacuazione umanitaria dalla Libia, a cui nessuno in Europa sembra interessato,
a parte qualche sporadica iniziativa di facciata.
Le autorità italiane di
coordinamento dei soccorsi e la Marina militare continueranno a riconoscere una
zona Sar di ricerca e salvataggio riservata esclusivamente ai libici. Una zona Sar di
morte e di sequestri in alto mare, altro che ricerca e soccorso di
naufraghi. Per i governi le imbarcazioni
sovraccariche fi migranti in fuga dalla Libia sono tutte in buone condizioni di
navigabilità e costituiscono “eventi di immigrazione illegale” non casi in cui
attivare misure di soccorso. Il Viminale continua a ritardare
ingiustificatamente l’assegnazione di un porto di sbarco sicuro, e con un nuovo
governa di destra si prospetta il ritorno alla pratica illegale dei “porti
chiusi”. La collaborazione con i libici sarà sempre più intensa, per evitare
che le imbarcazioni cariche di migranti in fuga dai campi di detenzione
inumani, secondo i rapporti ONU, che
documentato “torture sistematiche”, possano trovare scampo in Europa. E
quindi saremo ancora complici degli abusi che i migranti continuano a subire
nei campi di detenzione. Non basta qualche corridoio umanitario per poche
decine di persone per nascondere la vergogna di accordi che il Parlamento non
mette in discussione, neppure dopo la tardiva e limitata dissociazione da parte
del Partito democratico. Una dissociazione tanto più finta in quanto
corrisponde ad un indirizzo politico che stava già
maturando a giugno all’interno del governo Draghi, non certo in nome del
diritto internazionale o per una difesa dei diritti umani in Libia, ma solo per
riequilibrare l’impegno dei militari italiani all’estero, riducendo il loro
impegno di formazione della sedicente guardia costiera “libica” in modo da
aumentare la loro presenza sul fronte dei confini orientali, a supporto
dell’Ucraina in guerra contro la Russia.
Di certo i tentativi di censura non riusciranno a chiudere la bocca ai
cittadini solidali ed ai giornalisti indipendenti, ed a impedire la
circolazione delle informazioni, che, se non arriveranno dal Viminale, o dalla
Centrale operativa della guardia costiera (IMRCC), verranno fuori proprio dai
processi in corso contro le ONG, come nel procedimento Open Arms a
carico del senatore Salvini a Palermo e saranno comunque accessibili a
livello europeo. Vedremo quanto le prove “escluse dagli atti in
questo procedimento” possano giovare alla difesa di Salvini, o non piuttosto ad
aprire uno squarcio sulle reali attività di contrasto dei soccorsi in mare
attuate dall’Italia dal 2017 in poi. Presto l’Italia, se continuerà ad operare
sulla linea della negazione del diritto internazionale e degli obblighi di
soccorso previsti dal Regolamento europeo n.656 del 2014 potrebbe incorrere in
altre procedure di infrazione, dopo la condanna subita nel 2012
dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per i respingimenti collettivi (caso
Hirsi) ordinati nel 2009 da Maroni. I programmi
elettorali delle destre in materia di chiusura dei
porti e blocchi navali, che potrebbero essere previsti da un nuovo decreto
sicurezza, se fossero attuati anche parzialmente, potrebbero costare molto cari
agli italiani. Soprattutto se l’Unione Europea dovesse avviare anche nei
confronti del nostro paese, come si è verificato già nei confronti
dell’Ungheria di Orban, una procedura di infrazione per lesione dello stato di
diritto, base delo Stato democratico, che comprende l’assoluto rispetto degli
obblighi di salvataggio in mare sanciti dal diritto internazionale. Di certo la censura, che il Viminale, oggi,
ed in prospettiva futura, cerca di imporre sulle attività di
salvataggio nel Mediterraneo centrale e sui rapporti di collaborazione con la
sedicente guardia costiera libica, non impedirà una documentazione completa
degli abusi di cui le autorità italiane
ed europee si renderanno complici.
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