Nel caldo torrido dell’estate siciliana,
a 1,5 chilometri dai lustrini, dagli yacht, dalla città sovraeccitata da una
favola gonfia e passeggera, esiste la realtà. Una realtà che in troppi non guardano
mai e men che meno adesso, che tutte le energie sono rivolte ai sogni, alle
polemiche, ai dibattiti, alle banali seduzioni dei soldi e della fama. A 1,5
chilometri dal cuore della città “di aria e di luce”, c’è il grigio di un
asfalto dove si stende una vita dimenticata e ingabbiata da un surreale e
inaccettabile paradosso.
Steso sulla strada bollente e assolata,
sotto il muso di una macchina, con un cartone, che i volontari della Ronda
della Solidarietà di Siracusa hanno infilato nella fessura del cofano, a far da
tettoia, c’è Josef. Un uomo slovacco, rannicchiato tra l’auto e una stampella azzurra e
con un sacco di plastica bianca nelle vicinanze. Josef è un senza tetto,
clochard, barbone, chiamatelo come volete. Vive per strada insieme ad altri.
Sta male, consumato dal suo mal di vivere che lo ha portato tra gli ultimi, ai
margini. Tra quei margini per fortuna ci sono cittadini che si muovono per
garantire dignità, cibo, aiuto, cure a chi come Josef è rimasto solo. C’è
Marcello e ci sono le donne e gli uomini della Ronda della Solidarietà. Grazie
a loro, Josef oggi è uscito dal paradosso della morte e del silenzio.
La storia è incredibile e assurda e non
potrà che finire in procura per ottenere giustizia e accertare responsabilità
gravissime. La scorsa settimana, Josef e altri due uomini della strada
sono stati ricoverati in ospedale. Per Josef è stato disposto un TSO,
trattamento sanitario obbligatorio. Andava curato, necessariamente. Il Comune
lo dispone, l’uomo viene affidato alla struttura sanitaria insieme agli altri
due, con l’impegno di trovare una struttura per ospitarli subito dopo i giorni
di ricovero. I tre risultano positivi al Covid e quindi vengono portati
nell’apposito reparto. I volontari seguono la vicenda informandosi
costantemente. A un certo punto, nello scorso fine settimana, arriva la notizia
che uno di loro è morto. Ed è Josef.
Si pensa al riconoscimento, ma la bara è
sigillata per via delle misure anti-Covid. Quindi, in quella cella frigo c’è
Josef. Punto. La Ronda della Solidarietà allora si
muove per organizzare un funerale, una piccola cerimonia per salutare con
dignità quest’uomo. Avrebbe dovuto svolgersi questa mattina. E invece
no. Perché qualcuno dell’associazione, domenica vede Josef in giro e avvisa gli
altri. Stamane lo trovano in via Elorina, altezza Onda Blu. È al sole,
sofferente, non si alza, è sdraiato sull’asfalto. Così lo trovo anche io quando
mi chiamano per raccontarmi questa assurda storia e mostrarmi cosa accade. Poi
lo vedo sedersi, con la postura curva, la faccia rivolta in basso, ogni tanto
mi guarda smarrito quando pronuncio parole di indignazione per questa vicenda.
Josef è vivo e in quella cella
frigorifera c’è qualcun altro che non si sa chi sia. Uno dei tanti, uno di
loro, forse uno dei due che con lui era stato ricoverato. Il polacco o il tunisino,
chissà. Già, perché nemmeno loro, a quanto pare, sono in ospedale, ossia dove
avrebbero dovuto essere. Sono in giro, o forse uno è morto e l’altro in giro. E
che importa il nome, sono esseri umani soli e senza nomi, sono scarti, cosa
cambia che sia Josef il morto o un altro. Basta che si tolgano dai piedi, no?
Gli uomini della Ronda della Solidarietà
sono lì, hanno chiamato il 118, che si è rifiutato di portarlo in ospedale,
perché Josef non vuole andarci. “È maggiorenne, capace di intendere e di volere”.
Già, ogni tanto, per qualche minuto, forse sì, ma è malato e ha avuto un TSO.
Nulla. Non si può. Il 112 dice che devono occuparsene i vigili urbani, che a
loro volta non possono portarlo da nessuna parte perché è positivo al Covid.
Insomma, morale della favola: nessuno lo sposta da lì, dove il sole e le mosche
lo stanno sfinendo. Ci pensa la Ronda a farlo. Affitta una moto ape, lo fanno
salire sul cassone, indossando mascherine e guanti, a loro rischio. Lo portano
a Ortigia, in un posto all’ombra. A due passi da un set in cui si sta
raccontando la favola, tra Van con i vetri oscurati, telecamere, set.
Josef cammina a stento, a gattoni, non
si alza in piedi. Sta male, ma stanotte rimane per strada, la sua strada,
positivo al covid, malato, sofferente. Le autorità competenti, in questo caso
il Comune, stanno cercando di capire come fare, mentre l’Asp… non si sa. Forse
sta cercando di trovare una spiegazione al fatto che ci sono un morto non
identificato e due persone positive in giro, dimesse da non si sa chi.
Martedì Josef farà un tampone, se
dovesse risultare negativo sarà sistemato in una struttura dal Comune. Se fosse
positivo, beh, allora dovrebbe essere curato e preso in carico dalle strutture
sanitarie. Di certo, non dovrebbe essere lasciato per strada. Non doveva
accadere nemmeno questa mattina. Non dovrebbe accadere mai in un mondo civile,
in una città piccola e con pochi casi, nel 2022. Non dovrebbe accadere e
qualora accadesse per un corto circuito gravissimo, chi ha la responsabilità,
chi riveste il ruolo di massima autorità sanitaria, dovrebbe intervenire con
immediatezza e decisione. Magari interrompendo per un attimo la narrazione
della favola e tornando a ricordarsi che esiste la realtà. Molto meno glamour,
molto meno sorridente, molto più dura e triste.
Oggi ho provato un dolore enorme e dire
che ne ho viste tante di situazioni pesanti nella mia professione di
giornalista in tanti anni. Ma quell’essere umano abbandonato come un
sacco di immondizia in mezzo alla strada, mi ha strappato il cuore e i
nervi. Mi auguro che domani, chi di dovere, risolva questa situazione e
rimargini la ferita alla dignità di quest’uomo. E magari ci faccia sapere dove
sono finiti gli altri due e chi è il morto che giace solitario e sconosciuto in
una cella dell’ospedale.
AGGIORNAMENTO DEL 12 LUGLIO
La storia di Josef continua a essere la
fotografia di un meccanismo sociale che non funziona. Ieri sera Josef era a
Ortigia, nel luogo in cui dei volontari lo avevano accompagnato con una motoape
noleggiata. Un luogo dove poteva stare al riparo dal sole durante il giorno. È
stato rifocillato e seguito. Intanto, ieri pomeriggio, dopo un costante
confronto, è stato deciso che questa mattina, il Comune, che ha coinvolto anche
la Croce Rossa, avrebbe provveduto insieme all’Asp a effettuare il tampone a
Josef. Qualora fosse stato negativo, l’uomo sarebbe stato subito trasferito in
una casa di accoglienza del Comune. Altrimenti, sarebbe stato preso in carico
dall’Asp. Almeno, questo è quello che mi ha detto per telefono l’assessora
Carbone. Solo che Josef, in quel luogo in cui era stato lasciato ieri, questa
mattina non c’era più. Irreperibile.
Lo hanno cercato tutta la mattinata,
così come lo ha cercato durante il giorno anche la Ronda della Solidarietà.
Nulla. Sparito. Nel frattempo ho saputo che a quanto pare il clochard slovacco
non avrebbe ricevuto in ospedale il TSO disposto dal Comune. Perché? Non si sa.
E ho saputo anche che l’uomo, a dire dell’Asp, sarebbe risultato negativo e si
sarebbe allontanato volontariamente. E perché, considerate le sue condizioni di
salute e la sua chiara incapacità di intendere e di volere, nessuno lo ha
fermato? Non si sa.
Questa storia è tutta surreale e
misteriosa sul piano delle dinamiche e delle responsabilità.
Intanto anche per uno degli altri due
senza dimora che erano stati ricoverati con lui è stata disposta l’accoglienza
in una casa del Comune. Al momento sarebbe ricoverato però in un reparto Covid,
pare sia stato trasferito in quello di Noto. Il terzo uomo, invece, polacco,
dovrebbe essere colui che è deceduto e che si trova nella cella frigo
dell’ospedale. Dovrebbe essere sua la salma che era stata scambiata per quella
di Josef. Ma su questo solo supposizioni, perché non viene ammesso il
riconoscimento del corpo, in quanto la morte sarebbe giunta con in corso
l’infezione da Covid.
In serata, poco fa, arriva un’altra
notizia: Josef sarebbe nuovamente ricoverato in ospedale. Pare che ieri a
mezzanotte qualcuno, magari vedendolo mal ridotto, ha chiamato il 118, che
questa volta lo ha preso in carico e portato nel nosocomio siracusano.
Ovviamente tutto questo ha bisogno di
conferme e forse è ora che l’Asp, sollecitata a quanto so dall’assessora,
fornisca notizie chiare e certe e faccia luce una volta per tutte su questa
storia, dicendoci dove si trova Josef, dove si trova l’altro senza tetto
ricoverato, e soprattutto accerti l’identità di quel morto senza nome. Il
condizionale, infatti, non si coniuga con i diritti e la dignità delle persone.
Adesso che sappiamo, che abbiamo
compreso quale cortocircuito disumano abbia prodotto questa assurda vicenda,
abbiamo bisogno di certezza, trasparenza e spiegazioni, sperando inoltre che la
Procura acquisisca gli atti e verifichi come sono andate le cose e perché.
Perché storie così non possono passare in silenzio. Domani, vivremo un’altra
puntata di questo dramma. Speriamo che sia quella che ci conduca alla
conoscenza accertata dell’attuale condizione di Josef e degli altri due esseri
umani coinvolti in questa storia assurda e triste. [MP]
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