Dopo molti anni di lavoro, oltre trecento mediatori interculturali si trovano in un limbo privi di qualsiasi informazione circa il loro futuro. A tal proposito hanno scritto una lettera al ministro Lamorgese, che pubblichiamo
Dal primo luglio circa 300/350 mediatori interculturali sono rimasti senza
lavoro. Il giorno precedente, infatti, il Ministero dell’Interno comunicava
improvvisamente la sospensione delle attività di mediazione presso gli uffici
Immigrazione delle Questure, negli uffici di Frontiera, nei CPR e nei vari
hotspot distribuiti in tutta Italia. Al momento dal ministero non è giunta
nessuna indicazione ufficiale sul ripristino del servizio.
Dopo molti anni di lavoro, i mediatori interculturali si trovano in un
limbo privi di qualsiasi informazione circa il loro futuro. A tal proposito
hanno scritto una lettera al ministro Lamorgese per chiedere il ripristino del
servizio di mediazione linguistico-interculturale, la salvaguardia dei livelli
occupazionali precedenti, l’apertura di un tavolo di discussione sul
riconoscimento della figura del Mediatore Interculturale.
L’attività di mediazione presso gli uffici di pubblica sicurezza viene
fornito dal Cies Onlus e dall’Oim (Agenzia delle Nazioni Unite), che tramite
fondi europei Fami supportano il lavoro dei funzionari di Polizia. Si tratta di
un servizio essenziale. Il mediatore interculturale, spesso in condizioni di
precarietà lavorativa, svolge ruoli complessi nell’ambito dell’informazione,
dell’orientamento, dell’accompagnamento, dell’assistenza, della formazione,
della consulenza, della progettazione e della ricerca.
Egregio Ministro,
siamo i mediatori interculturali che da anni prestano servizio presso gli
Uffici Immigrazione delle Questure, negli Uffici di Frontiera, nei CPR e nei
vari hotspot distribuiti sulla Penisola. Il mediatore interculturale è una
figura indispensabile per un corretto svolgimento del lavoro negli uffici
appartenenti al Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
Le funzioni svolte dal mediatore sono molteplici e delicate. Supportiamo i
funzionari pubblici nelle attività di orientamento, d’informazione, di
accoglienza, di traduzione, di interpretariato, di mediazione
linguistico-culturale e di sensibilizzazione. L’attività del mediatore
interculturale è improntata al rispetto dei diritti degli stranieri, alla
facilitazione della comunicazione e al cambiamento dei rapporti tra utente e
operatore di pubblica sicurezza. Cosa che facilita i processi di inserimento
dei cittadini stranieri, ma migliora anche la qualità del servizio pubblico
nella comunicazione con gli utenti. Il mediatore interculturale svolge,
infatti, ruoli complessi nell’ambito dell’informazione, dell’orientamento,
della gestione dei conflitti, dell’accompagnamento, dell’assistenza, della
formazione, della consulenza, della progettazione degli interventi e dei
servizi e della ricerca.
Nello specifico, noi mediatori interculturali operanti negli uffici
appartenenti al Dipartimento della Pubblica Sicurezza, svolgiamo un’importante
attività sia negli uffici della Polizia di Frontiera, dove siamo impiegati, in
occasione delle fasi di soccorso e sbarco dei migranti e nelle successive fasi,
sia all’interno degli Uffici Immigrazione delle Questure, dove siamo
prevalentemente impiegati presso le varie sezioni dell’Ufficio immigrazione.
Tuttavia, dietro la fredda statistica sul carattere sempre più multietnico
e multiculturale della società italiana e la pluralità dei Paesi di
provenienza, si nascondono spesso disagi, tensioni e incomprensioni tra
immigrati e operatori della Pubblica Sicurezza. Il mediatore Interculturale
spesso si fa carico di questi conflitti e tenta di aiutare nella risoluzione.
Con il passare degli anni, è nato un clima di reciproca fiducia e una serie di
buone pratiche tra Mediatori Interculturali e gli operatori della Pubblica
Sicurezza in ambito lavorativo.
Il 30 giugno una lettera inviata dagli uffici del Ministero dell’Interno
comunicava l’improvvisa e immediata sospensione del servizio di mediazione
interculturale. Dal primo luglio circa 300/350 colleghe e colleghi sono rimasti
a casa e da allora non si ha nessuna indicazione sulla eventuale riattivazione
del servizio. Questa situazione svilisce la nostra professionalità. Dopo anni
di servizio e di impegno siamo rimasti da un giorno all’altro senza lavoro e
senza alcuna informazione sul nostro futuro. Da anni supportiamo gli uffici
immigrazione spesso in condizioni di precarietà e instabilità contrattuale.
Eppure non abbiamo mai fatto mancare il nostro quotidiano impegno. Siamo
lavoratori e lavoratrici come tutti e tutte le altre. Abbiamo famiglie da
mantenere, bollette da pagare, case da portare avanti. Meritiamo chiarezza e
rispetto.
Pertanto, a nome dei mediatori interculturali operanti presso gli Uffici
Immigrazione delle Questure, negli Uffici di Frontiera, nei CPR e nei vari
hotspot distribuiti sulla Penisola, veniamo con la presente a chiedere
l’immediato e rapido ripristino del servizio di mediazione
linguistico-interculturale in tutte le sedi appartenenti al Dipartimento della
Pubblica Sicurezza, dove erano operanti i mediatori interculturali. Chiediamo
la salvaguardia dei livelli occupazionali precedenti. Inoltre, riteniamo
necessario che si apra nuovamente un tavolo di discussione sul riconoscimento
della figura del Mediatore Interculturale, in modo da accedere alla
contrattazione collettiva sul lavoro.
Crediamo che siano maturi i tempi per rompere il silenzio intorno alla
nostra situazione lavorativa. La nostra professionalità necessita di un
riconoscimento formale, di garanzie e di tutele.
Certi di un Suo riscontro, Le inviamo un sincero saluto
CLAP – Camere del Lavoro Autonome e Precarie
Coordinamento dei Mediatori Interculturali d’Italia
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