domenica 10 luglio 2022

Sanità verso la privatizzazione: se tre indizi fanno una prova - Ivan Cavicchi

 

Con la scusa della semplificazione, senza che Speranza abbia detto una sola parola, ho paura che sia in atto un tentativo di accrescere tout court i profitti della sanità privata ma in ragione di una partita di giro a scapito della sanità pubblica.

Nel mio precedente articolo ho parlato di “futuro contingente” della sanità cioè di un futuro quasi predestinato perché deciso praticamente ex ante dalla politica di Speranza con le sue scelte.

Per cultura non sono fatalista e alla predestinazione, quindi alla fatalità, credo poco anzi proprio come Primo Levi sono convinto che l’uomo sia il “fabbro di se stesso”.

Vorrei riflettere su tre cose della sanità che “puzzano” di destino e che sono:

– il decreto per la semplificazione appena approvato dal governo (D.L 21 giugno 2022, n. 73)

– la proposta di una legge quadro per il regionalismo differenziato

– la sentenza del consiglio di Stato che boccia alcune disposizioni contenute nella missione 6 del PNRR.

 

Semplificazione o privatizzazione?

Con la scusa della semplificazione, senza che Speranza abbia detto una sola parola, ho paura che sia in atto un tentativo di accrescere tout court i profitti della sanità privata ma in ragione di una partita di giro a scapito della sanità pubblica

Attualmente l’esenzione Iva per le prestazioni sanitarie è solo per quelle rese dai professionisti sanitari e dalle strutture pubbliche e convenzionate.

Con il decreto n°73 l’esenzione si estende anche alle strutture private è l’iva viene ridotta dal 22% al 10 %. Davvero un bello sconto. E’ indubbio che questo foraggiare il privato con trattamenti fiscali di favore (ricordo che ancora oggi le nostre assicurazioni private ricevono dalla Stato incentivi fiscali che sono stati calcolati nell’ordine di 6 mld) ha un grande costo. Ed è indubbio che il finanziamento di questa strana semplificazione sarà la sanità pubblica a pagarlo.

Il suo costo, come precisa lo stesso decreto, è valutato “in 12,3 milioni di euro per l’anno 2022 e 21 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023”. Si tratta di un costo del tutto inutile e non necessario e se pensiamo ai guai finanziari che aspettano la sanità del tutto insensato. Per foraggiare il privato si provvede nei fatti a ridurre il Fondo per interventi strutturali di politica economica. Mi sembra una follia e una sciocchezza.

Mi chiedo se Speranza è a conoscenza di questa subdola forma di privatizzazione del pubblico e se lo è mi chiedo perché non si è opposto.

 

Verso una legge quadro sul regionalismo differenziato

Da quello che abbiamo capito soprattutto da quanto dichiarato in parlamento dal ministro degli affari regionali, onorevole Gelmini, (QS 29 giugno 2022) il regionalismo differenziato (progetto nefasto di controriforma dell’attuale SSN che ricordo nasce dalle smanie secessioniste delle regioni del nord) nonostante sia stato messo in crisi dalla pandemia, avrà la forma addirittura di una legge quadro.

La questione, come immagino sappia Speranza, è stata inserita già fra i collegati alla manovra di bilancio, perché il governo ritiene evidentemente con il consenso di Speranza, che la richiesta da parte delle regioni di maggiore autonomia sia più che mai giustificata. Speranza conferma o smentisce?

Non voglio farla lunga a parte ricordare che la base ideologica per fare questa controriforma sono i famosi costi standard e dire che tutte le giustificazioni addotte dal governo, di cui, ripeto fa parte Speranza, dire che sono fuffa è dire poco. In realtà con questa non meglio definita legge quadro si tratta di camuffare quello che per certi versi è un colpo di mano ai danni del SSN.

Ma proprio perchè abbiamo a che fare con un pesante colpo di mano sono rimasto sorpreso che Speranza anziché chiarire a Draghi il suo dissenso, quindi fare una battaglia politica nel governo ha di fatto delegato i propri parlamentari a presentare una interrogazione rivolta alla Gelmini (prima firma Federico Conte).

Chiedo scusa ma su una questione del genere far presentare da terzi una interrogazione anziché fare una battaglia in prima persona, è proprio un tentativo miserevole di salvare la faccia. Mi chiedo come fa Speranza a parlare in ogni convegno di diritto alla salute, di universalismo, di sanità pubblica, senza smarcarsi dal contro riformismo della lega e del PD?

Anche se la domanda vera dovrebbe essere un’altra: come fanno tutti coloro che invitano Speranza ai loro congressi e che si sono pronunciati contro il regionalismo differenziato a farsi prendere così per i fondelli da Speranza. Ma forse per gli opportunisti cioè per chi è abituato a baciare basso la dignità non è più un valore.

 

La sentenza del Consiglio di Stato

Questa sentenza ha dato ragione a chi, come me, ha sostenuto nei suoi articoli precedenti (QS 13 giugno 2022) che nel PNRR vi sono oggettivamente scelte politiche apertamente deregolatorie cioè volte a ridiscutere arbitrariamente certe norme dello Stato e apertamente contro-riformatrici.

Il punto messo ben a fuoco da alcuni (Pizza ad esempio QS 30 giugno 2022) e del tutto ignorato e camuffato da altri (Maffei 1 luglio 2022) non è il merito tecnico dei provvedimenti quindi non è se sia opportuno o no fare certe cose ma è:

– se le cose che si vuole fare sono previste dagli ordinamenti disponibili o no

– se nel caso non lo fossero quale metodo “democratico” servirebbe per decidere come cambiare le regole.

Carlo Pizza suppongo che avrà le sue opinioni nei confronti delle misure di Speranza ma elegantemente non dice di essere in disaccordo tout court con questi provvedimenti ma salutando positivamente la sentenza del consiglio di Stato dice un’altra cosa: che è in disaccordo con chi decide di cambiare le regole e praticare la deregulation fuori da un metodo democratico. Che a quanto pare è il metodo che al contrario difende sia Speranza che i suoi solerti apologeti come il nostro infaticabile Maffei. (Qs 1 luglio 2022)

 

La burocrazia non può decidere per la politica

Io in linea con G.C Pizza credo che le regole se serve si devono cambiare ma facendo bene attenzione a non delegare la burocrazia a fare il lavoro della politica. .

E’ del tutto evidente come si evince proprio dalla sentenza di cui stiamo parlando (altrimenti il Consiglio di Stato non si sarebbe scomodato) che certe misure tradiscono pregiudizi contro i medici e preferenze per altre professioni. Resta da capire se si possono cambiare le regole in sanità a suon di pregiudizi.

Ricordo che la sentenza del consiglio di Stato è intervenuta per redimere un conflitto di interessi e per chiarire ai deregolatori il quadro normativo di riferimento. Se Speranza avesse seguito correttamente il metodo democratico probabilmente non ci sarebbe stato nessun conflitto di interpretazione e quindi nessuna necessità di chiamare in ballo il consiglio di Stato.

 

Conclusioni

Quindi dai tre casi citati è come se il destino della sanità fosse quello ad andare incontro ad una sua radicale controriforma.

Ma se il destino non esiste e il problema non è la sfiga allora di che si tratta?

Incompetenza o cinismo? O tutte e due?

da qui

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