Un viaggio dentro gli spazi e la vita quotidiana di un istituto tecnico, dove le trasformazioni della scuola oggi sono tra le più avanzate: start up, alternanza scuola lavoro e innovazioni didattiche. La scuola del capitale umano è viva e prospera: gli insegnanti obbediscono e gli studenti imparano a diventare bravi imprenditori di se stessi
Il nuovo presidente dell’Argentina,
Milei, che con una motosega si appresta a tagliare dal tronco dello stato
argentino il ramo secco del Ministero dell’Istruzione, potrebbe apparire come
l’immagine simbolo delle politiche neoliberiste in materia di istruzione. In
realtà, è probabile che l’uscita del loco (così viene chiamato
in Argentina il nuovo presidente) non sia piaciuta affatto ai circoli
neoliberisti globali, probabilmente meno emotivi e improvvisati quando si
tratta di intervenire in ambito pubblico. La motosega di Milei rischia di
tagliare, insieme ad alcuni posti al ministero, un bel po’ di profitti, ma
rischia soprattutto di interrompere processi di formazione di un nuovo tipo di
soggettività: l’individuo isolato che si costruisce come capitale umano e
imprenditore di se stesso.
Questo testo
non intende riprendere analisi approfondite sulle politiche globali e locali
che da decenni investono il mondo dell’istruzione. Molti studiosi e attivisti
hanno già investigato l’intreccio tra le elaborazioni teoriche degli economisti
neoliberisti (Friedman e scuola di Chicago e, prima di loro, von Hayek e von
Mises), le proposte di organismi internazionali come WTO e UNESCO e le
politiche dell’UE e di singoli stati (Italia compresa) in materia educativa. In
sintesi, le trasformazioni della scuola pubblica possono essere riassunte in
questi punti: (a) istruzione pubblica come mercato da inondare di prodotti
tecnologici per la didattica, (b) luogo privilegiato dove costruire la
soggettività necessaria al nuovo mercato del lavoro e alla nuova società e (c)
ambito dove sperimentare la trasformazione del pubblico in privato.
Per
comprendere come questo processo si declini concretamente, intraprendiamo un
breve viaggio dentro gli spazi e la vita quotidiana di un istituto tecnico,
dove la sperimentazione neoliberale è più avanzata.
La
formazione dei docenti: consumatori di merci educative e addestratori di
competenze
Dal 2015, i
docenti sono obbligati a seguire attività formative. Dopo la pandemia COVID-19,
ingenti fondi pubblici sono stati destinati alla formazione. Il Ministero
dell’Istruzione ha creato la piattaforma Scuola Futura, che offre corsi di
formazione online e in presenza.
La
piattaforma è pubblica, per cui i corsi sono visibili a chiunque, mentre
l’iscrizione è consentita solo ai docenti. Andiamo a guardare l’elenco dei
corsi e soffermiamoci, ad esempio, su un percorso formativo dal titolo
accattivante: METALEARNING Education. Modelli di didattica innovativi:
esempi applicativi[1]. Il nome generale del ciclo formativo
rivela l’orientamento della formazione verso il meta-learning ovvero imparare
a imparare, una delle competenze chiave globali. Apprendere ad apprendere,
ovviamente, è un aspetto importante del complesso processo di apprendimento di
una persona, ma lo è se non viene separato dai contenuti. Questo approccio
sposta l’attenzione dal contenuto alla forma, concentrandosi sulle strategie di
apprendimento cognitivo dello studente. Per questo, come afferma Moos nel suo
saggio Neo-liberal Governance Leads Education and Educational
Leadership Astray[2],
non servono più i libri di testo. E, al limite, non serve neanche più
l’insegnante.
Il corso
specifico, Modelli di didattica innovativa, si focalizza su
tecnologie digitali e metodologie, includendo temi come Learning Management
System, hackathon, gamification e piattaforme basate sull’intelligenza
artificiale. L’enfasi sugli strumenti tecnologici, sulle metodologie aziendali
come l’hackathon e l’uso di linguaggio imprenditoriale (recruitment)
esplicitano una chiara impronta neoliberale.
La
didattica: il supermercato, il mercato del lavoro e l’imprenditore di se stesso
Negli
istituti tecnici, si assiste a una trasformazione significativa della
didattica. Le discipline tradizionali cedono ore a formatori esterni, spesso
dipendenti di aziende private, per attività finalizzate all’acquisizione di
competenze di base. Questa modifica, chiamata curvatura (“flessibilità
nell’adeguamento dell’offerta formativa” è scritto all’art. 26 del DL n. 144)[3],
riflette un cambiamento nell’impianto pedagogico della scuola verso una
didattica delle competenze orientata alle necessità del nuovo mercato del
lavoro.
Le
competenze chiave promosse dall’UE includono: competenza alfabetica funzionale,
multilinguistica, matematica e in scienze/tecnologie/ingegneria, digitale,
personale/sociale e capacità di imparare a imparare, in materia di
cittadinanza, imprenditoriale, e in materia di consapevolezza ed espressione
culturali. Analizzando alcune competenze chiave (imprenditoriale, personale,
sociale e la capacità di imparare a imparare) alla luce della Raccomandazione
del Consiglio dell’UE del 28 maggio 2018, emerge l’intento di orientare
l’istruzione verso un obiettivo specifico. Come evidenziato da ricercatori come
Consoli e Ciccarelli, il sistema educativo non solo mira a fornire competenze
essenziali per un mercato del lavoro precario e in rapida evoluzione, che
richiede conoscenze minime e abilità di base, ma anche a formare individui come
imprenditori di se stessi, promuovendo una visione di sé come capitale umano.
Questo approccio enfatizza anche l’acquisizione di competenze emotive, quali
resilienza, adattabilità ed empowerment.
L’alternanza
scuola-lavoro, ora Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento
(PCTO), presenta una drammaticità che gli studenti del triennio conoscono bene.
Nel 2022, tre giovani (Giuliano De Seta, Lorenzo Parrelli e Giuseppe Lenoci)
sono morti in incidenti sul lavoro durante questa “formazione”, mentre i casi
non mortali sono stati 641 (dati dell’Autorità Garante per l’Infanzia e
l’Adolescenza). Negli istituti tecnici, le 150 ore di PCTO, descritte come
formative, spesso si riducono a lavoro gratuito, sottraendo tempo ad altre
discipline (come la storia) che potrebbero promuovere una critica consapevole
alla società invece di un adattamento passivo al mercato del lavoro.
La scuola si
è trasformata in un vero e proprio supermercato dell’educazione, con l’acquisto
di dispositivi digitali, piattaforme di e-learning e altri strumenti
tecnologici. L’ampio uso di piattaforme come Google Classroom e Microsoft Teams
solleva preoccupazioni sulla privacy e sull’estrazione di dati personali.
Infine,
l’orientamento scolastico, guidato da docenti formati come tutor, si concentra
sulla costruzione di un portfolio delle competenze degli studenti, finalizzato
a indirizzarli verso settori lavorativi specifici, rafforzando ulteriormente il
legame tra istruzione pubblica e impresa.
Riassumendo:
le studentesse e gli studenti sono visti dalla governance educativa neoliberale
che riforma i sistemi educativi come individui isolati dai quali può essere
estratta ricchezza facendogli consumare prodotti educativi ma soprattutto
facendoli vivere in maniera attiva (cioé creativa, coinvolta, ma non critica)
come soggetti-imprenditori dentro le regole dell’economia della promessa
contemporanea (Bascetta)[4].
I privati a
scuola o la scuola privata?
La scuola
pubblica è oggi un terreno frammentato, dove le influenze private si insinuano
sempre più profondamente, trasformando la natura stessa dell’educazione. Questo
processo è evidente sia nella gestione amministrativa, guidata dai principi del
New Global Management (NGM), sia negli investimenti, diretti verso una logica
di mercato che riduce l’istruzione a una funzione economica. Il NGM, infatti,
introduce tecniche di governance tipiche del settore privato, trattando la
scuola come un’azienda competitiva. Le risorse pubbliche, sia ordinarie che
straordinarie (come i fondi del PNRR), vengono amministrate con criteri
economici, allontanandosi dagli obiettivi educativi tradizionali.
Parallelamente,
il sistema scolastico si avvicina sempre più al mondo imprenditoriale,
spingendo gli studenti a concepirsi come futuri imprenditori. Questa ideologia
si concretizza in progetti come Start Up Your Life[5], A
scuola di start up[6],
e iniziative simili, dove formatori privati, finanziati con denaro pubblico,
sostituiscono i docenti durante le ore curricolari per promuovere l’idea di
avviare start up. Tuttavia, tale visione nasconde il dato che solo l’1% di
queste imprese riesce a consolidarsi sul mercato (CBInsight[7]).
E così, senza ormai che ci sia reazione alcuna (i sindacati confederali hanno
smesso da decenni di organizzare il personale della scuola e i sindacati di
base sono ancora più frammentati che nel passato), l’ideologia dell’individuo
imprenditore sta modificando la scuola in maniera strutturale. Ma il processo
di privatizzazione non riguarda solo le menti degli studenti (e, purtroppo,
sempre più anche dei docenti: si veda a questo proposito un percorso formativo
di Scuola Futura dal titolo Start up e innovazione nella scuola[8]),
anche gli spazi fisici della scuola riflettono questa commistione
pubblico-privato. Edifici scolastici già spesso inadeguati e fatiscenti vedono
alcuni spazi ristrutturati per soddisfare le esigenze di aziende private.
Questi ambienti, ben progettati e funzionali, contrastano nettamente con le
aree riservate agli studenti, suggerendo implicitamente che bellezza e qualità
siano prerogative del privato, mentre al pubblico rimangono decadenza e
grigiore.
Questa
fusione di spazi, tempi, risorse e attività tra pubblico e privato impoverisce
il patrimonio di conoscenze critiche degli studenti, privilegiando competenze
utili a un mercato del lavoro flessibile e precario. Si rafforza così un
modello sociale neoliberale, in cui gli studenti vengono formati non come
cittadini critici, ma come individui obbedienti e conformi, privati di ogni
aspirazione a costruire un senso collettivo e comunitario.
Cos’è
rimasto delle istanze democratiche: le assemblee
Il viaggio
si conclude con due ipotetiche assemblee. La prima assemblea, quella
studentesca, è spesso numerosa e a volte combattiva, con iniziative come le
occupazioni che si ripetono ogni anno da ottobre a dicembre. I collettivi
formulano rivendicazioni, a volte legate a questioni specifiche degli istituti,
altre volte più generali, come nei recenti appelli contro la guerra genocida di
Israele in Palestina. Tuttavia, faticano a generalizzare le lotte o a creare
alleanze oltre i confini scolastici. Un vero movimento studentesco non si vede
da anni, e sebbene si eviti il pessimismo legato all’individualismo favorito da
tecnologie e sistemi educativi pubblico-privati, la preoccupazione rimane.
L’assemblea
del personale scolastico appare ancora più scoraggiata: poco frequentata,
passiva e spesso complice nei processi di privatizzazione della scuola. Le
Rappresentanze Sindacali Unitarie, salvo eccezioni, sembrano strumenti delle
burocrazie sindacali e dei dirigenti scolastici, più che organi di
mobilitazione dal basso.
Entrambe le
assemblee avrebbero bisogno di un risveglio di dignità per valorizzare le
relazioni e la formazione critica delle singolarità[9],
contrastando il culto dell’individuo-imprenditore che sta minando le società
occidentali.
Note
[1] https://scuolafutura.pubblica.istruzione.it/archivio-corsi/70509a24-d9ae-bbfc-d2cd-5f45c355ca4f.html
[2] Moos, L. https://link.springer.com/chapter/10.1007/978-3-319-58650-2_2
[3] https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.versione=1&art.idGruppo=5&art.flagTipoArticolo=0&art.codiceRedazionale=22G00154&art.idArticolo=26&art.idSottoArticolo=1&art.idSottoArticolo1=10&art.dataPubblicazioneGazzetta=2022-09-23&art.progressivo=0#art
[4] Bascetta, M. https://www.euronomade.info/leconomia-politica-della-promessa/
[5] https://startupyourlife.engagebricks.com/
[6] https://www.schoolfactor.it/a-scuola-di-startup/
[7] https://www.cbinsights.com/research/venture-capital-funnel-2/
[8] https://scuolafutura.pubblica.istruzione.it/startup-e-innovazione-nella-scuola
[9] Singolarità vs individualismo https://operavivamagazine.org/singolarita-vs-individuo/
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