I ragazzi
che frequentano la scuola Penny Wirton,fondata da me e mia moglie Anna Luce Lenzi
per insegnare gratis la lingua italiana agli immigrati, sfuggono dalle guerre,
dalla miseria e dalla povertà. Se Aziz fosse rimasto in Afghanistan, dopo aver
perso i genitori sotto le bombe, per lui sarebbe stato impossibile sottrarsi al
reclutamento dei talebani; se Abdel non avesse lasciato le campagne sul Delta
del Nilo, il suo destino sarebbe stato quello di continuare a vivere accanto ai
pozzi, fra pecore e galline.
Discutere degli ultimi atti terroristici
parigini con questi piccoli profughi, ammesso e non concesso di riuscire a
superare le barriere linguistiche, serve più a noi, adulti occidentali, che a
loro, adolescenti islamici. Domandi a Moustafa, analfabeta nella lingua madre,
cosa ne pensa dei kamikaze e vedi che la sua faccia di scalcinato frugoletto si
trasforma d’incanto nel volto consapevole di un vecchio saggio.
Allora il discorso cambia e assume
un’altra piega. Il lavoro che si fa a scuola diventa l’avanguardia dell’opera
umana da compiere, il laboratorio antropologico della nuova Europa, il campo
della vera battaglia da vincere. Nel momento in cui Mamudu, spericolato
riassunto di uomo fatto, capace di attraversare il deserto del Sahara
agganciato al perno di un camion, regala a Ivana, la volontaria che gli ha
spiegato la differenza fra singolare e plurale, una mela scovata nella
frutteria di qualche amico bengalese, avviene una specie di miracolo: è come se
le acque uscite dagli argini, dopo aver distrutto le piantagioni alluvionate,
rientrassero nel letto del fiume; come se la lava incandescente del vulcano
piombata sulle abitazioni tornasse nelle viscere da cui è scaturita. Nella
nostra attività didattica, nata dal sogno di un’altra scuola, non ci sono né
classi, né voti, né burocrazie. Crediamo nell’azione a fondo perduto, a
prescindere dal riscontro diretto che ne potremmo ricavare.
Mohamed ed Elsayed, che erano stati così
difficili da tenere fermi dietro ai banchi, l’hanno capito, altrimenti non sarebbero
tornati a salutare le loro maestre a distanza di un anno: ne avevano avute
tante, ma è come se ne avessero conosciuta una soltanto. Hanno imparato
l’italiano? Sì e no. Ma questi frenetici lazarilli di terzo millennio, prima
ancora che per ricopiare gli esercizi sul quaderno, venivano alla Penny Wirton
con il desiderio di stare insieme a noi. Sappiamo che la natura umana possiede
una congenita malvagità di cui certo dovremmo contrastare in ogni modo la
perniciosa origine e le nefaste conseguenze, ma se non avessimo ugualmente
chiara la fiducia nella possibilità di volgere gli istinti più bestiali della
specie cui apparteniamo in una nuova prospettiva vitale non troveremmo nemmeno
la forza per metterci accanto ai nostri studenti; resteremmo chiusi dentro
casa, blindati come accaduto nei giorni successivi agli attentati.
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