Da almeno un anno e mezzo il Messico sta
attuando una repressione feroce contro i migranti che dal Centroamerica tentano
di raggiungere gli Stati Uniti, ma, quel che è peggio, sono gli stessi Usa a
finanziare il presidente Peña Nieto affinché vari norme sempre più restrittive
contro gli indocumentados. A sostenerlo non sono associazioni che
lavorano a fianco dei migranti, ma l’autorevole New York Times.
Nel
suo dettagliatissimo articolo pubblicato sul quotidiano newyorkese, la
giornalista Sonia Nazario, già vincitrice del Premio Pulitzer, sottolinea il
finanziamento per decine di milioni di dollari proveniente dalla Casa Bianca e
diretto in Messico. Del resto, che la polizia messicana, soprattutto quella
migratoria, vada piuttosto per le spicce è risaputo, così come è ormai
conosciuto a livello mondiale il dramma dei migranti che cercano di raggiungere
il sogno americano dall’America centrale e dal Sudamerica, ma la situazione è
ulteriormente peggiorata. Di recente, denuncia Sonia Nazario, alcuniindocumentados arrestati dalla polizia messicana
durante la traversata sono stati assassinati, vittime delle maras dalle
quali erano scappati in Centroamerica o dei cartelli della droga. Gli Stati
Uniti hanno appaltato la questione migratoria al Messico, che svolge il lavoro
sporco per salvaguardare la fortezza a stelle e strisce. Inoltre, ilNew York Times riporta anche il parere di alcuni
attivisti per i diritti umani, secondo i quali la Casa Bianca sta patrocinando
la caccia ai migranti in Messico per evitare che arrivino in territorio Usa.
Obbligare i migranti a tornare nei paesi del triangulo norte(Honduras,
El Salvador, Guatemala) equivale a condannarli a morte: negli ultimi due anni
una parte consistente di migranti deportati dagli Stati Uniti e dal Messico
sono stati assassinati. Hermanos en el Camino, organizzazione cristiana che
cerca di accogliere i migranti in transito dal Messico agli Usa, segnala che le
sue strutture, un tempo utilizzate dagli indocumentados per una breve sosta rifocillatrice,
sono divenuti dei veri e propri campi di rifugiati: gli immigrati vi restano
per mesi in attesa di un visto o dell’asilo politico da parte del Messico per
poter continuare il loro cammino verso nord. Dal luglio 2014 il Messico ha
spiegato tra i 300 e i 600 agenti negli stati di frontiera ed ha condotto
almeno ventimila incursioni militari sulla Bestia, il treno merci su cui
viaggiano i migranti, nelle stazioni degli autobus, ma anche nelle case dei
migranti, che dovrebbero essere un porto franco e che invece, di recente, hanno
subito numerosi assalti polizieschi in pieno stile paramilitare. L’aumento
della repressione ha obbligato i migranti ad intraprendere viaggi sempre più
rischiosi e spesso in zone isolate, il che rende più difficile svolgere
attività di soccorso. Un altro ostacolo è rappresentato dalla concessione
dell’asilo. Coloro che sono arrestati dalla polizia migratoria e in attesa di
processo possono attendere anche anni in carceri popolati da topi e dove il
cibo è scadente: sono pochissimi quelli che alla fine riescono ad averla vinta
e ad ottenere la concessione dell’asilo. In tutto questo svolgono un ruolo
preponderante il Plan Frontera Sur e il Plan Maya-Chortí, entrambi benedetti da
Obama. Ufficialmente, il Plan Frontera Sur è stato varato per risolvere
l’emergenza di migliaia di giovanissimi che cercano di oltrepassare la
frontiera senza l’accompagnamento di un adulto, fermare la tratta di esseri
umani, concedere visti umanitari e combattere il narcotraffico. Obama si è
riunito con gli impresentabili presidenti di Messico, Honduras e Guatemala, ma
dal Plan Frontera Sur è derivata solo una maggiore criminalizzazione dei
migranti in transito. La crescita del numero di uomini di esercito e polizia
schierati alla frontiera non ha fatto altro che aumentare i casi di assassinio,
violenza sessuale nei confronti delle donne ed altre violazioni dei diritti
umani, un settore in cui i militari messicani sono purtroppo specializzati. Il
tutto, ovviamente, nella più totale impunità. Non solo: in alcuni casi sono le
stesse autorità messicane a chiedere un riscatto alle famiglie degli indocumentados che
risiedono negli Stati Uniti e che, molto spesso, dopo il versamento della somma
richiesta, finiscono comunque per essere desaparecidos. Per
le associazioni che si occupano della tutela dei migranti pare che la
presidenza Obama sia quella che ha deportato il maggior numero di indocumentados nella
storia degli Stati Uniti. Ancora peggiore è il Plan Maya-Chortí, tramite il
quale la Casa Bianca finanzia regimi dittatoriali come quello guatemalteco e
honduregno per fermare i migranti che fuggono dalla violenza di stato e delle maras di
questi paesi per raggiungere gli Usa: si tratta di persone a cui i loro stessi
stati impediscono il diritto di migrare e, di questo passo, c’è il rischio che
le fosse clandestine non siano più solo in Messico, ma anche in Guatemala,
Honduras ed El Salvador. Grazie al Plan Frontera Sur e al Plan Maya-Chortí le
pattuglie di frontiera degli Stati Uniti lavorano molto meno di quelle
messicane, a cui è stato del tutto appaltato il respingimento dei migranti.
Infine, sono molto pochi gliindocumentados che,
una volta arrestati, hanno la possibilità di raccontare la propria storia alle
autorità messicane e, quindi, ottenere asilo: a sostenerlo sono gli avvocati
che si occupano di tutelare i diritti dei migranti, aggiungendo che i presunti
piani del governo messicano per tutelarli li costringono in realtà a cercare
rotte sempre più pericolose.
Sequestri,
tratta di persone e di organi e violenze di ogni tipo proseguono nella più
completa impunità, ma, ciò che è peggio, con il consenso della autodichiaratasi
maggiore democrazia del mondo che viene a patti con alcuni tra i peggiori
governanti nella storia del Centroamerica.
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