Il mondo ha realizzato che esiste
l’emergenza rifugiati
Ci sono più rifugiati ora di qualsiasi altro momento
storico dopo la fine della seconda guerra mondiale, il numero è cresciuto tre
volte dal 2001. Eppure il problema viene trattato come se fosse qualcosa che
accade oggi, che è iniziato ieri, mentre invece questo fenomeno sta andando
avanti da lungo tempo, da quando (pensateci) la guerra continua e disseminata è
divenuta la strategia, la leva per smuovere e ricostruire equilibri ed
interessi. Ciò che vediamo oggi sugli schermi delle nostre televisioni è morte,
disperazione e miserie cresciute costantemente negli ultimi decenni: decine di
milioni di persone che abbandonano e hanno abbandonato la loro casa e il loro
paese alla ricerca di un futuro incerto, nebuloso ma sempre comunque meglio della
morte e del nulla in cui intere popolazioni vivono da almeno vent’anni.
Pensiamo forse che il problema dei rifugiati inizi e finisca dove inizia e
finisce la fila delle persone che attraversano le frontiere? Quelle file
chilometriche sono solo un sintomo di una molto più ampia e profonda, brutale
realtà. Una realtà che, purtroppo, l’aiuto umanitario non basterà a cambiare.
Chi lascia oggi il proprio paese deve
affrontare molti più pericoli di quanti gliene si potevano parare davanti
vent’anni fa, eppure i flussi divengono sempre più imponenti.
Ma perchè milioni di persone lasciano i
loro paesi? Nella maggior parte dei casi, nei luoghi da cui questa gente
proviene impera la distruzione portata dalle guerre e nella maggior parte di
queste guerre l’Occidente ha un ruolo di primo piano, diretto o indiretto.
Eppure la stragrande maggioranze degli occidentali si ostina a non vedere. Ci
sono interi paesi e intere popolazioni sotto le bombe, dove si vive con il
coprifuoco, con i cecchini, senza acqua e corrente elettrica, senza cibo e con
negli occhi solo violenza, che non risparmia nemmeno i bambini perchè non c’è
scrupolo alcuno in ciò che accade. Ed ecco allora che fiumane di persone
arrivano dall’Africa sub sahariana come Somalia, Sud Sudan, Nigeria, Repubblica
Centrafricana e Congo, e poi ancora dal Medio Oriente come Siria, Libia e Iraq.
Quando si leggono numeri con sei zeri la fatica maggiore che si fa è
riconoscere in essi degli esseri umani, degli individui con speranze, emozioni,
affetti, paure, sogni. Si rischia di essere travolti dalla potenza dei numeri e
vedere solo quelli. E’ quello che succede a molti.
«A me viene facile pensare che i fomentatori delle guerre, realizzando i loro
piani imperialisti e di destabilizzazione mondiale, sappiano bene cosa stanno
facendo e le conseguenze» ha detto il corrispondente dall’Europa del The
Greanville Post, Gaither Stewart. «In gran parte l’Europa è già in
uno stato di vassallaggio nei confronti della potenza
capitalistico-imperialista che è l’America» ha aggiunto. «E con queste ondate
migratorie lo potrà diventare ancora di più e più facilmente», più schiacciata,
più impressionabile, più confusa, più controllabile.
Si è di fronte ad un esodo di massa di
proporzioni epocali e non sono pochi i cittadini europei che si rendono conto
delle implicazioni di quanto accade e molti fanno tanto anche individualmente
per dare una mano. Ma l’Europa è piccola e affollata e la maniera in cui
gestirà questa disperazione e questa miseria sarà la misura della sua moralità
e della sua ipocrisia. Le cause di quanto sta accadendo sono da ricercare nelle
guerre continuamente alimentate dalle potenze imperialiste occidentali e poco
risolverà andare a bombardare l’Isis a casa sua, creatura creata grazie proprio
al denaro americano. Allora, se si affronta “l’emergenza profughi”, è bene
prendere atto di ciò che ci sta dietro e agire di conseguenza con scelte di
coerenza che condannino i veri responsabili e tolgano il fiato a chi soffia
sulle braci.
Rifugiati: chi semina vento, raccoglie uragani
Si pensava che nella nostra culla dorata fossimo
al sicuro, che le tragedie non ci riguardassero, che la disperazione fosse
lontana, distante, che appartenesse ai soliti sfigati del pianeta. Nelle nostre
belle casette, sulle nostre automobili, nelle nostre città luccicanti, sulle
spiagge dove facciamo il bagno, niente potesse disturbarci, venirci a fare
presente qualcosa di scomodo che non vogliamo vedere. Si riteneva che i nostri
governi con i loro fantocci, potessero pensare a tutto, evitarci problemi, preservarci
da ogni effetto indesiderato. E invece eccola
qui piombarci in casa la disperazione, la
sofferenza, la morte che da bravi occidentali figli del sistema della crescita
e devastazione, abbiamo esportato in tutto il mondo. Eccola venire a bussare
alla porta e se non rispondiamo, questa massa di persone, la porta la sfonda,
inizia bibliche marce di centinaia di chilometri travolgendo confini, muri,
fili spinati. Persone che ci appaiono in tutta la loro visibilità, la loro
scomodità all’ora di pranzo e cena, nei momenti meno consoni per la nostra
ligia tranquillità familiare costruita sull’indifferenza, il tornaconto e un
razzismo strisciante. Poveri illusi, pensare di esportare disperazione e
sfruttamento ovunque e sperare che non sarebbe mai tornato indietro nulla,
sperare che i disperati si volatilizzassero, che tutti affogassero in mare, che
venissero stritolati o asfissiati dai Tir in marcia ai nostri confini. Ma la
disperazione che abbiamo generato è così tanta e così profonda che non
basteranno mari, confini, interi eserciti e tutte le polizie del regno, a
contenerla. E siamo solo all’inizio, il Pentagono stesso ci dice che per i
prossimi venti anni la situazione sarà così. Non riusciamo a capire cosa fare
ora, figuriamoci cosa succederà per i prossimi venti anni. E il Pentagono non
calcola nemmeno i milioni di rifugiati climatici che ci attendono. Le
“magnifiche sorti e progressive” mostrano il conto e sarà salatissimo.
Un bambino siriano in una delle interviste
ai rifugiati in Ungheria, lo diceva chiaramente: se fermate la guerra ce ne
stiamo a casa nostra. E infatti, chi sano di mente, in un paese pacifico,
dove si vive dignitosamente, dove c’è libertà e non gli cascano bombe sulla
testa, se ne andrebbe a cercare morte, umiliazione, botte, sofferenza, disagi
di ogni tipo, pur di scappare da una situazione drammatica. Chi lo farebbe?
Solo chi non ha altra possibilità. Ma a noi tutto ciò interessa poco,
l’importante è che non si interrompa lo shopping, i disperati non ci diano
troppo fastidio, non spaccino, poi che muoiano pure da qualche parte e
chissenefrega.
Si potranno trovare delle soluzioni a
questa situazione solo attraverso una completa revisione di valori e
organizzando la società in modo diverso, smettendo di sfruttare e bombardare
questi popoli e smettendo di fargli credere che qui ci sia l’Eldorado, un
Eldorado falso e fatto di depressione. Un Eldorado dove la gente è così
entusiasta di viverci che non ci fa più nemmeno figli e le varie popolazioni di
“ariani” occidentali si vanno ad estinguere. Se non ci fossero i disperati con
la loro prolificità, nel nostro paese saremmo già ad un saldo sottozero fra
nascite e morti. Non si può richiudere il vaso di pandora che noi
stessi abbiamo creato e aperto, adesso niente fermerà chi fugge dal dolore. Non
li fermerà il razzismo al servizio di chi vuole solo usare queste persone
per ottenere potere, non li fermerà il menefreghismo di chi vorrebbe continuare
ad ingozzarsi infischiandosene di tutto e di tutti, anche perché le vittime del
suo ingozzarsi stanno venendo a riprendersi a casa sua quello che a loro gli è
stato tolto. Cosa si vuole fare, iniziare ad armarsi e a sparare a
bambini, donne e gente inerme che preme ai confini? Sperare che i paesi
“ricchi” assorbano loro tutti i disperati? Che ci si provi a dire
che non ce ne abbastanza per tutti, che ci si provi a dire che non si sa come
fare: siamo il regno assoluto dello spreco, delle milioni di case vuote, dei
soldi buttati, rubati sempre e comunque, delle terre incolte ovunque, dei
migliaia di paesi abbandonati che non aspettano altro che rivivere. Di fronte a
tutto ciò, parafrasando Gandhi si può affermare che nel mondo c’è abbastanza
per tutti ma non per l’ingordigia di pochi e quei pochi, siamo noi.
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