Ayer me mataron - Guadalupe Acosta
Me negué a que me tocaran y con un palo me reventaron el
cráneo. Me metieron una cuchillada y dejaron que muera desangrada.
Cual desperdicio me metieron a una bolsa de polietileno
negro, enrollada con cinta de embalar y fui arrojada a una playa, donde horas
más tarde me encontraron.
Pero peor que la muerte, fue la humillación que vino
después.
Desde el momento que tuvieron mi cuerpo inerte nadie se preguntó donde estaba el hijo de puta que acabo con mis sueños, mis esperanzas, mi vida.
No, más bien empezaron a hacerme preguntas inútiles. A mi, ¿Se imaginan? una muerta, que no puede hablar, que no puede defenderse.
Desde el momento que tuvieron mi cuerpo inerte nadie se preguntó donde estaba el hijo de puta que acabo con mis sueños, mis esperanzas, mi vida.
No, más bien empezaron a hacerme preguntas inútiles. A mi, ¿Se imaginan? una muerta, que no puede hablar, que no puede defenderse.
¿Qué ropa tenías?
¿Por qué andabas sola?
¿Cómo una mujer va a viajar sin compañía?
Te metiste en un barrio peligroso, ¿Qué esperabas?
Cuestionaron a mis padres, por darme alas, por dejar que
sea independiente, como cualquier ser humano. Les dijeron que seguro andabamos
drogadas y lo buscamos, que algo hicimos, que ellos deberían habernos tenido
vigiladas.
Y solo muerta entendí que no, que para el mundo yo no soy
igual a un hombre. Que morir fue mi culpa, que siempre va a ser. Mientras que
si el titular rezaba fueron muertos dos jóvenes viajeros la gente estaría
comentando sus condolencias y con su falso e hipócrita discurso de doble moral
pedirían pena mayor para los asesinos.
Pero al ser mujer, se minimiza. Se vuelve menos grave,
porque claro, yo me lo busqué. Haciendo lo que yo quería encontré mi merecido
por no ser sumisa, por no querer quedarme en mi casa, por invertir mi propio
dinero en mis sueños. Por eso y mucho más, me condenaron.
Y me apené, porque yo ya no estoy acá. Pero vos si estas.
Y sos mujer. Y tenes que bancarte que te sigan restregando el mismo discurso de
"hacerte respetar", de que es tu culpa que te griten que te quieran
tocar/lamer/ chupar alguno de tus genitales en la calle por llevar un short con
40 grados de calor, de que vos si viajas sola sos una "loca" y muy
seguramente si te paso algo, si pisotearon tus derechos, vos te lo buscaste.
Te pido que por mí y por todas las mujeres a quienes nos
callaron, nos silenciaron, nos cagaron la vida y los sueños, levantes la voz.
Vamos a pelear, yo a tu lado, en espíritu, y te prometo que un día vamos a ser
tantas, que no existirán la cantidad de bolsas suficientes para callarnos a
todas.
Ieri mi hanno assassinata - Guadalupe
Acosta
Ho impedito che mi toccassero e con un bastone mi hanno
bucato il cranio. Mi hanno dato una coltellata e hanno lasciato che morissi
dissanguata. Come immondizia mi hanno messo in una sacco
di plastica nera, avvolta con del nastro adesivo e lasciata su una
spiaggia, dove mi hanno trovata ore più tardi".
"Ma peggio
della morte è stata l'umiliazione che è venuta dopo", continua
Guadalupe. Perché per Maria Coni e Marina Menegazzo,
morte a 22 e 21 anni, non c'è stata alcuna pietà nel giudizio,
nemmeno davanti a tanta violenza: volontarie di un'associazione in
vacanza in Ecuador e senza soldi, le due ragazze nel febbraio scorso hanno
accettato l'ospitalità di due uomini che le hanno uccise poche ore più tardi,
abbandonandone poi i corpi in un sacco di plastica in spiaggia.
"Dal momento che hanno ritrovato il mio corpo senza
vita - denuncia Guadalupe - nessuno si è chiesto dove fosse il figlio di
puttana che ha spento i miei sogni, le mie speranze, la mia vita. No,
hanno invece iniziato a farmi domande inutili. A me, ve lo immaginate? Una
morta che non può parlare e che non può difendersi. Come eri vestita? Perché
eri sola? Perché una donna viaggiava senza accompagnatore? Sei andata in un
quartiere pericoloso, cosa ti aspettavi? Hanno attaccato mio padre per avermi dato le
ali, per aver lasciato che fossi indipendente come qualunque altro essere umano. Gli
hanno detto - continua - che sicuramente ci stavamo drogando e che ce la siamo
andata a cercare, che abbiamo fatto cose sbagliate, che avrebbe dovuto
sorvegliarci. E solo da morta ho capito che per il mondo io
non sono uguale a un uomo. Che morire è stata una mia colpa, che lo sarà sempre.
Che se a morire fossero stati due maschi la gente avrebbe espresso le sue
condoglianze e con discorsi falsi e ipocriti da doppia morale avrebbe chiesto
pene più dure per gli assassini".
"Ma essendo una donna - scrive la studentessa - si
minimizza. Diventa meno grave perché certamente me la sono andata a cercare. Facendo quello che volevo ho avuto quello che meritavo per non essermi
sottomessa, per non essere restata a casa mia, per aver investito i miei
soldi nei miei sogni. Per questo e per molto di più mi hanno condannata".
"Ti chiedo - conclude il durissimo post che ha
raccolto migliaia di condivisioni - per me e per tutte le donne che hanno fatto
tacere, che hanno zittito, a cui hanno tolto la vita e i sogni, di alzare la voce. Combattiamo, io al tuo fianco, nello spirito, e ti prometto che un giorno diventeremo così tante che non esisteranno
sacchi sufficienti per zittirci tutte".
#viajosola - Michela Angius
#viajosola esprime un concetto chiaro: le donne devono
poter essere libere di vivere la propria vita in autonomia. Pur essendo un’idea
semplice, la realtà che ci circonda é ben diversa. Nel 2016 le donne sono
ancora colpevolizzate per una molteplicità di cose di cui non hanno nessuna
responsabilità, proprio come é accaduto alle due turiste argentine uccise
barbaramente in Ecuador.
Ma la storia viene sempre capovolta. Le vittime
diventano se non veri e propri carnefici, almeno quelle che, in un modo o
nell’altro, hanno provocato il crimine. E cio accade ancora di piu se il
crimine coinvolge le donne. Secondo molte persone le due ragazze argentine
sarebbero state colpevoli di viaggiare da sole. In poche parole se la sarebbero
andata a cercare. Esiste un’altra faccia della medaglia per cui il viaggiare,
da esperienza di arricchimento, si trasforma in qualcosa da cui si origina il
male. Ma quale male?
Viaggiare riempie la mente di luoghi e di persone. É
solo quando ci immergiamo in un luogo sconosciuto che riusciamo a cogliere
anche le piú piccole sfumature di una certa cultura. Il mondo con tutta la sua
varietà di persone é lí alla portata di tutti. Fare le valigie, salire su un
treno mossi dalla curiositá verso l’altro esprime una straordinaria voglia di
conoscenza e un senso di libertá totale. Libertá che devono poter avere anche
le donne che decidono di viaggiare da sole.
Cosi come le donne dovrebbero avere tutte quelle
libertá generalmente concesse agli uomini senza essere continuamente giudicate
per le loro scelte. Dovrebbero poter essere libere di rientrare a casa la sera
senza essere importunate, dovrebbero essere libere di scegliere cosa indossare
senza pensare che una minigonna o un top possa scatenare pensieri violenti o
perfino omicidi, dovrebbero poter essere libere di esprimere le loro idee e
vivere la propria vita coerentemente con esse senza doversi continuamente
giustificare.
Perché altrimenti, proprio come é accaduto alle
due ragazze argentine, si viene uccisi due volte. La prima dalla mano
criminale, la seconda dalle allusioni degradanti che non hanno nessuna ragione
d’essere se non quella di umiliare ancora di piú le vittime e l’intero genere
femminile. E questo tragico evento é l’ennesima dimostrazione di quanto siamo
ancora culturalmente lontani dal vivere in una societá in cui alla donna venga
riconosciuto il diritto di pensare e agire liberamente.
La privazione delle libertá é un male quando colpisce
l’uomo, ma lo é ancora di piu se il suo bersaglio é la donna, ingiustamente
chiamata a dimostrare di essere più capace dell’uomo in tutti i settori della
vita. Le donne, noi donne dobbiamo per prime combattere contro questa idea
retrogada e sessista, allontanando quel senso di paura che alcuni subdolamente
vogliono farci provare per colpa delle nostre scelte. Ci meritiamo di essere
libere.
da qui
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