C’è una cosa
che ricordo bene dei miei anni da studente: il chiamare la polizia, il farla
intervenire dentro l’Università, era considerato il più alto e inconcepibile
dei tradimenti. Tanto è che, a fronte di occupazioni assai lunghe, di mesi, il
MR pro tempore mai ne fece ricorso: Felice Battaglia, Walter Bigiavi per una
breve parentesi, Tito Carnacini.
Questo modo
di sentire, evidentemente condiviso tra studenti e rettori, ha radici
antichissime. Che certo un filosofo del diritto della statura di Battaglia ben
conosceva. Mi sembra di sentirlo ancora, Battaglia, spiegare il diritto
sussistente in Rosmini: la persona non “ha” diritto, bensì la persona “è”
diritto. Il “giure”, come lui era solito chiamarlo, come costitutivo
dell’essere persona.
Vediamole,
allora, queste radici. Assai antiche, la prima origine delle quali intrattiene
una stretta parentela proprio con l’Alma Mater. E converrà riandare ad un tempo
assai lontano, il tempo delle origini delle università occidentali. Nel cuore
del Medioevo.
La protezione dell’imperatore
Attorno al
1155, la data certa non è nota, Federico I Barbarossa promulga un atto che
segnerà fatti e comportamenti per secoli, e non solo per Bologna. Tale atto
prende il nome di Authentica Habita. Il termineAuthenticum viene
dalla scuola dei glossatori bolognesi, è attribuito allo stesso Irnerio: sta ad
indicare un provvedimento da aggiungersi al codice per eccellenza, quello di
Giustiniano.
Tale
dignità, collocata nella sua epoca, durante il Sacro Romano Impero, risulta
forse di difficile comprensione al lettore moderno: stiamo parlando del codice
che dà senso ad ogni autorità medievale, da cui discende l’esser “sacro”
dell’impero, quel testo che, per Dante, è vissuto come la matrice di ogni
possibile politica, del patto eterno tra Dio e l’uomo per la convivenza civile.
Bene, questo privilegium dato agli studenti bolognesi, ma
subito esteso alle università di tutto il mondo, viene aggiunto alle legge
giustinianee. Assurge cioè, da ordinamento giuridico, a legge sacra.
Studenti e docenti “esuli”
Il testo si
apre con una testimonianza di solidarietà per coloro che l’amore della scienza
“rende esuli”, e decreta la protezione dello stesso imperatore per studenti e
docenti.
“Questa
protezione si concretizzava nell’offerta di una serie di immunità, diritti, e
tutele, per il ceto magistrale e studentesco.
L’impianto
del provvedimento prevedeva:
1. immunità dall’esercizio del diritto
di rappresaglia (vale a dire quella norma consuetudinaria che permetteva la
rivalsa su un forestiero, o l’escussione dei suoi beni, al fine di trovare
trovare soddisfazione per un delitto compiuto da un suo compatriota o per un
debito non onorato);
2. immunità e libertà simili a quelle
detenute dal clero, a patto che gli studenti si conformassero a certi
requisiti, come l’indossare l’abito clericale;
3. (per i soli studenti) il diritto di
essere giudicati, a scelta, dai propri maestri o dal tribunale ecclesiastico
del proprio vescovo, anziché dalle corti civili del luogo di studio. Si tratta
del cosiddetto privilegium fori, secondo cui, facendo eccezione al
principio actor sequitur forum rei, la designazione del foro
competente spettava alla persona sottoposta a giudizio (pur sempre nei limiti
di scelta indicati: il foro privilegiato poteva essere avanti al tribunale
della propria diocesi o al proprio maestro). Si trattava della riproposizione
di un istituto già noto al diritto romanistico (e quindi ai giuristi bolognesi)
in quanto già incardinato nella costituzione imperiale Omnem di
Giustiniano, all’inizio del Digesto, che investiva i professori della scuola
Beirut, e i vescovi locali, della competenza a giudicare gli studenti;
4. diritto alla cosiddetta peregrinatio
academica, vale a dire libertà di stabilimento in ogni sede universitaria;
libertà di movimento e di viaggio, per motivi di studio e insegnamento (clerici
vagantes)”. (Da Wikipedia)
Chiaro spirito della legge
Depurato da
quanto appartiene al periodo storico come transeunte, il significato profondo,
quel che oggi spesso chiamiamo “spirito della legge”, appare assai chiaro. Non
si tratta di introdurre privilegi, ma di rendere efficace un ordinamento che
garantisca appieno una possibilità, quella di studiare. Evidentemente già il
Barbarossa aveva qualche dubbio sul fatto che con la cultura non si mangi. E
poi all’epoca in Italia non si facevano ancora i calzari più belli del mondo.
A proposito
della peregrinatio academica, della garanzia di libera mobilità e
di accesso alle fonti del sapere, viene qui da sorridere (o da piangere) a
paragone degli obblighi di dimora, arresti domiciliari, fogli di via così cari
alla contingenza presente.
E’ così che
si poterono formare, nelle sedi di studio, comunità di studenti e professori
che hanno forgiato lo stesso aspetto urbanistico delle città, con la creazione
di collegia, con luoghi devoluti ad ospitare la popolazione degli
studenti fuori sede, con la possibilità di darsi le proprie regole, di potere
accedere alle fonti della conoscenza, entro una società sempre più apertamente
cosmopolita. E qui Salvini si rode il fegato.
Antisommossa e manganelli
Un’ultima
notazione storica. Il provvedimento ha carattere tutt’altro che locale, ma
universale; anche da parte di chi non era precisamente allineato con gli
interessi imperiali, vennero emanati provvedimenti del tutto analoghi, quasi un
calco; vedi Filippo Augusto di Francia, circa cinquant’anni dopo, o papa
Gregorio IX. Si può concludere che la Authentica Habita determinò
l’archetipo di ogni successiva legislazione in materia di diritti degli
studenti.
Così nacque
la storia. Oggi vediamo la polizia in tenuta antisommossa, con i manganelli
alzati, entrare nelle sedi dell’università di Bologna. Non è che siamo tornati
al medioevo, magari!
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