sabato 21 dicembre 2024

Grande meraviglia - Viola Ardone

il dottor Meraviglia segue le tracce del dottor Basaglia, gli interessano i malati più della malattia.

il romanzo racconta la vita professionale e familiare di Fausto Meraviglia e del suo rapporto speciale con Elba, che ha vissuto in manicomio dalla nascita.

il libro è molto coinvolgente, non riesci a smettere, tutti i personaggi sono persone che fa proprio piacere conoscere.

cercatelo e godetene tutti.

buona lettura.

ps1: il libro me l'ha consigliato la direttrice (Nives) della banca dove ho il conto, grazie a lei per il consiglio di lettura.

ps2: una figlia di Fausto si chiama Vera, Vera Meraviglia si lamenta col padre per la scelta del nome; quando ero bambino ricordo un ragazzo un po' più grande che si chiama (o chiamava, chissà) Vero Porcu. I genitori dovrebbero stare più attenti alla scelta del nome dei figli.



 

 

…Leggere Grande Meraviglia scatena emozioni contrastanti.
Da un lato c’è la rabbia nel prendere coscienza dei trattamenti disumani effettuati all’interno del manicomio, come l’elettroshock e la violenza verbale, oppure per le cause fasulle di internamento che sono state accettate per tutto il ‘900. Sì, perché un uomo o una famiglia potevano decidere di far internare le donne per qualsiasi motivo: se parlavano troppo o quasi per niente, se mangiavano troppo o troppo poco, se tradivano o se i mariti volevano una scusa legale per divorziare. Questa non è finzione, tutt’altro. È una realtà esistita per decenni nel nostro paese. Pensate, quante donne hanno sofferto e sono state abbandonate all’interno dei manicomi solo perché desideravano esprimersi ed essere libere?

Noi matte siamo piante con le radici in vista, le dico, tutto quello che è sotto si vede da fuori: se abbiamo fame ne abbiamo troppa, se non ne abbiamo non mangiamo più, se siamo contente cantiamo e balliamo, se siamo tristi è come se fossimo morte da un pezzo. Se abbiamo un sospetto è già diventato realtà, se abbiamo paura, la paura è una porta spalancata sul vuoto. Se abbiamo voglia di parlare, le parole diventano un fiume, come me in questo momento. E se non ne abbiamo più voglia, allora punto e basta

Dall’altro lato c’è la tenerezza, perché nel libro traspaiono anche una gentilezza e un’umanità enorme. Elba è la vittima innocente di questa storia, nata e cresciuta in un manicomio nonostante fosse sana e indipendente. Lei non conosce il giudizio o la cattiveria, è un’anima pura e curiosa di tutto. È una figlia che ama la sua mamma incondizionatamente e che non si arrende mai nella sua ricerca per ritrovarla.

Il dottor Meraviglia incarna la volontà, l’intraprendenza e la bontà nonostante la sua grande dose di egocentrismo e stakanovismo (che causa l’allontanamento della sua famiglia). Meraviglia rappresenta il progresso per portare la libertà nella società, per liberare i “matti” dalla follia della reclusione e per iniziare la lotta contro la stigmatizzazione sulla salute mentale.

Essere capaci di cambiare qualcosa è un po’ come essere liberi.

Ciò che resta alla fine del romanzo è un insegnamento fondamentale: è importante riconoscere l’altro, sentire che esiste così come esistiamo noi e mettersi in ascolto. Perché infondo ogni storia e ogni vissuto meritano di essere ascoltati, senza giudizio. Solo così si può accedere alla grande meraviglia dell’umanità…

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esistono i matti e i «mica-matti», ovvero coloro che non sanno di esserlo. Attraverso la sua immaginazione reinventa, con filastrocche e giochi di parole, lo spazio che la circonda, dando a ogni cosa e persona un nome che la identifichi: «”suor Nicotina”, “Lampadina”, “Mastro Lindo”, “Mazzadiscopa”», e così via. L’unica occasione in cui scopre il mondo «al di là» del manicomio è quando a nove anni viene mandata a studiare dalle «Suore Culone» – come le chiama lei –, ma una volta ottenuta la licenza media, Elba decide di ritornare al Fascione per ricongiungersi con la madre, che però non la trova lì ad attenderla. La vita di Elba si intreccerà ben presto con il secondo protagonista di questo romanzo, Fausto Meraviglia, giovane e rampante psichiatra, d’ispirazione basagliana, che una volta arrivato al Fascione vorrà tirarla fuori di lì, insieme a tutte le altre pazienti internate, sostituendo ai metodi brutali della psichiatria tradizionale, l’interazione e l’inclusione sociale. Attraverso salti temporali, che ci condurranno sino al 31 dicembre 2019, e un’alternanza di prospettive e voci, quella di Elba e poi di Fausto, seguiremo il personale e intimo percorso di rivoluzione che ha, per entrambi, come unico vero scopo e traguardo la libertà…

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…Alcune pagine sono amare e dolorose, sebbene il romanzo non perda il carattere mite, tenue, delicato. Gli episodi sono osservati talvolta con ironia, altre con partecipazione, altre ancora con compassione… Mentre vediamo Elba e Meraviglia lottare, ognuno a suo modo, ci domandiamo: dov’è la follia? Qual è la soglia della libertà che non nuoce agli altri? Quanto siamo disposti a sacrificare per inseguire ciò in cui crediamo?

Due principi mi sono rimasti particolarmente impressi e condivido pienamente. Il primo prende in considerazione l’amore degli altri: non dobbiamo pensare che dipenda unicamente da noi. È una responsabilità che non possiamo avere, almeno non interamente.  La seconda riflessione è che cercare di salvarsi non può essere una colpa; ognuno di noi ha parti oscure, episodi difficili, idiosincrasie non risolte, sensi di colpa o vergogne. Vivere e cercare di essere felici, trovare la propria strada nel mondo, non è una mancanza verso coloro che non ce la fanno…

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venerdì 20 dicembre 2024

Valditara querela Lagioia, continua la guerra del governo agli intellettuali disallineati - Simone Alliva

 

Nelle stesse ore il ministro ha chiesto diecimila euro di risarcimento a Giulio Cavalli. L’elenco degli intellettuali colpiti per i loro giudizi si allunga: da Raimo a Canfora, da Montanari a Saviano, così i ministri combattono il dissenso a colpi di carte bollate

Zittire il dissenso. Ormai uno stile di casa del governo Meloni che punta a silenziare il semplice dovere di cronaca e diritto di critica. L’ultimo a farne sfoggio è stato il ministro all’Istruzione, Giuseppe Valditara che in un solo giorno ha fatto recapitare a due intellettuali, lo scrittore Nicola Lagioia e il giornalista-scrittore Giulio Cavalli due querele.

Il primo a annunciarlo è stato Cavalli: «Ieri mi è arrivata la richiesta di risarcimento danni per "diffamazione a mezzo stampa” del ministro dell’Istruzione» racconta. A Cavalli viene contestato un articolo scritto per il quotidiano online La Notizia il 15 aprile in cui commenta la battaglia del ministro contro le «festività non riconosciuta dallo Stato». «Non sono “feste riconosciute” nemmeno il cosiddetto martedì grasso che corrisponde alla chiusura delle scuole» è il commento di Cavalli «e non sono “feste riconosciute” nemmeno i giorni di ponte che abitualmente collegano il Natale al Capodanno. Infine c’è l’avversione (inutile, come abbiamo visto) alle altre fedi religiose e tradizioni. Quest’ultima è una pratica che non ha nulla a che vedere con le leggi ma è molto di questo tempo e di questo governo e si chiama razzismo».

Il ministro Valditara ha così querelato l’autore dell’articolo e il direttore della testata Gaetano Pedullà. Ma non vuole giustizia in sede penale, non gli interessa stabilire se quell’articolo riferisca il vero. Vuole soldi. Diecimila euro. Negli ultimi mesi lo stesso Cavalli ricorda di aver ricevuto una minaccia di querela dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari e una querela dal viceministro Galeazzo Bignami.

«Chiediamo al ministro Valditara e alla presidente Meloni se esista ancora in questo Paese la libertà di manifestare il proprio pensiero», attacca la segretaria del Pd Elly Schlein, a cui risponde il ministro: «Prendo atto che l'on. Schlein è per la libertà di insulto. Confonde la critica con l'offesa e l'ingiuria».

«Chi sarà il prossimo ad essere colpito dalla lesa maestà di Valditara?», si chiede la deputata Pd Laura Boldrini mentre per il segretario di Sinistra italiana e deputato di Avs Nicola Fratoianni «l’effetto che vuole ottenere è chiaramente quello di intimidire i giornalisti per evitare che esprimano liberamente il proprio parere»; e annuncia che «non mi rivolgerò a Valditara stesso, ma alla presidente del consiglio, affinché lo convinca a ritirare la querela».

Ma il deputato di Avs dovrà aggiornare la sua richiesta. Nelle stesse ore lo scrittore Nicola Lagioia ha ricevuto una querela sempre dal ministro Valditara: «La mia colpa consisterebbe nell’aver criticato mesi fa, alla trasmissione “Che sarà” di Serena Bortone su Rai3, lo stile di un suo tweet, scritto a mio parere molto male sulla limitazione degli stranieri nelle classi italiane».

Il tweet del ministro era stato giudicato da molti sgrammaticato, così tanto che lo stesso Valditara si giustificò: «L’ho dettato al telefono, pensavo ai contenuti, non alla forma». «Il ministro – racconta il premio Strega – si è sentito leso per come l’ho preso in giro in trasmissione, suggerendo che venisse sottoposto lui al test di italiano per stranieri. Nel paese in cui l’ultimo Nobel per la letteratura è andato a chi ‘nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati’ credevo fosse lecito. Ma forse non siamo più quel paese».

Una questione di metodo quella del governo. E la lista dei querelati inizia diventare lunga. Roberto Saviano è a processo per avere definito Matteo Salvini «ministro della Mala Vita» (dal titolo di un celebre pamphlet di Gaetano Salvemini versus Giolitti. Era il 1910. Per la cronaca, Giolitti non querelò). Mentre lo scrittore di Gomorra ha perso quello per diffamazione nei confronti della premier, Giorgia Meloni (definita «bastarda» su La7) col pagamento di una sanzione di 1.000 euro.

Tomaso Montanari, storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena, è stato querelato dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, per un articolo in cui ha scritto che chi parla di “sostituzione etnica” usa le parole e i pensieri di Adolf Hitler e di Benito Mussolini. Anche la filosofa Donatella Di Cesare è stata querelata dal ministro Lollobrigida che aveva etichettato le parole dell’ex cognato Meloni come quelle di un “governatore neo hitleriano”.

Lo storico Luciano Canfora era stato querelato dalla Presidente del Consiglio definita dal filologo 82enne «neonazista nell’anima», «trattata come una mentecatta pericolosissima» nell’aprile 2022. Meloni aveva chiesto un risarcimento di 20mila euro, per poi ritirare la querela nei confronti di Canfora. Querela poi archiviata anche per lo storico Davide Conti per un suo articolo uscito sul Manifesto alla vigilia dell’anniversario della strage di piazza Fontana. Conti aveva commentato un’uscita della premier Meloni che, senza indicare la matrice neofascista del massacro del 12 dicembre 1969, invitava tutti a «non dimenticare le vittime innocenti di quella barbarie». Conti ci ha tenuto a precisare la presenza al governo, in qualità di sottosegretaria alla Difesa, di Isabella Rauti, figlia di Pino, «fondatore del gruppo eversivo filo-nazista Ordine Nuovo responsabile della strage di Piazza Fontana e sciolto per decreto dal ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani nel 1973». Passaggio che alla senatrice Rauti non era piaciuto.

Tra gli ultimi nel mirino del governo Christian Raimo, insegnante e scrittore, sospeso per tre mesi dall’insegnamento, con una decurtazione del 50% dello stipendio, dopo aver criticato il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara.

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“Scarsa attrattività del welfare familiare italiano”: ecco perché i 30enni che vivono all’estero non vogliono tornare – Il rapporto - Sara Tirrito

 

La “scarsa attrattività del welfare familiare italiano” è tra le cause principali del mancato ritorno dei trentenni italiani che vivono all’estero. Lo certifica il Rapporto italiani nel mondo 2023 redatto annualmente dalla Fondazione Migrantes, che conta sei milioni di expat registrati all’inizio di quest’anno. Si scappa soprattutto dal Sud e per ragioni di realizzazione personale. In crescita le partenze femminili, il doppio rispetto al 2006. Le italiane che rientrano tornano in prevalenza in Trentino-Alto Adige, dove tra l’altro i servizi per le famiglie sono migliori e il tasso di natalità è superiore alla media nazionale. A preoccupare è proprio il trend legato alla denatalità. La fascia dei 30-40enni è quella che potrebbe contribuire in modo decisivo alla crescita economica e demografica dell’Italia, ma in quell’intervallo anagrafico si osserva un calo dei rimpatri del 10% rispetto agli anni precedenti. Tra le ragioni principali per il mancato ritorno ci sono i sostegni, scarsi, offerti dal nostro Paese per chi mette su famiglia: dalle agevolazioni fiscali ai servizi legati al welfare, che sembrano incidere di più nella scelta di restare all’estero.

Welfare familiare come causa dei mancati rientri  Per la fondazione Migrantes, l’Italia ha maggiori difficoltà a fare ritornare gli expat con un’età compresa fra i 30 e i 40 anni. Si tratta di una fascia in cui la presenza di figli minori può rendere più complicata la mobilità ed è per questo che i servizi per le famiglie costituiscono da sempre un grande incentivo al rimpatrio. La “scarsa attrattività del welfare familiare italiano” recente ha però “mitigato il successo osservato in termini di aumento dei rientri”, si legge nel rapporto. Il dato, secondo la fondazione, va letto soprattutto in relazione all’attuale trend demografico in discesa.

E diventa allarmante se si considera che secondo l’Istat porterà nel 2042 solo una famiglia su 4 ad avere figli. Nell’ultima manovra di bilancio, il governo Meloni ha introdotto una decontribuzione per le madri e incrementato il fondo per gli asili nido. Ma si tratta di misure temporanee e riservate a chi ha almeno due bambini a carico, che non potranno incidere in modo strutturale sul calo delle nascite. Tutto questo non potrà che scoraggiare ulteriormente chi pensava di tornare. A supporto delle sue rilevazioni, la fondazione Migrantes ha inserito nel dossier, di oltre 500 pagine, il sondaggio del gruppo Controesodo, una community di professionisti che dal 2015 monitora le condizioni di rimpatrio. Già alla fine del 2022, il 41% degli intervistati (oltre un migliaio) ha risposto che per attrarre di più il “capitale umano” sarebbero state necessarie maggiori agevolazioni per le famiglie con figli. In secondo luogo l’aumento degli stipendi e il miglioramento di welfare a sostegno della famiglia (per il 37,7% del campione). Per tutti, spinta al ritorno sono state finora le detrazioni fiscali per il rientro dei cervelli, che però Meloni ha deciso di tagliare. Secondo la fondazione Migrantes, invece, “sarebbe importante provare a invertire” il calo dei rientri di 30-40enni, con misure ad hoc. Il report lo suggerisce, anche “considerando che una delle sfide maggiori per l’Italia è quella della denatalità e dell’inverno demografico e che la fascia dei trentenni è quella che incide di più al livello demografico ed economico”.

Sei milioni di italiani fuggiti all’estero – Gli iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) al primo gennaio 2023 sono 5.933.418. Si tratta perlopiù di persone provenienti dal Sud (il 46, 5%), in minoranza dal Centro Italia (15,8%) e per il 37,8% dal Nord. Tuttavia nel rapporto si osserva una metamorfosi recente. Se fino a vent’anni fa a emigrare erano ancora persone di origine meridionale che cercavano fortuna Oltreoceano e portavano con sé la famiglia, oggi “la mobilità è caratterizzata da partenze dalle regioni del Centro-Nord dopo, nella maggior parte dei casi, un periodo meno lungo di mobilità interna Sud-Nord”. La terra da cui si fugge di più è la Sicilia, che registra 815mila residenti scappati oltre i confini nazionali al gennaio 2023. Seguono Lombardia, Campania, Veneto e Lazio. Meta prediletta: l’Europa.

A cambiare è anche il volto di chi va via. I residenti all’estero sono mediamente più istruiti e in prevalenza più giovani, hanno tra i 35 e i 49 anni. Rispetto al passato, aumentano le donne in fuga, raddoppiate rispetto al 2006. Sono oltre 2,8 milioni, e costituiscono il 48,2% del totale. Motore della partenza, per tutti, non è più la volontà di “sfuggire da situazioni di fragilità economica e occupazionale – dice il report – ma il desiderio di rivalsa e crescita”. Secondo la fondazione Migrantes,questa è “l’Italia che continua a crescere fuori dall’Italia”.

Il monito su chi torna al Sud – I dati dei rimpatriati sono calcolati sul 2021, in base alle iscrizioni anagrafiche dall’estero. Nel 2021 hanno fatto ritorno 75mila italiani. Sono per lo più uomini (55,8%), nella maggior parte dei casi con un titolo di studio inferiore al diploma. Soltanto il 24% di chi rientra ha una laurea o un titolo superiore. Il 25,6% dei professionisti maschili che ritorna ha oltre 50 anni. Si dirige soprattutto verso la Lombardia, il Lazio, la Sicilia e il Veneto. Il Tentino-Alto Adige, dove il welfare familiare funziona e la natalità è del 30% superiore della media nazionale, è l’unica regione in cui le donne che rimpatriano sono più degli uomini. La tendenza però è tornare più verso il Sud che verso il Nord. In particolare, nell’ordine, si preferiscono Campania, Puglia e Sicilia. Anche su questo dato invita a riflettere il report. Per Migrantes, ad agevolare i rimpatri è in parte lo smart working introdotto dopo il Covid, ma sono soprattutto le misure del dl Crescita 2019, che favorivano l’attrazione di professionisti al Sud. “La leva fiscale si conferma un fattore determinante (…) A nostra memoria – scrive la fondazione – non è facile ricordare altre misure di politica economica che siano state in grado a costo zero di attrarre capitale umano qualificato nel Mezzogiorno”.

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giovedì 19 dicembre 2024

“Chiudere tutti i Cpr”. L’appello del Tavolo asilo e immigrazione - Luca Rondi

 

In occasione della Giornata mondiale per i diritti umani del 10 dicembre, oltre 40 organizzazioni della società civile chiedono la chiusura dei Centri di permanenza per il rimpatrio. In un dettagliato rapporto danno conto delle visite svolte nelle strutture da cui sono emerse gravi violazioni dei diritti delle persone rinchiuse. Intanto, il governo italiano è in ritardo nel processo di implementazione del nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo

 

 “I Cpr vanno chiusi”. Senza mezze misure le oltre quaranta organizzazioni della società civile del Tavolo nazionale asilo e immigrazione (Tai) chiedono la fine dei Centri di permanenza per il rimpatrio. Lo fanno dalla sede nazionale della Cgil di Roma in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani del 10 dicembre, presentando il report “Cpr d’Italia: porre fine all’aberrazione” che dà conto degli accessi effettuati il 15 aprile 2024 in otto centri, ma più in generale, fa il punto sullo stato di salute della detenzione amministrativa in Italia. “La situazione nelle strutture è apparsa particolarmente problematica -spiega Filippo Miraglia, responsabile nazionale immigrazione dell’Arci-. Queste criticità denunciano una gestione sistematicamente carente dei Cpr, che non solo compromette la tutela dei diritti fondamentali dei trattenuti, ma rende anche impossibile un monitoraggio indipendente e trasparente, ostacolando ogni tentativo di miglioramento”.

Come già emerso in oltre vent’anni di inchieste, denunce e rapporti -l’abbiamo raccontato anche nel nostro saggio “Gorgo Cpr“- le visite agli otto Cpr hanno confermato che le condizioni di trattenimento sono caratterizzate da sovraffollamento delle unità di alloggio, isolamento alternato e mancanza di privacy, qualità dei pasti scadente e dannosa, condizioni igienico-sanitarie critiche, mancanza di protocolli di collaborazione con enti sanitari e associazioni di volontariato, carenza di personale specializzato quale mediatori culturali, psicologi e personale sanitario. “Questi fattori evidenziano un clima di degrado e abbandono -aggiunge Miraglia- che colpisce i trattenuti con gravi ripercussioni sulla loro salute fisica e mentale, così come il personale dei centri”.

Il tutto a dei prezzi esorbitanti. Secondo lo studio “Trattenuti” di ActionAid e dell’Università di Bari riportato nel Rapporto, tra il 2018 e il 2023, il sistema ha comportato un costo di quasi 93 milioni di euro, di cui il 64% destinato agli enti gestori. Il costo medio annuo di una struttura si aggira sui 1,65 milioni di euro, con una spesa media per trattenuto di oltre 25mila euro l’anno. “Inoltre, secondo lo stesso studio, il sistema è inefficace -spiega Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano per i rifugiati (Ics)- dai dati raccolti nel periodo 2014-2023, a fronte di 279.231 provvedimenti di allontanamento emessi, i rimpatri effettivi dai Cpr rappresentano una percentuale minima, raramente superiore al 10%. Sebbene dal 2018 al 2023 la media dei rimpatri rispetto agli ingressi nelle strutture sia del 47,6%, tale dato è fortemente distorto dalla prevalenza di cittadini tunisini, che costituiscono quasi il 70% dei rimpatriati grazie agli accordi bilaterali con la Tunisia. Per le altre nazionalità, la percentuale di rimpatri scende sotto l’8%”.

Il tema della tutela della salute delle persone rinchiuse si è di nuovo rivelato estremamente critico. “Le delegazioni hanno registrato condizioni sanitarie precarie, con servizi medici insufficienti e abuso nella somministrazione di psicofarmaci e la mancanza o l’inadeguatezza di protocolli sanitari che aggravano i problemi di salute dei trattenuti -aggiunge Schiavone-. Le pessime condizioni fisiche e mentali dei trattenuti nei Cpr sono correlate a numerosi episodi di suicidio e autolesionismo riportati in vari centri”. Tutte queste criticità portano il Tai a sottolineare come ciò che connota questi luoghi “non è un’inefficienza gestionale bensì un’aberrazione strutturale costituita da un sistema di compressione delle libertà dell’individuo le cui finalità reali risultano del tutto diverse da quelle pubblicamente dichiarate”. Ed è per questo motivo che secondo Miraglia “il primo e più importante risultato di questo lavoro congiunto tra la società civile e i rappresentanti politici, che registriamo con favore, è quello di far emergere i problemi strutturali della detenzione amministrativa e portare i partiti dell’opposizione sulle nostre posizioni, per la chiusura della stagione del diritto speciale dello straniero”. Alla presentazione del rapporto il 10 dicembre erano presenti diversi parlamentari e senatori dell’opposizione, da Alleanza Verdi e Sinistra a Più Europa, fino a una nutrita delegazione del Partito Democratico.

In questo contesto incide poi il nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo adottato dal Parlamento europeo nell’aprile 2024. Le nuove regole comunitarie, infatti, rischiano di tradursi in un ulteriore incremento dell’uso della detenzione amministrativa con la trasformazione dello “straordinario” in “ordinario”: “Le procedure di frontiera e le procedure accelerate -che implicano un esame rapido e sommario delle richieste di asilo, basato principalmente sulla provenienza geografica e non sulla storia individuale, contrariamente a quanto stabilito dal diritto di asilo- diventano obbligatorie in molte circostanze”, scrivono gli autori del report. Nell’attesa dell’esito della richiesta di protezione internazionale le persone dovranno “rimanere a disposizione” delle autorità per massimo 12 settimane in centri che sorgeranno vicino ai punti di sbarco ma non necessariamente solo in quelle zone. Il legislatore non fa esplicito riferimento alla detenzione ma i rischi che questo poi succeda nei fatti è elevatissimo. “Il meccanismo dello screening e quello della procedura accelerata -scrive il Tai- rischiano di trasformare i sistemi di accoglienza degli Stati in sistemi di detenzione, istituzionalizzando un modello già sperimentato in modo fallimentare nelle isole greche”.

Resta poi il nodo del numero dei posti, sul quale è utile fare riferimento alla simulazione proposta dalla ricercatrice Daniela Movileanu per il Forum per cambiare l’ordine delle cose. Nel 2023, ad esempio, secondo le nuove regole del Patto, il totale delle persone finite in procedura di frontiera sarebbe stato pari a circa 94mila a fronte di 2.938 posti disponibili nei Cpr e negli hotspot. “L’Italia dovrebbe aumentare la propria capacità detentiva di oltre dieci volte quella attuale”, si legge nel rapporto.

Il Governo Meloni avrebbe dovuto presentare entro il 12 dicembre 2024 il “Piano di implementazione” del Patto europeo. Non succederà, i tempi saranno più lunghi. Lo ha confermato il 9 dicembre il prefetto Laura Lega a capo del dipartimento Libertà civili e immigrazione che ha incontrato alcuni esponenti della società civile, promotori della “Roadmap per il diritto d’asilo e la libertà di movimento”. “Abbiamo avuto la conferma che non sono state previste azioni consultive, come invece richiesto dal Parlamento, per la stesura del piano di implementazione -spiega Giovanna Cavallo, del Forum cambiare l’ordine delle cose (qui il comunicato stampa completo)-. Nell’incontro purtroppo non sono state illustrate le bozze del programma in via di elaborazione. Questa mancanza di trasparenza e confronto è preoccupante e abbiamo chiesto con determinazione l’apertura di percorsi di confronto concreto sulle azioni che il governo dovrà intraprendere”.

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Prof. Sachs: "La decisione di rovesciare la Siria e' partito da Obama su ordine di Israele"


 

Quelli che seguono sono i 13 minuti più importanti che ascolterete per comprendere che cosa sia successo in Siria. Chi siano i responsabili, il movente, il mandante e quando tutto ha avuto inizio.

Spegnete i media che vi mentono per professione e fanno a gara a superare la povera Clarissa Ward della CNN per la fake news più ridicola al solo scopo di giusitifcare che la guerra della Nato e di Israele ha portato i terroristi alleati a Damasco.

Spegneteli. E ascoltate questi 13 minuti del Prof. Sachs - tratti da un'intervista rilasciata a Tucker Carlson il 17 dicembre 2024. Ci sono tutte le risposte che cercate e tutti gli aneddoti alla becera propaganda degli avvoltoi.

Buon Visione.



mercoledì 18 dicembre 2024

G A Z A : un genocidio che dura da decenni – Gianni Lixi

 

 

LA STORIA ANTICA

La storia della “Striscia di Gaza” si interseca con la città di Gaza . Questa ha origini antichissime e fu certamente fondata più di 5000 aa fa e questo ne fa una delle più antiche città del mondo.1 Sono stati diversi i popoli che hanno vissuto in questo territorio. Gli Egizi l’hanno governata per quasi 350 anni. Dopo di loro furono i Filistei ad abitarla. I Filistei, popolo dal quale la regione geografica della Palestina ha preso il nome, occupavano la regione litoranea della striscia sino poco più a Nord dell’attuale Ashod, città israeliana nata dopo la Nakba con l’occupazione di alcuni villaggi Palestinesi tra cui Abu Suweira, piccolo villaggio abitato da 450 Palestimesi, Isdud, villaggio abitato da 5360 Palestinesi, Barqa, villaggio abitato da 1030 Palestinesi tutti occupati tra il 10 ed il 12 maggio 1948 dai terroristi israeliani dell’Haganah.2

Gaza, ai tempi dei Filistei nel XII secolo BC, faceva parte delle cinque città stato denominate Pentapoli. Le altre quattro città erano Gat, Ekron, Ashod, e l’attuale Ascalona città israeliana nata dopo la NaKba con l’occupazione di alcuni villaggi Palestinesi tra cui al-Jura (Gaza) abitato da 2810 Palestinesi, al-Majdal (Gaza) abitato da 11500Palestinesi, al-Jiyya abitato da 1430 Palestinesi , bombardati da aerei israeliani tra il 4 ed il 5 novembre 1948. Gli abitanti che riuscirono a sopravvivere scapparono verso la vicina striscia di Gaza.

Tra le cinque città di Pentapoli Gaza era senz’altro la più dinamica sia da un punto di vista commerciale che culturale. Molto famosa era la sua scuola filosofica e di retorica che ha contribuito alla nascita della paleografia (lo studio delle caratteristiche e dell’evoluzione delle prime forme di scrittura).3 La vivacità d Gaza continuò anche sotto i Romani ed anzi divenne il fulcro della fusione di diverse culture.4 Un’altra caratteristica di questo territorio erano i celebri Monasteri e la cultura monastica ad essi legata. 5

Il periodo Bizantino va dal IV al VI secolo AD ed a questo segue, intorno alla metà del 600 il Periodo Mussulmano con il radicamento della cultura islamica. I Crociati la invasero nel primo secolo dopo l’anno mille, ma la regione aveva già conosciuto un importante declino. La Dominazione Ottomana durò quattro secoli (1517 – 1918 ). Dal 1918 al 1948 passò sotto il Mandato Britannico.

LA STORIA RECENTE

Geograficamente la Striscia di Gaza che oggi conosciamo è un di territorio pianeggiante di circa 365 km², lunga circa 40 Km e larga nella sua parte più ampia 10 Km, ed è abitato da 2.300.000 Palestinesi. Di questi, oltre 1,4 milioni sono profughi, cioè palestinesi deportati dai loro villaggi d’origine. Purtroppo a causa del genocidio in corso questi numeri non sono più attuali. Il genocidio di questi ultimi 14 mesi ad opera di israele ha drammaticamente cambiato la geografia e la densità della popolazione della striscia.

Gaza è stata la culla dei movimenti della resistenza Palestinese: dalla nascita dei Fedayn alla nascita della prima intifada nel 1987. Ben Gurion l’ha sempre vista come una minaccia ed ha cercato di studiare numerosi piani col fine ultimo di “deportare i deportati”.

Gaza, che contava 90.000 Palestinesi autoctoni, con la Nakba del 1948 si popolò di 200.000 profughi Palestinesi che sopravvissero ai massacri dei loro villaggi ad opera dei terroristi israeliani. In certi casi si è trattato di una vera e propria deportazione come è avvenuto ai beduini del Negev.7

I bombardamenti israeliani su Gaza sono iniziati molto presto, all’indomani della Nakba nel 1948. Allora la striscia era amministrata dagli Egiziani (che non l’avevano annessa al proprio territorio) e nel gennaio 1949 si arrivò ad un cessate il fuoco mediato delle UN. Nel frattempo un giovane maggiore israeliano, Ariel Sharon, che diventerà primo ministro, eseguiva la completa pulizia etnica di 6 villaggi della striscia: Najd, Burayr, Simsim, Kawfakha e Huj. In quest’ultimo Sharon costruì la propria residenza privata su circa 5000 dunam (circa 500 ettari) di terra del villaggio.8

I MASSACRI ISRAELIANI

Nel 2014, anno dell’attacco più atroce (sino ad allora) compiuto dagli israeliani a Gaza, Jean-Pierre Filiu, storico francese esperto di Gaza scrisse un saggio intitolato “Le 12 guerre di Gaza”.9 In questo articolo Filiu elenca tutti i massacri perpetrati ai danni dei Palestinesi di Gaza dal 1948 in poi. I numeri sono agghiaccianti ma sono infinitamente inferiori rispetto al genocidio che si sta compiendo sotto i nostri occhi.
Dal novembre 1956 al marzo 1957 gli israeliani hanno sterminato l’1% della popolazione che in quel periodo era di circa 300.000 Palestinesi. E’ di questo periodo il massacro di Khan-Younis, dove gli israeliani massacrarono civili, donne e bambini, mettendoli al muro e mitragliandoli. In totale furono 275 i palestinesi sterminati.

Nel 1967 gli israeliani occupano Gaza. La vita per i Palestinesi si fa sempre più dura. Nel 1972 gli israeliani non permettono più ai Palestinesi di Gaza di andare liberamente in Cisgiordania (era permesso ma solo di giorno). Le misure di punizione collettiva iniziano nel marzo 1993 con la chiusura completa dei confini. All’interno della striscia rimanevano però 5.000 coloni israeliani che rendevano i confini non facilmente controllabili dall’esercito a causa dei numerosi check point, che oltretutto rappresentavano un alto costo economico per un numero esiguo di israeliani. Nel 2005 quindi Sharon, consigliato dai militari, ordinò unilateralmente lo sgombero delle colonie risarcendo i coloni con denaro. Questo è l’anno in cui la “Prigione Gaza” ha veramente chiuso tutte le sue sbarre. Israele controlla tutti i confini di mare, di terra e lo spazio aereo. Riduce ulteriormente le acque territoriali portandole a 3 miglia.10 Questo limita notevolmente la pesca, con continui affondamenti di barche da pesca anche all’interno delle 3 miglia. La definizione “Prigione a Cielo Aperto” non è però una definizione precisa. In effetti in una prigione i detenuti sono più al sicuro e non sono sparati o bombardati come avviene ai Palestinesi.

Nel 2006 Hamas vince le elezioni. E’ una organizzazione molto radicata nella società, attraverso attività sociali ed educative e questo le fa guadagnare quel consenso popolare che non hanno i candidati di Fatah.

I MASSACRI RECENTI

Dal 2005 al 2007 israele ha ucciso a Gaza 668 Palestinesi.

Dal dicembre 2008 al gennaio 2009 nella cosiddetta “Operazione Piombo Fuso” gli israeliani massacrano 1.417 civili, quasi tutti donne e bambini.

Il 31/05/210 in acque internazionali una fregata israeliana attacca la nave Turca della “Freedom Flotilla” Mavi Marmara che portava derrate alimentari, materiale sanitario e giochi per bambini a Gaza, uccidendo 9 attivisti pacifisti Turchi ed uno di nazionalità Americana-Turca.11

Nel novembre 2012 gli israeliani lanciano l’operazione “Pilastro di Difesa” con la quale uccidono 166 Palestinesi, quasi tutti donne e bambini.

Tra luglio e agosto 2014 con l’operazione “Margine Protettivo” gli israeliani uccidono 2.100 palestinesi tra cui 500 bambini.

A marzo del 2018 iniziano le manifestazioni pacifiche, denominate “Grande Marcia del Ritorno” tenute al confine di Gaza per alcuni mesi. I cecchini israeliani sparano tra i manifestanti uccidendo 234 giovani palestinesi.12

Maggio 2021 la cosidetta “Guerra degli 11 giorni”. Gli israeliani bombardano Gaza uccidendo 216 palestinesi, la maggior parte donne e bambini.

I NUMERI AGGHIACCIANTI DI QUESTO GENOCIDIO.

Ai 45000 morti ufficiali (che si riferiscono ai decessi che hanno avuto un riscontro negli ospedali) si devono sommare i corpi ancora sotto le macerie delle città rase al suolo e le morti indirette legate al genocidio (malnutrizione, infezioni, impossibilità a curarsi per la distruzione mirata delle risorse sanitarie). Secondo “The Lancet”, una delle riviste scientifiche più indicizzate al mondo, il numero dei morti legati al genocidio ammonterebbe a poco meno di 200.000 palestinesi. Cioè Israele ha sterminato quasi il 9% della popolazione. Quasi tutti donne e bambini.6

Sino ad agosto 2024 l’80% delle case era distrutto, ma negli ultimi mesi gli israeliani hanno continuato a radere al suolo anche strutture disabitate nell’intento di rendere impossibile il ritorno dei palestinesi. Sono quindi numeri in difetto.

Che sia un massacro per annientare un popolo lo dimostrano i bersagli degli attacchi. Sino ad agosto 2024 l’ONU ha certificato 74 attacchi alla settimana ad ospedali e strutture sanitarie, da allora gli attacchi sono diminuiti perché non c’è quasi più niente da colpire. I medici vengono fatti oggetto di bersaglio e vengono uccisi13 o arrestati e torturati.14 La sanità a Gaza è al collasso.

Il sistema di istruzione praticamente non esiste più. Da un anno gli studenti palestinesi di Gaza non possono più studiare. Le sue 12 università sono state distrutte.15

Vengono presi di mira sia il personale che distribuisce gli aiuti alimentari 16sia i disperati che in fila aspettano che il cibo venga distribuito .17

I luoghi di culto sono stati rasi al suolo con circa 1000 moschee distrutte. Anche la famosa chiesa di S. Porfirio, di culto Greco Ortodosso è stata rasa al suolo18.

Sistematica è la profanazione di tutti i cimiteri per cancellare la memoria dei Palestinesi di Gaza.

Tra tutti i perversi record che gli israeliani hanno superato in questo genocidio c’è l’attacco mirato alla stampa in modo che non si conosca la verità. 137 giornalisti ad oggi sono stati ammazzati.19 Nonostante questo molti giornalisti Palestinesi continuano a rischiare la vita per raccontarci le atrocità che gli israeliani stanno commettendo a Gaza.

Nel saggio citato di Filiu, scritto nel 2014, l’autore conclude dicendo che l’umanità non avrebbe più potuto accettare altri crimini come quelli commessi da israele quello stesso anno. Purtroppo aveva torto. L’umanità, per la verità non tutta l’umanità, solo quella più “civilizzata”, accecata dalla propaganda israeliana e dal legame di sangue con gli Stati Uniti sta invece accettando questo indescrivibile genocidio documentato in diretta.

1) Nur Masalha “Palestine A Four Thousand Year of History” pag 120

2)https://www.zochrot.org/villages/nakba_map/en?target=6&Nakba_Map

3)Nur Masalha “Palestine A Four Thousand Year of History” pag 125

4)id

5)Nur Masalha “Palestine A Four Thousand Year of History” pag 129

6)https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(24)01169-3/fulltext

7)Ilan Pappe “The Ethnic Cleansing of Palestine pag 194

8)Id. pag. 147

9)Jean-Pierre Filiu. The Twelve Wars on Gaza. Journal of Palestine Studies, 2014, 44 (1), pp.52 – 60. ff10.1525/jps.2014.44.1.52ff. ffhal-03473736f

10)Id. p. 56

11)https://www.aljazeera.com/features/2020/5/30/a-decade-has-passed-but-the-mavi-marmara-killings-i-saw-still-shape-me

12)https://www.assopacepalestina.org/2020/11/27/la-grande-marcia-del-ritorno-a-gaza-234-morti-17-indagini-1-rinvio-a-giudizio/

13)https://www.aljazeera.com/news/2024/8/26/palestinian-medics-deported-from-gaza-tortured-while-detained-report

14)https://www.middleeasteye.net/news/war-gaza-prominent-palestinian-doctor-tortured-and-killed-israeli-detention

15)https://www.lemonde.fr/en/international/article/2024/03/07/all-12-universities-in-gaza-have-been-the-target-of-israeli-attacks-it-s-a-war-against-education_6592965_4.html

16)https://www.bmj.com/content/387/bmj.q2767

17)https://www.aljazeera.com/news/2024/2/29/dozens-killed-injured-by-israeli-fire-in-gaza-while-collecting-food-aid#:~:text=More%20than%20100%20Palestinians%20have%20been%20killed%20and,the%20besieged%20enclave%20faces%20an%20unprecedented%20hunger%20crisis.

18)https://www.wsj.com/livecoverage/israel-hamas-war-biden/card/blast-goes-off-at-orthodox-church-campus-in-gaza-oWLl1hHFxw5GmKWdXIIm

19)https://cpj.org/2024/12/journalist-casualties-in-the-israel-gaza-conflict/

 

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Le oligarchie liberali scelgono l’autoritarismo (con la complicità dell’intellighentia progressista) - Elena Basile


(Fatto Quotidiano 14 dicembre 2024)

 

I media occidentali hanno portato a termine con successo un’operazione di grande importanza politica. La maggioranza silenziosa, il ceto medio e le classi lavoratrici sono stati plasmati: l’Occidente libero e democratico è sotto attacco; le autocrazie come Cina e Russia, le teocrazie come l’Iran, il terrorismo, ci minacciano; e la guerra è l’unica risposta salvifica. Come afferma Ori Goldberg, nella storia i genocidi hanno avuto come motivazione essenziale l’autodifesa.

L’impero Usa in declino, costretto alla militarizzazione del dollaro, muove le sue pedine negli scacchieri internazionali, indifferente al diritto internazionale. Con linguaggio orwelliano uccide la democrazia in nome di essa. L’esempio simbolico è stata la dichiarazione del presidente della Corea del Sud che ha promosso la legge marziale per difendere i propri cittadini dall’autocratica Corea del Nord. In Europa, mentre Blinken incita Zelensky ad abbassare la leva militare dai 25 ai 18 anni, la distruzione di un paese e di centinaia di migliaia di ragazzi è giustificata dalla necessaria difesa da Mosca. In Georgia e in Romania il risultato delle elezioni democratiche non è accettato. Vincono candidati che non vogliono svendere il loro Paese a interessi statunitensi ed europei.


Si parla di brogli elettorali senza fornire prove. Le interferenze russe avverrebbero attraverso TikTok. Sappiamo bene che il soft power è monopolio occidentale. Le quattro agenzie di stampa internazionali che governano i media sono asservite ai poteri nostrani e specializzate, con modulazioni differenti, in un copia e incolla di veline dei servizi. È dunque col linguaggio della dittatura orwelliana globale, in grado di affermare l’opposto di quanto accade, che si denuncia TikTok e il soft power di Mosca. Se anche fosse provato che esistono finanziamenti russi per creare influencer nei social, essi rappresenterebbero un granello di sabbia nel deserto della disinformazione occidentale. In realtà, in Georgia come in Romania, i finanziamenti statunitensi ed europei a Ong, associazioni militanti e falsi istituti di ricerca sono molteplici. La registrazione in Georgia di Ong che avevano più del 20% di fondi stranieri, a imitazione di leggi esistenti in Occidente, è stata fortemente contestata dalla Commissione europea. Come è possibile che questa interpretazione al contrario del mondo attuale, non sia compresa dalla destra moderata e dal centrosinistra? La trasformazione antropologica alla quale assistiamo è dovuta al giudizio di carattere valoriale che si è riusciti a iniettare nel Dna delle classi dirigenti.


Se si parte dal presupposto che l’avanzare dell’influenza europea ai confini russi apporti il bene democratico, se si parte dal presupposto che la nostra civiltà e forma di governo siano migliori di quelle degli altri, i miliziani progressisti saranno spinti a chiudere entrambi gli occhi sui mezzi adoperati per celebrare le vittorie del liberalismo. Potrebbe essere divertente notare che proprio coloro che accusano la Russia di essere legata alle “zone di influenza”, retaggio del passato, credono fermamente nel diritto Nato e Ue di estendere le proprie.

In Siria le formazioni affiliate ad al Qaeda, denominate i ribelli (come i battaglioni Azov i cui membri sono divenuti su Repubblica i lettori di Kant) sono riesumate dalla Cia con la complicità turca in funzione anti-russa e anti-iraniana. Ci troviamo di fronte a una delle tante operazioni coperte della Cia che aggredisce lo Stato sovrano siriano con milizie jihadiste. La guerra civile non si congela per anni e riesplode da sola, in modo spontaneo, quando la Russia vince in Ucraina e l’Iran dimostra a Israele di poter colpire il suo territorio. La destabilizzazione di una società riesce soltanto se c’è un pilota con fondi e organizzazione. Queste non sono fantasie. Vi sono prove, a partire dalle confessioni della Clinton. Il criminale Putin utilizza TikTok, noi la Jihad.


La Turchia, che è in grado di condurre una politica autonoma per il suo esclusivo interesse nazionale, collabora con la Russia come con gli Stati Uniti secondo tattiche guidate da obiettivi geopolitici. Minare la Siria ed estendere la propria influenza in versione anti-curda è una priorità di Ankara. Al netto della retorica pro Gaza, Erdogan, impedendo i rifornimenti iraniani a Hezbollah attraverso la Siria, favorisce Israele. La Russia dovrà forse negoziare con Ankara una soluzione di tipo bosniaco, assecondando le spinte centrifughe, pro Usa, Israele e Turchia, per salvaguardare una Siria vacillante ma ancora utile all’asse russo-iraniana. Dittature e democrazie sono attori intercambiabili nella politica internazionale. Le scelte etiche esistono solo nel film autistico nostrano e degli ignari manipolati cittadini. Le oligarchie liberali scelgono l’autoritarismo con la complicità dell’intellighentia progressista.

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martedì 17 dicembre 2024

Salva-Milano, era difficile fare peggio. Ecco tutti gli articoli costituzionali che la legge viola - Paolo Maddalena

Un atroce tentativo di distruggere l’urbanistica italiana.

Una incredibile proposta di legge (formulata in un articolo unico, suddiviso in 9 commi), caratterizzata da una sua intrinseca illiceità avente come fine la distruzione urbanistica dell’Italia, è stata approvata il 21 novembre 2024 dalla Camera dei Deputati, ed ora rischia il voto favorevole del Senato, che la potrebbe trasformare in legge, favorendo i distruttori dell’ambiente naturale e urbano del nostro Paese, e distruggendo i legittimi interessi del Popolo sovrano.

Il comma 2 di questa proposta di legge intende eliminare un caposaldo della tutela urbanistica: la sottoposizione all’approvazione di un “piano particolareggiato” o di “lottizzazione convenzionata” dei casi di superamento dei limiti volumetrici o di altezza delle costruzioni edilizie, mentre il comma 4 della stessa proposta sancisce che “costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia” (con tutti i benefici che ciò comporta), gli interventi che consentono di realizzare, “all’interno del medesimo lotto, organismi edilizi che presentino sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche, differenti da quelli originari”. Dunque, come si accennava, una débâcle totale e perenne del nostro ordinamento urbanistico, ai danni dell’ “ordine”, dell’”armonia” e del “decoro” dei nostri Centri abitati.

Tutto in palese contrasto con i “principi fondamentali” della nostra Costituzione.

Innanzitutto è violato l’articolo 3 Cost., per vari motivi, e soprattutto “per illogicità manifesta”. Non può infatti sfuggire che la legge proposta è totalmente priva dei caratteri della “interpretazione autentica”. In effetti, non solo i contrasti giurisprudenziali (presupposto per una legge di interpretazione autentica) ricordati nella relazione di accompagnamento sono assolutamente insignificanti, ma, d’altro canto, non si ravvisa in tutta la proposta di legge nessuna “disposizione” di carattere realmente “interpretativo”, una disposizione cioè che privilegi una tra le tante interpretazioni possibili, in modo che “coesistano” due norme: quella precedente e quella successiva che ne chiarisca il significato.

Estremamente palese è poi la violazione dell’articolo 9 Cost., che “tutela il paesaggio, il patrimonio storico e artistico della Nazione, l’ambiente (naturale e urbano), la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Basti pensare che questa proposta di legge, consentendo di costruire edifici di “altezza” e “volume” superiori a quelli degli “edifici preesistenti e circostanti”, oppure edifici che presentano “sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche, funzionali e tipologiche, anche integralmente differenti da quelli originari”, rompe l’”ordine”, l’”armonia” e il “decoro” dei Centri abitati, e crea un caos edilizio di immani proporzioni.

Un’altra palese violazione è quella dell’art. 42 Cost., il quale assegna alla “funzione sociale” della proprietà privata, il compito di “assicurare” la salvaguardia della “proprietà pubblica” della Collettività. Non è dubbio, infatti, che, nel nostro caso, l’ “ordine”, l’ “armonia” e il “decoro” dei Centri abitati sono da considerare “beni giuridici” in “proprietà pubblica” degli abitanti, e la loro salvaguardia rientra tra i “limiti” che i proprietari privati devono rispettare, per assicurare la “funzione sociale” della loro proprietà.

Le “incostituzionalità” non finiscono qui. Ma si può concludere rimarcando che si tratta di una proposta di legge che viola in pieno anche l’articolo 41 Cost., il quale, è vero, riconosce la “libera iniziativa economica privata”, ma impedisce che questa sia in contrasto con “l’utilità sociale” del Popolo sovrano. Di peggio era difficile fare.

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Cittadini stranieri e oppositori politici, poi studenti, detenuti, raver, famiglie arcobaleno. Sono gli obiettivi colpiti, spesso per decreto, da due anni di provvedimenti liberticidi. Norme che precedono il ddl sicurezza 1236 (ex 1660)

 


di Giansandro MerliEleonora MartiniLuciana Cimino

 

 da il manifesto

 

Non solo il ddl 1660, quello che l’associazione Antigone ha definito «il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana» e contro cui oggi a Roma protestano movimenti, associazioni e partiti. I due anni di governo delle destre sono lastricati di provvedimenti liberticidi che limitano i diritti e colpiscono il dissenso. Eccole qui, le «leggi melonissime».

DECRETO RAVE
Il «divieto di tekno» viene firmato il 31 ottobre 2022, appena nove giorni dopo il giuramento del governo al Quirinale. Il pretesto è una festa non autorizzata in corso in un capannone abbandonato alle porte di Modena su cui si è concentrata l’attenzione mediatica. Mentre i partecipanti stanno ancora ballando l’esecutivo emana il dl anti-rave. Dentro c’è il primo nuovo reato partorito dalla maggioranza: articolo 633 bis c.p., «Invasione di terreni o edifici pubblici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica». Chi organizza o promuove un raduno illegale musicale in cui circolano stupefacenti rischia tra tre e sei anni di carcere, multe pesanti e la confisca dell’impianto. Pene così alte permettono l’uso delle intercettazioni preventive. Dall’entrata in vigore della norma non registrano altri grandi teknival, ovvero feste gratuite di più giorni realizzate occupando spazi abbandonati e sparando musica elettronica. I rave continuano, ma a grandezza ridotta. In diverse parti di Italia le cronache segnalano interruzioni e sequestri.

DECRETO ANTI-ONG
Il 2023 comincia con una misura bandiera del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Ha la data del 2 gennaio, il titolo di «Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori» e un unico oggetto: le navi ong. La misura introduce sette violazioni sulla cui base possono scattare fermo e multa. In caso di reiterazione le sanzioni crescono di livello: con la terza scatta la confisca del mezzo di soccorso. Alla legge il governo associa una nuova gestione delle richieste di sbarco avanzate dalle organizzazioni umanitarie. Non più i porti chiusi di Salvini o le lunghe attese al largo di Lamorgese: lo scalo è assegnato subito dopo il primo salvataggio, ma lontanissimo. Le navi sono costrette a traversate di centinaia di chilometri con pochi naufraghi a bordo. Intanto le autorità portuali dispongono un fermo dietro l’altro, unicamente sulla base dei resoconti della sedicente «guardia costiera» libica. A ogni sanzione scatta un ricorso. In fase cautelare, quando arriva il pronunciamento, le ong ottengono sospensioni e revoche dei sequestri. Nel merito i giudici danno loro ragione quasi sempre. A ottobre scorso il tribunale di Brindisi solleva una questione di legittimità costituzionale: sul decreto si esprimerà la Consulta. In ogni caso nel 2023 le ong salvano 14mila migranti sui 153mila sbarcati: il 9% del totale. Nel 2024, invece, 11.500 su 64mila: il 18%.

FAMIGLIE OMOGENITORIALI
Mentre viene discusso il Regolamento Ue che chiede agli Stati membri di riconoscere i diritti alle famiglie omogenitoriali, il ministro dell’Interno Piantedosi richiama all’ordine l’amministrazione mandando una circolare (datata 19 gennaio 2023) in cui invita i prefetti a opporsi all’iscrizione anagrafica dei figli di queste coppie. Da allora, di mese in mese, a casa di molte famiglie arcobaleno arrivano delle «notifiche». Avvisano che «non possono essere iscritte in un certificato di nascita due persone dello stesso sesso». Il genitore non biologico va cancellato. Molti sindaci interrompono le registrazioni e la procura di Padova chiede di annullare gli atti di nascita di 37 bambini salvo poi accogliere la questione di incostituzionalità sollevata dai genitori. Il 10 marzo il prefetto di Milano obbliga il Comune a interrompere il riconoscimento dei figli di coppie omogenitoriali. Alcuni sindaci si ribellano continuando a registrare i bambini.

DECRETO CUTRO
Dopo i grandi naufragi di Lampedusa dell’ottobre 2013 il governo Letta aveva dato il via alla missione di ricerca e soccorso Mare Nostrum, che ha salvato oltre 100mila migranti. Dopo il naufragio di Steccato di Cutro, che all’alba del 26 febbraio 2023 è costato la vita a un centinaio di persone, il governo Meloni ha varato un dl che, convertito in legge, stabilisce: l’ampliamento dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) e l’aumento del periodo di detenzione amministrativa; l’esclusione dei richiedenti asilo dal Sistema di accoglienza e integrazione (ex Sprar); la creazione di strutture di accoglienza provvisorie con prestazioni inferiori; una stretta sulla conversione dei permessi di soggiorno dei minori stranieri non accompagnati; la limitazione dei permessi di soggiorno speciali per protezione, cure mediche o calamità; la semplificazione della revoca di accoglienza e status di rifugiato; l’inasprimento delle pene per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Soprattutto, introduce un nuovo reato per «dare la caccia agli scafisti in tutto il globo terracqueo», come dichiara la premier Meloni. Articolo 12 bis del Testo unico sull’immigrazione: «Morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina», pene tra 20 e 30 anni. La legge rende anche possibile trattenere i richiedenti asilo provenienti dai Paesi sicuri durante le «procedure accelerate di frontiera» di esame della domanda d’asilo. È il seme da cui dovrebbero sbocciare i centri in Albania.

DECRETO CAIVANO
È una delle misure più simboliche dell’uso spudorato della decretazione d’urgenza da parte del governo Meloni, approvata a colpi di fiducia nel settembre 2023, al fine di inseguire gli umori popolari dopo i drammatici fatti di cronaca avvenuti in provincia di Napoli, al Parco Verde di Caivano (9 persone arrestate, di cui 7 minorenni, per lo stupro di due cuginette di 10 e 12 anni). Il decreto, al netto dei progetti di rigenerazione urbana anti-degrado, si fonda su un’azione esclusivamente punitiva: pene fino a due anni per i genitori che non rispettano l’obbligo di istruzione dei figli; minorenni imputabili e sanzionabili già dai 14 anni, quando diventano potenziali destinatari del provvedimento di allontanamento «Daspo urbano»; aumento delle pene per il porto abusivo d’armi e per reati di lieve entità in materia di stupefacenti. Diventa più facile per i minorenni accusati di spaccio o porto d’armi finire nelle cosiddette «carceri minorili», anziché nelle comunità, e si tenta di agevolare il passaggio degli over 21 dagli Istituti penali per minori (Ipm) alle carceri per adulti. Secondo Antigone, dopo un anno di applicazione del decreto Caivano il numero di detenuti negli Ipm è aumentato di circa il 50%.

DDL ECO-VANDALI
Sulla carta è una legge voluta dall’ex ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano per punire chi deturpa i beni culturali. Nei fatti serve a criminalizzare le organizzazioni ambientaliste e in particolare le proteste di Ultima Generazione ed Extinction Rebellion. Il disegno di legge, approvato a gennaio 2024, punisce con multe da 10mila a 60mila euro e la reclusione fino a cinque anni le manifestazioni non violente. A marzo l’Onu bacchetta l’Italia per questa norma e vari paesi Ue per una «risposta sproporzionata alla disobbedienza civile pacifica e la preoccupante tendenza a restringere il campo della protesta legale».

PROTOCOLLO ALBANIA, LA RATIFICA
A febbraio 2024 il parlamento vota la legge di ratifica del protocollo Roma-Tirana. L’obiettivo è deportare ogni anno oltre Adriatico fino a tremila richiedenti asilo provenienti dai Paesi sicuri, facendogli svolgere dietro le sbarre dei centri, spesa stimata tra 650 milioni e un miliardo, le procedure d’asilo. Il progetto va a sbattere contro le decisioni dei giudici che non convalidano in due round la detenzione dei 18 migranti che finora hanno varcato la soglia della struttura di Gjader. È attesa in questi giorni la sentenza della Cassazione sui ricorsi del Viminale, ma probabilmente la partita si deciderà la prossima primavera davanti alla Corte di giustizia Ue.

DDL NORDIO
In vigore dall’agosto 2024, il disegno di legge per la riforma della giustizia presentato dal ministro Carlo Nordio e preteso da Forza Italia (mentre la Lega premeva per l’Autonomia differenziata e Fdi per il premierato) interviene sul codice penale, sul codice di procedura penale, sull’ordinamento giudiziario e su quello militare. Tra le principali norme: abolizione del reato di abuso d’ufficio; modifica della disciplina sulle intercettazioni con limitazione dei poteri di pubblicazione; modifica del reato di traffico di influenze illecite con restringimento del campo di applicazione e innalzamento lieve della pena minima; nuova composizione collegiale del gip; divieto per il pm di presentare appello contro le sentenze di proscioglimento emesse in relazione a reati di «contenuta gravità».

DECRETO CARCERI
Tramutato in legge ad agosto 2024, e sbandierato dal ministro Nordio come soluzione ai problemi del sovraffollamento penitenziario e alla piaga dei suicidi in cella, per la Lega è l’ennesimo «svuota carceri». Né l’uno né l’altro perché il decreto in vigore dal 5 luglio non ha minimamente intaccato l’eccesso di presenze negli istituti penitenziari italiani giunto ormai alle 16 mila unità (62.400 detenuti in 47mila posti disponibili): un record che non si registrava dal 2013, l’anno della condanna europea per trattamenti inumani e degradanti. Il provvedimento stabilisce l’assunzione di mille agenti di polizia penitenziaria (500 nel 2025 e 500 nel 2026); autorizza lo scorrimento delle graduatorie per i funzionari; interviene sulle indennità dei dirigenti e dei medici; prevede un commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria (nominato Marco Doglio che ha a disposizione 36 milioni di euro per ricavare nuove carceri dalla ristrutturazione di vecchi edifici); istituisce un albo di comunità adibite alla detenzione domiciliare. E inserisce il nuovo reato contro la pubblica amministrazione, quello di indebita destinazione di denaro o cose mobili, per compensare parzialmente l’abolizione dell’abuso d’ufficio contenuta nel ddl Nordio. In favore dell’«umanizzazione» della detenzione solo un leggero incremento delle telefonate concesse ai reclusi e il calcolo immediato delle detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata. Per effetto del decreto le persone in regime di 41 bis non possono accedere alla giustizia riparativa.

REATO UNIVERSALE DI GPA
È forse la legge più paradossale del governo Meloni, descritta come un «inapplicabile obbrobrio giuridico»: l’Italia si inventa di definire reato ciò che per altri 65 Paesi democratici del mondo reato non è, mentre in alcuni Stati è addirittura un diritto. Ovvero la gestazione per altri (Gpa). Intervenendo sulla Fecondazione medicalmente assistita normata dalla legge 40/2004, già fatta a pezzi da Consulta e corti internazionali che ne hanno depotenziato di molto il carattere liberticida, la «proposta Varchi» approvata in via definitiva dal Senato il 16 ottobre scorso vieta ai cittadini italiani il ricorso alla maternità surrogata anche se ottenuta in un Paese dove essa è legale e legalizzata, o semplicemente accettata. Dunque di «universale», al di là della voluta confusione lessicale, nella legge non c’è proprio nulla. Tranne un pregiudizio tutto italiano. Che colpisce in particolare le coppie omosessuali maschili, le più «intercettabili» alle frontiere, quelle che in Italia non possono adottare un minore come accade in altri 39 Paesi del mondo. Da ricordare però che è eterosessuale la maggior parte delle persone che intraprende viaggi della speranza in Paesi come Olanda, Grecia, Portogallo, Gran Bretagna, Usa e Canada per avere un figlio grazie alla volontaria gestazione di una madre surrogata, che sia a pagamento o per solidarietà. Per molti giuristi il reato è inapplicabile perché viola vari principi costituzionali. E infatti, riferisce l’associazione Coscioni, «la Cassazione ha già archiviato le poche inchieste aperte sulle coppie che hanno usato la Gpa nei Paesi dove è legale e che sono state sospettate di aver iniziato l’iter in Italia».

LEGGE ANTI-STUDENTI
Il ministro all’Istruzione (e merito) Giuseppe Valditara aveva esordito parlando della necessità di «umiliare gli studenti». Le polemiche non lo hanno scoraggiato e la legge di riforma della condotta approvata a ottobre di quest’anno ne è la prova. Torna il voto sulla disciplina, con un’insufficienza si viene rimandati a settembre con obbligo di recupero e il voto incide sulla valutazione finale all’esame di maturità. Gli studenti sospesi per un massimo di due giorni devono svolgere attività di recupero e presentare un elaborato. Per sospensioni superiori ai due giorni, invece, gli alunni sono coinvolti in attività presso strutture scelte dal MiM. Sono introdotte multe da 500 a 10 mila euro per le aggressioni a docenti e personale scolastico. Facile intuire che, a parte il tema delle violenze, i principali destinatari di conseguenze gravi sono gli studenti che protestano per la scuola pubblica. La riforma del ministro leghista corrisponde all’idea di educazione autoritaria della destra: più che formare cittadini, vuole reprimere il dissenso.

DL FLUSSI
Oltre agli interventi sulle procedure per l’ingresso regolare di lavoratori migranti e quelli a tutela delle vittime di caporalato, dentro questa norma cresciuta a dismisura nel passaggio in Commissione c’è davvero di tutto. È stata convertita in legge il 10 dicembre. Le ong sono di nuovo sotto attacco: ostacoli agli aerei che monitorano il Mediterraneo e, soprattutto, semplificazione della confisca delle navi già prevista dal decreto Piantedosi. Diventa possibile accedere ai dispositivi elettronici dei migranti alla ricerca dei dati per identificarli. In risposta al flop albanese il governo sposta la competenza sulle convalide dei trattenimenti dei richiedenti asilo dalle sezioni specializzate in immigrazione alle Corti d’appello, sperando di avere maggiore fortuna. È l’«emendamento Musk», visto che proprio l’uomo più ricco del mondo aveva detto ai giudici del tribunale di Roma che hanno liberato i richiedenti dai centri in Albania di «andare via». La legge rende più difficili i ricongiungimenti familiari e include, come emendamento, la nuova lista dei Paesi sicuri. Un manifesto «melonissimo» delle politiche migratorie del governo.

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