Abu Rahman è un jihadista, un
professionista della guerra santa. Sono gli uomini che nella violenza
stanno scardinando un mondo, e che noi non conosciamo, riempiono i giornali
le televisioni la Rete, e non li conosciamo. Ci prepariamo a combatterli,
forse, e non li conosciamo. Abu Rahman mi ha portato la notizia della
morte di un combattente che ho incontrato, Adel Ben Mabrouk, guardia del corpo
di Bin Laden, otto anni a Guantanamo, ucciso accanto a lui in Siria. Non lo
sentivo da due anni. La morte è un destino che non perdona questi uomini. Abu
Rahman si nasconde, rischia la prigione nel Paese dove è tornato. Ha un solo
amore, il suo dio inflessibile sottratto ad ogni dubbio, che gli offre
trasparenza e semplicità, molti odi, gli sciiti prima di tutto, gli eretici e
poi gli americani. Vive in una memoria ossessiva dove predomina una guerra di
tutto contro tutti, e il tradimento. È il ritratto più vero della Siria di oggi
che io abbia mai ascoltato: Bashar, i russi, l’America, il califfato, gli altri
gruppi islamisti, nessuno è alleato con qualcuno, tutti sono nemici oggi o
domani.
Ecco il racconto della sua vita.
«Sai, la sura dice: “recita, nel nome del
tuo Signore, che ha creato, che ha creato l’uomo da un grumo di sangue”. Un
grumo di sangue: hai capito? E allora perché avrei dovuto provar paura quando
sono partito per la Siria? Bisogna andare ad aiutare i fratelli musulmani, la
religione del vero, che patiscono di fronte a quei cani di sciiti infedeli... E
poi avevo già combattuto in Iraq contro gli americani, le armi le so
maneggiare. Dicono che noi guerrieri di dio siamo degli affamati, gente che
cerca denaro e belle case… Beh, io sono commerciante, ho soldi, quando non
tornerò più dalla guerra santa la mia famiglia, mia moglie e due figli piccoli,
avrà di che vivere. Rimarrà di me un buon figlio che invocherà la misericordia
per suo padre. Di che altro c’è bisogno?
Andarci... Non è difficile andare, ho
preso l’aereo, Istanbul, poi Antalya, eravamo in tre o quattro, tunisini come
me. Tutto è pronto sulla via che porta a Dio. C’era già il passeur, per entrare
in Siria. Ma i poliziotti turchi ci hanno fermato. Dodici ore poi ci hanno
lasciato andare, con tante scuse e sorrisi. Vedi? È Dio... All’inizio ero con
un reggimento del gruppo Al Mouhajiroun, gli immigrati, turchi e arabi. Ci
hanno dato le armi, ci hanno portato a combattere nella città di Selma, sulle
montagne sopra Latakia. È un punto strategico quello, i soldati di Bashar non mollavano,
stavano a duecento metri, non di più, da noi, ci si ammazzava guardandosi negli
occhi. È un posto dove sunniti e alawiti vivevano insieme. Vivevano… Già.
adesso non ci sono più alawiti, conoscevamo ad una ad una le case: qui un
sunnita, qui un cane.. Qualcuno è scappato, gli altri…
IL RICORDO DEL PRIMO UOMO UCCISO
Che cosa provo ad uccidere? Vuoi sapere se
ricordo chi ho ucciso per primo? In Iraq ho ammazzato il mio primo uomo, al
tempo degli americani. Ho detto: grazie Dio, ti ringrazio perché hai guidato la
mia mano. Continuo a ripeterlo.
Dopo quattro mesi in Siria sono passato
alle “katibe” di jabhat Al Nusra, gli uomini di Al Qaeda. Perchè? Che domanda
stupida! Quelli sono veri combattenti, i loro emiri sono grandi uomini, ecco
perché! Guerrieri puri, i migliori, e dotti nell’Islam. In Siria è pieno di
gruppi di banditi, gente che dice di essere musulmano e in realtà cerca denaro
e traffici. Non ci sono pensieri impuri in quelli di Al Nusra.
DA MANGIARE SOLO ERBA
La jihad: è dura la jihad! Non c’era nulla
da mangiare, spesso per giorni, eravamo assediati lì, abbiamo mangiato l’erba
come le bestie e i frutti verdi degli alberi. Uno di noi era un contadino, ha
piantato un piccolo orto. Per bere raccoglievamo l’acqua piovana. Fa freddo su
quelle montagne, le montagne dei curdi dannati, freddo da morire e non avevamo
vestiti pesanti. C’era una televisione in tutto il villaggio e quando non
cadevano bombe si andava a vedere Al Jazeera. E i mortai… Come erano grandi i
mortai dei soldati: bestie da 120 millimetri, sparavano tutto il giorno, ci
facevano vedere la morte e noi non avevamo nulla da opporgli, una mitragliera
da 23 millimetri che si inceppava sempre! E poi gli elicotteri e gli aerei che
sganciavano i bidoni pieni di esplosivo…
IL TRADIMENTO CHE UCCIDE
Ma questo è niente, resistevamo. Quello
che è terribile è il tradimento. I nostri emiri si riunivano in una casa, dopo
pochi minuti arrivava una bomba precisa precisa! Si usciva di notte per una
operazione, i soldati erano già lì che ci aspettavano! Tra noi c’erano spie,
gente che i servizi di sicurezza, i Mukhabarat, del regime avevano lasciato
prima di ritirarsi o infiltrato come falsi combattenti.
La zona di al Karrata... Lì sapevi che non
potevi uscire vivo. Bombe bombe bombe. Quanti dei miei compagni sono morti! Nel
loro cuore portavano una moschea splendente di Dio. Ali il Magrebino… lo
amavano tutti, una granata gli ha portato via una gamba, così, di netto, mentre
sparava stando in piedi, dritto, e il dolore gli ha spento il grido Allah akbar
sulle labbra. È morto dissanguato, non avevamo garze, bende, nulla per
tamponare la ferita. Usavamo erbe e rimedi tradizionali perché non c’erano
medicine.
E lì che è morto Adel Ben Mabrouk, il
sopravvissuto di Guantanamo, accanto a me, a Durin, un villaggio che ci è
costato tanti, troppi martiri, un posto maledetto, un pugno di case. Per
niente, adesso l’hanno ripreso i soldati. Adel, lui che aveva baciato la mano
allo sceicco Osama sulle montagne afgane, che aveva resistito otto anni a
Guantanamo alle torture degli americani, lo ha preso un cecchino, in testa, in
prima linea. Aveva appena annunciato che stava per sposarsi con una donna
siriana, come molti di noi... Era felice.
Seppellivamo i morti di notte a Durin, per
sfuggire alle bombe, non potevamo nemmeno recitare la “fatiha’’ sulle tombe, sì
la puoi recitare ovunque, lo so, ma sulle tombe assume un significato
particolare… Abbiamo chiesto aiuto a quelli del gruppo di Ahrar el Cham, tutti
siriani quelli, e hanno armi moderne, non vecchi kalashnikov. Ci hanno risposto
no, ci hanno lasciato crepare, noi che siamo loro fratelli. Grazie a Dio ci
siamo salvati.… Io so bene cosa è il tradimento… Quando sono andato in Iraq per
battermi contro gli americani c’era ancora Saddam che comandava, volevano
mettermi in una brigata che si chiamava «i martiri di Saddam». Noi sunniti
siamo stati spediti a sud, a Karbala; gli americani avanzavano non c’era acqua
né cibo, per Saddam dovevamo controllare gli sciti di cui non si fidava… quando
tutto è crollato, in piccoli gruppi otto, dieci siamo scappati a Baghdad, ci
hanno messi in un albergo, l’hotel Cedir, non si fidavano, tutto attorno
crollava, ma attraverso le zone sunnite, Ramadi, Samara, Mosul, siamo riusciti
ad arrivare in Siria. Chi vuole restare è libero, hanno detto i siriani e
invece ci hanno spedito in Tunisia dove ci hanno arrestati. Mi ha liberato la
rivoluzione contro Ben Ali.
LA JIHAD PRIMA DEI FIGLI
La jihad, la jihad sai per me è un dovere,
non c’è scelta: la terra musulmana è in mano ai senza Dio, agli sciiti infami,
la jihad viene prima dei figli del mangiare della casa del paese, devi
combatterli con la parola i soldi le armi le leggi. Morire vivere... Parole, ci
sono mujaheddin che combattono da 30 anni e sono ancora vivi altri che sono
morti dopo un’ora… Decide Dio. Quello che voi occidentali non potete capire:
avete perso la voglia di combattere per la fede, la religione per voi funziona
come per me il commercio, ma quello che è importante per me, per noi, è essere
puri nel momento in cui ci si separa da questo mondo, avere una fine felice. Tu
saresti capace di avere una fine felice, rispondi? Io non sono sempre stato
così pronto a Dio, ogni tanto la mia fede mi lascia, ma poi torna. E allora mi
sento vivo e non più schiavo dell’occidente. Si combatte si uccide si muore.
Voi occidentali siete più forti: per il denaro, i mezzi, le armi che avete. Ma
proprio per questo avete paura di morire e volete vivere a tutti i costi. Noi
no. Vedi la saggezza di Dio? Attraverso la debolezza lui ci rende più forti di
voi.
Nel giorno della resurrezione
l’Onnipotente mi chiamerà a se: “Abu, hai assolto i tuoi doveri?”. “Mio dio, mi
sono impegnato - gli risponderò - ho accettato di morire per te: tu sarai
clemente allora...”.
Perché sono venuto via, perché non sono
rimasto là a morire come Adel e gli altri? Perché è arrivato Isis. Ed è entrato
l’odio tra noi. I loro capi non sono veri musulmani come noi, sono ex
funzionari del Baath iracheno, ex ufficiali dell’esercito di Saddam. Non
vogliono concorrenti, è impossibile cambiare idea, lasciarli: ti uccidono.
Vicino ad Aleppo noi di Al Nusra abbiamo ceduto loro ventun villaggi che
controllavamo: loro li hanno lasciati a Bashar. I loro emiri non sanno nulla
del Corano, sono ignoranti e anche i combattenti sono giovani ignoranti
affascinati dalla loro propaganda. Abbiamo litigato con loro, poi abbiamo anche
combattuto. Ecco perché sono venuto via dalla Siria, non posso stare in un
posto, morire, dove i sunniti, la gente di Dio, combatte non contro gli sciiti
e gli americani ma tra di loro. Non so se tornerò, forse da un’altra parte.
Voglio combattere perché nasca un governo islamico in Siria e dopo andremo a
liberare la Palestina dai giudei. Nascono nuovi gruppi, si uniranno a noi, Jaich
al Fatah, per esempio, si battono bene, c’è speranza, ma occorre essere uniti.
I russi dici? Bombardano? Che importa. Noi combattiamo per una fede, loro no,
perderanno».