Lema Nazeeh è una giovane attivista palestinese di
Ramallah (Osservatorio Iraq l'aveva intervistata dopo il lancio dell'operazione militare israeliana "Brother's
Keeper"). E' membro molto attivo del Popular Struggle Coordination Committee (il Coordinamento dei Comitati
popolari che portano avanti la resistenza nonviolenta) e ha vissuto a Roma per
tre mesi nell'autunno 2013, a La Città dell'Utopia, grazie ad un progetto di
scambio del Servizio Civile Internazionale*.
Decidiamo di
intervistarla dopo la straordinaria manifestazione da Ramallah a Qalandya della
notte del 24 luglio, che l'ha vista, come sempre, in prima fila contro
l'Occupazione.
Il corteo di giovedì notte ci ha sorpresi tutti, vorremmo perciò
chiederti: come è stata organizzata la manifestazione? Quale gruppo l'ha
spinta? Come siete riusciti ad aggregare così tante persone, superando
l'empasse che si è registrata nei primi giorni dell'attacco a Gaza, in West
Bank?
Fin dall'inizio dell'attacco a Gaza ci sono state diverse
manifestazioni anche in West Bank, qualcuna in solidarietà, qualche altra per
continuare la resistenza da qui, con scontri dove ci sono check point o
insediamenti. Abbiamo visto anche nuovi villaggi che si sono mobilitati,
sopratutto di sera, dopo l'Iftar (la cena con cui si interrompe
il digiuno del Ramadan, ndr).
Nelle città
invece le forze dell'Autorità Nazionale Palestinese (Anp) molte volte ci
hanno bloccato per impedire lo svolgimento di manifestazioni. Alcune volte
siamo riusciti a superare il problema, molte altre volte invece no.
Ad un certo
punto, tra noi più giovani ci siamo detti che era venuto il momento di
esprimerci con una giornata di rabbia, in cui tutti potessero andare nelle
strade per continuare la Resistenza di Gaza qui, ribadendo il nostro diritto
all'autodeterminazione.
Un sacco di gente
voleva far parte di questa iniziativa, e così abbiamo cominciato ad includere
persone di ogni tipo, società civile, partiti politici. Poi, l’Anp due giorni
fa ha dichiarato di sostenere la Resistenza in solidarietà agli abitanti di
Gaza, e questo è stato preso quasi come una chiamata ad andare in strada.
Non è successo
ovunque, perché in alcuni contesti l’Anp ha continuato a bloccare l'iniziativa
della gente. E' stato diverso invece a Ramallah, dove ha fatto addirittura una
chiamata al corteo, e chiesto alla gente di partecipare.
Penso che tutti
sentivamo dentro di voler fare qualcosa, e quindi alla fine siamo scesi in
strada, ed è stato grandioso, non vedevo qualcosa del genere dal 2000,
dall'inizio della Seconda Intifada. C'erano migliaia e migliaia di persone.
Cosa è successo all'avvicinarsi a Qalandya?
Abbiamo marciato
dal campo profughi di Al Mahari a Qalandya. Quando siamo arrivati i soldati
israeliani avevano già cominciato a sparare. Non hanno sparato lacrimogeni, ma
direttamente proiettili, di gomma e sopratutto proiettili veri e propri.
Moltissimi sono in ospedale oggi per questo, ci sono stati più di 250 feriti da
arma da fuoco.
I manifestanti
erano giovani, donne, bambini. Abbiamo voluto che fosse una manifestazione a
cui tutti potessero partecipare, perché l'obiettivo era quello di raggiungere
Gerusalemme.
In questi anni i Comitati popolari sono stati un modello, un esempio per
cortei come questo?
I Comitati
popolari sono stati un esempio, erano presenti e sono parte del processo in
atto, perché questa voleva essere una manifestazione popolare nonviolenta, ma
siamo stati completamente spiazzati dall'utilizzo di proiettili e armi da
fuoco, fin dall'inizio della manifestazione.
Credo che in
generale ora la gente sia molto più consapevole dell'importanza della
resistenza popolare, hanno visto quanto importante sia mobilitarsi per
richiedere il proprio diritto all'autodeterminazione. L'epoca della pace è
finita.
Tutto quello che sta succedendo a Gaza ma anche qui ci fa
dire “Basta con l'occupazione”, non
serve renderla un po' più sopportabile.
Ci sono piani per i prossimi giorni?
Oggi le
manifestazioni sono continuate con intensità in tante parti della Cisgiordania.
A Nabi Saleh c'è stata una manifestazione grande, a cui sono accorsi in tanti
dai villaggi circostanti, e i soldati hanno sparato di tutto, come sempre.
Oggi (25 luglio, ndr) ci
sono stati i funerali dei due ragazzi uccisi ieri notte, e continuano anche ora
gli scontri, nella zona del check point di Qalandya così come davanti alla base
militare di Beit Il. So che ci sono stati 4 morti, 2 a Beit Ummar, vicino a
Hebron e 2 a Hurwara, il check point di Nablus. Ci sono scontri un po' ovunque,
sia in West Bank che in Israele.
Qualcosa in particolare che vuoi dire a chi in Italia che leggerà le tue
parole?
Voglio dire agli italiani di continuare a sostenere la nostra
resistenza e i nostri diritti, è l'unico modo per direstop all'Occupazione. Siamo anche noi esseri umani, e
credo sia giunto il momento di dire, “basta con l'Occupazione!”.
Questo avverrà solo con la resistenza.
Nessun commento:
Posta un commento