giovedì 24 luglio 2014

tre poeti a Gaza

Stabat Mater - Gianni Mascia

Stava Maria, Mater addolorada, a Gaza.
Tristezza nelle viscere, pietre nel cuore,
nelle penombre di vespro che s’arrossano,
come carne insanguinata, appena martoriata,
nell’ora d’un segno di croce, a denti stretti,
senza preghiere e senza nemmeno un sospiro,
né una stilla d’acqua santa a benedire
l’ultimo momento, l’ultimo canto funebre.

Stava Maria, madre di dolore, a Gaza.
Ribolle la terra nel vuoto del nulla,
mentre lontano rimbomba feroce la voce
del fragore di mura in caduta, sbrecciate,
che suonano nei sogni di polvere malvagia,
di notti che repentine rotolano nelle rovine,
nel singhiozzare del pianto di un bimbo ferito
che beve le lacrime salate dell’amarezza,
che piovono come un fiume d’Inverno, tsunami,
dalla bocca spalancata del cielo gonfio, grigio,
color di Piombo Fuso, che vomita l’anima
nei suoni dell’abbandono e della disamistade
che sono la sinfonia dell’odio e della tirannia.
Stava Maria, Mater addolorada, a Gaza…
Era lì, a Gaza, stava a Kabul, in Sierra Leone,
in ogni dove e in ogni quando riluca il dolore,
in ogni dove e in ogni quando alberghi la follia
e l’uomo si strafoga di quel sangue innocente
consolato solo dal canto di labbra di luna.




GAZA CITY – RASA DISCANTO - Sandro Sardella


“Mentre in lontananza rombava il tuono dell’artiglieria,
noi incollavamo, recitavamo, componevamo versi e
cantavamo con tutta l’anima. Eravamo alla ricerca di
un’arte elementare che pensavamo avrebbe salvato
l’umanità dalla furiosa follia di quei tempi.
Aspiravamo a un nuovo ordine che potesse ristabilire
l’equilibrio tra il cielo e l’inferno.”
(Jean Arp)


il cuore ha tremato
il flusso dell’indecente ha forzato
un occidentale quotidiano consumonarcotizzato

il cuore tuo
cara amica
ha tremato
inquietato da
piccoli occhi interrogantimpauriti
acceso da
grida e pianti
scosso da
un’indifferenza devastante

fiamme sulla spiaggia di Gaza city
la corsa delle ambulanze è breve
l’assedio resta in piedi
inascoltato
feroce
sterminatore

i bimbi saltano e giocano
in un sole traballante
la palla
vola
galleggia
oltre
idee di pietra e cementi

le olive cadono premature e marce
come cani da caccia
si sparpagliano
cacciatori investiti
di un qualche valore spirituale
s’ingozzano
fanno il bagno
fanno pulizia

lo sguardo fisso nel vuoto
dove un boato ha lasciato
indelebile la sua impronta di
polveri urla e brandelli di cielo

la cena fumò e bruciò
tra i detriti delle stanze
sopra il balcone nuovo
mani e voci
le luci e la baia
la sabbia ha un buon sapore
oltre la marea

l’odore del mercato
ascoltando le sirene
di una fragile tregua
ancora quando
piove piombo
e dalle colline aride
appena pomeriggio
carrarmati e blindati
senza limiti di tempo
sversano
un fuoco biblico
per purificare la terra
per avere sicuro e largo dominio

corpi caldi e umidi
impolverati
le donne urlano
agli aerei in cielo
un incalzante lamento
si sparge
a ritmo infuocato
tra mura e carni sfarinate

la polvere fluttua
fumo che vomita
rumori di vita
soleggiati e sparati

è un luglio di giudizio
inesorabile
irrefrenabile

ne sentiamo l’odore

il vento asciuga umori
dentro fiori invisibili

le conchiglie stridono

sullo schermo
il grido della carne
s’infrange
s’affoga

come sopportare quel cielo
queste notti arrossate
questa bestiale propaganda
questa mia impotenza

e parliamo
cara amica
di occupazione
di genocidio
di infinite ingiustizie
di vergognose complicità
di indignazione
di
di
di

e guardiamo
gli aquiloni estivi
agitarsi nel cielo
sopra teste resistenti

nel luglio fuoco di Gaza city
le tue lacrime
macchie di sole
dentro voci di campane rotte



A Gaza – Alberto Masala

Questo testo può apparire debole e rinunciatario – ma rappresenta la mia condizione di impotenza attuale rispetto a come l’occidente sta gestendo l’arroganza e la falsità delle tesi israeliane: un regime teocratico e sanguinario, violento e determinato allo sterminio, che non ha nessuna opposizione da parte dei governi “occidentali”. Davanti a ciò che succede a Gaza sono disperato e impotente: oggi non potevo scrivere un testo differente da questo, anche se avrei voluto farlo.



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