Aman ha una
quarantina d’anni, ma ne dimostra anche di più, con i primi capelli bianchi e
il viso sciupato. Non sembra neppure un pakistano, semmai ha piuttosto la
faccia di uno slavo. Del resto dice che non vuole avere molto a che fare
con altri pakistani: gente cattiva, che davanti ti sorride e poi ti pugnala
alle spalle.
Ha cinque
figli, quattro suoi, quattro maschi dai 17 ai 12 anni, e poi una figlia di sua
sorella, ancora più giovane, che lui cresce assieme agli altri, come se fosse
sua, e non saprei dire perché .
Non è
andato a scuola da ragazzo nel suo paese, ma parla tre lingue per via
della sua vita da migrante: l’arabo di Dubai e il greco, oltre a quella di casa
sua, subito a sud del Kashmir.
In Grecia
aveva cominciato a fare i soldi e si era messo su un piccolo giro di
negozietti che noleggiavano film di Bollywood al Pireo per gli immigrati. Poi
una sera è stato aggredito a bastonate e spedito all’ospedale da una
squadraccia e la notte dopo gli hanno bruciato il negozio.
Alba Dorata,
penso io, e penso anche che nessuna notizia dei media è vera, anche quando
parlano della verità, ma poi non sanno farla vivere, e dunque anche il razzismo
greco rimane cosa astratta, fino a che non trovi qualcuno che ci è passato.
L’economia
greca intanto è collassata, oltretutto, e così Aman ha deciso di tornare
a casa. Ma in Pakistan il fratello a cui aveva mandato tutti i suoi risparmi
degli anni in Europa gli ha chiuso la porta in faccia e si è tenuto i soldi e
Aman ha dovuto ricominciare tutto da zero, soltanto con una decina di anni di
troppo.
Rieccolo in
giro per il mondo, in Germania, adesso, dove non conosce la lingua e non ha
amici.
Ha trovato
lavoro come sguattero in un ristorante, qualche ora la settimana, a 400 euro al
mese, che gli servono per l’affitto.
Lava i piatti
la mattina e il pomeriggio. Poi la notte è tutta per lui, nel senso che
la passa tutta a vendere fiori fuori dai locali.
È quasi un
accattone, siamo ai margini quasi del barbone: Aman ha però il look
giusto: miserabile quel tanto che serve a suscitare pietà, ma non poi
troppo, per sfuggire al rischio dello schifo e del rigetto.
Aman è un uomo
semplice, ma non si stancherebbe di esporre la sua Critica della ragion
pratica.
Vedi, un fiore
mi costa 10 centesimi, ma posso farci un euro o anche due, a volte 10 per un
mazzetto.
Li tiene in
cantina, in un secchio dove cambia l’acqua ogni tre giorni, gli strumenti del
suo lavoro…
E poi c’è il
denaro di Dio, che non è quello della banca del Vaticano, ma quello che Dio gli
fa trovare nei prati e sui marciapiedi, e non è poco: anche 45 euro, una
volta, Dio gli ha fatto trovare…
dio, che è
il padrone di tutte le cose, non si stanca mai di ripetere Aman, da buon
musulmano.
Ha una
cassettina incredibilmente pesante tutta piena di monete trovate in giro,
soprattutto la notte tardi quando gli ubriachi escono dai locali e sembra che
l’alcool gli abbia scavato voragini nelle tasche. Non ha ancora contato quanti
euro sono, lo farà al momento giusto.
Ogni giorno
verso le 5 o le 6 della mattina Aman ritorna a casa e dorme forse tre ore, poi
si alza per andare a fare lo sguattero; nel lavoro sono compresi i pasti, per
fortuna, che quindi non gli costano niente. E per vestirsi, anche qui basta
raccogliere quel che gli ubriachi dimenticano in giro e dargli una lavata: ecco
un giubbino, un paio di camicie, i pantaloni persi in qualche notte brava da un
coatto.
Aman gira
tutta la notte con un pensiero fisso in testa e sono i suoi figli: che siano
vestiti bene, che frequentino una buona scuola: se loro sono felici, anche io
lo sono, io non voglio altro, dice. E questa è l’etica del suo sistema
filosofico.
Aman lo ripete
in modo quasi ossessivo, come fosse un versetto del suo personale Corano, e
mentre lo ripete davanti a me quasi si trasfigura: il suo leggero strabismo divergente
gli diventa più congeniale e lo fa sembrare quasi un santo ortodosso da icona
russa.
Mistico è Aman
nel dimostrare che di lui stesso non gli importa nulla e la sua felicità è
fuori di lui.
A me pare un
po’ suonato Aman e in preda ad una ossessione autolesionista.
Però mi rendo
conto che oggi è il mio giorno fortunato: ho incontrato un santo e non ne avevo
mai visti di persona.
Ho incontrato
un santo, era un islamico, e il suo nome è Aman, che ha qualcosa della
fissazione altruista di una qualche Madre di Calcutta.
Poi ho
incontrato anche il pensiero che la nostra vita sazia, sopra le righe, senza un
problema, non sa niente della vita vera.
che è
sbattersi anche 20 ore al giorno, solo per tenersi in vita per poter
tenere in vita i propri figli.
E con questo
pensiero mi sento diventato in pochino, soltanto un pochino, più santo anche
io.
Un santo solo
virtuale, un santo che non vale niente, un santo che, finito il post, gira le
spalle da un’altra parte e riprende la sua passeggiata.
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