La
quinta notte apro la porta
sull’inferno. Dal buio dello stanzone esce un alito di aria intensa e
arroventata che impasta la gola. Si accende un lumino e rischiara una distesa
di decine di persone, ammassate come stracci su tranci di gommapiuma. Niente lenzuola,
a volte solo un asciugamano fradicio di sudore sotto le coperte di lana.
Nemmeno un armadietto hanno messo a disposizione: ciabatte e scarpe sono sparse
sul pavimento, i vestiti di ricambio dentro sacchetti di carta. Rischio di
calpestare una serpentina incandescente, collegata alla presa elettrica da due
fili volanti. Qualcuno sta preparando la colazione per poi andare a lavorare
nei campi. Cucinano per terra. Se scoppia un incendio, è una strage.
No, questa non è una bidonville. È un ghetto di
Stato: il Cara di Borgo Mezzanone vicino a Foggia, il Centro d’accoglienza per
richiedenti asilo, il terzo per dimensioni in Italia. Ce ne sono molti altri di
stanzoni ricoperti di corpi. I ragazzi africani vengono sfruttati anche quando
dormono. Per trattarli così, il consorzio “Sisifo” della Lega delle cooperative
rosse, e la sua consorziata bianca “Senis Hospes”, amministrata da manager
cresciuti sotto l’ombrello di Comunione e liberazione, incassano dal governo
una fortuna: ventidue euro al giorno a persona, quattordicimila euro ogni
ventiquattro ore, oltre quindici milioni d’appalto in tre anni. Più eventuali
compensi straordinari, secondo le emergenze del momento.
La quinta notte rinchiuso qui dentro ho già visto i gangster nigeriani entrare nel Cara a prelevare le ragazzine da far prostituire. I cani randagi urinare sulle scarpe degli ospiti messe all’aria ad asciugare. E perfino i trafficanti afghani offrire viaggi nei camion per l’Inghilterra. Mi hanno anche interrogato. Un picciotto dei nigeriani, non la polizia. Agenti e soldati di guardia non si muovono dal piazzale asettico del cancello di ingresso. In una settimana, mai incontrati. Nessuno protegge i 636 ospiti dichiarati nel contratto d’appalto. Ma siamo sicuramente più di mille. Contando gli abusivi, forse millecinquecento. Perché da quattro buchi nella recinzione, chiunque può passare. E da lì sono entrato anch’io. Un nome falso, una storia personale inventata. Da lunedì 15 a domenica 21 agosto. Una settimana come tante. Nulla è cambiato, nemmeno oggi. Quello che segue è il mio diario da finto rifugiato nel Ghetto di Stato...
La quinta notte rinchiuso qui dentro ho già visto i gangster nigeriani entrare nel Cara a prelevare le ragazzine da far prostituire. I cani randagi urinare sulle scarpe degli ospiti messe all’aria ad asciugare. E perfino i trafficanti afghani offrire viaggi nei camion per l’Inghilterra. Mi hanno anche interrogato. Un picciotto dei nigeriani, non la polizia. Agenti e soldati di guardia non si muovono dal piazzale asettico del cancello di ingresso. In una settimana, mai incontrati. Nessuno protegge i 636 ospiti dichiarati nel contratto d’appalto. Ma siamo sicuramente più di mille. Contando gli abusivi, forse millecinquecento. Perché da quattro buchi nella recinzione, chiunque può passare. E da lì sono entrato anch’io. Un nome falso, una storia personale inventata. Da lunedì 15 a domenica 21 agosto. Una settimana come tante. Nulla è cambiato, nemmeno oggi. Quello che segue è il mio diario da finto rifugiato nel Ghetto di Stato...
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