Alla fine dell’anno Ban Ki-moon lascerà la carica di segretario generale, e
per le Nazioni Unite è giunto il momento di scegliere un successore. Al termine
dell’assemblea generale che si terrà all’inizio di ottobre sapremo chi sarà. Il
che pone due domande: come viene effettuata la scelta, e perché dovrebbe
interessare a qualcuno?
Il segretario generale delle Nazioni Unite è, in un certo senso, il
funzionario di più alto livello al mondo, ma il processo di selezione si può a
malapena definire democratico. La realtà è che si tratta di un processo oscuro
quasi quanto il conclave con cui viene scelto il papa.
Sono i quindici membri del Consiglio di sicurezza a scegliere il candidato,
anche se tutti e 192 i paesi dell’Onu avranno il diritto di votare per esprimersi
sulla loro scelta. Ma solo l’opinione dei cinque membri permanenti del
Consiglio di sicurezza (i cosiddetti p5) conta davvero, perché solo loro hanno
il diritto di veto.
Una pallida scelta
È per questo che la scelta non cade mai su chi ha opinioni forti e l’abitudine di agire con decisione. Una persona del genere finirebbe inevitabilmente per infastidire uno dei p5 (Russia, Regno Unito, Francia, Cina e Stati Uniti) o tutti. Perciò tutto il sistema è concepito per evitare che un anticonformista s’infili nei meccanismi e sia nominato.
È per questo che la scelta non cade mai su chi ha opinioni forti e l’abitudine di agire con decisione. Una persona del genere finirebbe inevitabilmente per infastidire uno dei p5 (Russia, Regno Unito, Francia, Cina e Stati Uniti) o tutti. Perciò tutto il sistema è concepito per evitare che un anticonformista s’infili nei meccanismi e sia nominato.
Il segretario generale non può essere originario di uno di questi cinque
paesi (perché potrebbe diventare pericoloso). Inoltre non deve avere carisma.
Di solito si sceglie una persona affidabile, ovvero un diplomatico dal curriculum
irreprensibile proveniente da un paese di piccole o medie dimensioni. Come
l’attuale segretario: un diplomatico di carriera sudcoreano che si è piazzato
al trentaduesimo posto nella classifica di Forbes degli uomini più potenti al
mondo.
Di solito, quindi, i candidati sono relativamente sconosciuti. Se scorrete
la lista attuale, gli unici due nomi riconoscibili anche a un manico della
politica internazionale sono l’ex premier neozelandese Helen Clark, oggi
amministratrice del Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite, e António
Guterres, ex primo ministro del Portogallo e poi Alto commissario per i
rifugiati dell’Onu.
Ma chi sono Irina Bokova, Natalia Gherman e Igor Lukšić? Si tratta,
nell’ordine, dell’ex ministra degli esteri ad interim della Bulgaria, della
ministra degli esteri moldava e del ministro degli esteri del Montenegro.
Bokova è anche la direttrice generale dell’Unesco, ma scommetto che non la
conoscevate comunque.
Il segretario generale non può agire in maniera
indipendente dalla volontà delle grandi potenze
Perché otto candidati su dodici vengono dall’Europa orientale? Perché
stavolta è il turno dell’Europa orientale. La regione è sempre stata esclusa
durante la guerra fredda, perché i suoi paesi erano sottoposti al controllo
sovietico e contravvenivano alla regola non scritta secondo cui il segretario
generale non deve venire da uno dei p5.
Ci si potrebbe anche chiedere perché l’Europa dell’est sia considerata una
vera e propria regione, visto che la sua popolazione totale è inferiore a
quella di paesi come Bangladesh, Brasile, Indonesia o Pakistan. Il motivo è lo
stesso: è considerata una regione a parte perché era occupata da truppe
sovietiche e la gran parte dei suoi governi erano, in ultima istanza, manovrati
da Mosca. Alle Nazioni Unite il peso della storia si sente.
Funzionari di stato
Ma ci sono stati alcuni passi avanti. Quest’anno le donne sono la metà dei candidati, e nel palazzo di vetro si sente che è giunto il momento di una segretaria generale. C’è anche il dichiarato impegno a rendere più trasparente il processo di selezione, che però resterà immutato. Il Consiglio di sicurezza proporrà un unico candidato che non sia sgradito a nessuna delle grandi potenze, e poi l’assemblea generale si limiterà a convalidare la sua scelta.
Ma ci sono stati alcuni passi avanti. Quest’anno le donne sono la metà dei candidati, e nel palazzo di vetro si sente che è giunto il momento di una segretaria generale. C’è anche il dichiarato impegno a rendere più trasparente il processo di selezione, che però resterà immutato. Il Consiglio di sicurezza proporrà un unico candidato che non sia sgradito a nessuna delle grandi potenze, e poi l’assemblea generale si limiterà a convalidare la sua scelta.
Si tratta fondamentalmente di un incarico da funzionario di stato, adatto a
persone dal carattere prudente. Come potrebbe essere altrimenti? Nessuna grande
potenza è disposta a cedere parte della sua sovranità o ad avere un leader
indipendente e forte alle Nazioni Unite.
E comunque quale sarebbe il senso di avere un leader simile, dal momento
che l’Onu non possiede forze militari o risorse finanziarie proprie? Ne
deriverebbe solo frustrazione: il segretario generale non può agire in maniera
indipendente dalla volontà delle grandi potenze, le stesse che hanno concepito
questo sistema.
Si tratta comunque di un incarico importante, e i candidati non mancano
mai. Il segretario generale può parlare a nome del mondo di fronte a gravi
violazioni dei diritti umani, e una volta ogni tanto può anche organizzare una
missione internazionale per mettere fine agli orrori (quando tutte le grandi
potenze sono d’accordo).
E diventa così, in virtù della sua posizione, il simbolo stesso di quel
mondo più collaborativo e meno violento a cui aspira la maggioranza dei
politici, dei diplomatici e dei cittadini comuni. Ma la realtà è ancora molto
diversa.
(Traduzione di Federico Ferrone)
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