da un'intervista:
Torniamo alla
lettura. L'elogio che lei ne fa è l'altra faccia del timore che essa possa
diventare del tutto accessoria. Ha davvero ha questa paura?
"È una paura propria del nostro tempo. Che di paure ne alimenta tante. Ammetto che nel romanzo potrei aver dilatato letterariamente un simile scenario. Ma spesso m'interrogo su che cosa sarebbe il nostro mondo senza la lettura. Come potremmo immaginare la rivoluzione bolscevica senza Gogol e Dostoevskij?".
Questo vale in sede di interpretazione storica. Lei teme sia possibile un mondo senza lettura?
"Non occorre andare tanto avanti con la fantasia. Gli uomini che odiano i libri non si contano. In Italia sono la maggioranza assoluta - lo dicono tutte le statistiche. Ci sono i disarmati, cioè gli analfabeti e i semianalfabeti. E questi ci sono sempre stati. Ma ci sono i consapevoli, cioè i più esecrabili, perché sanno quello fanno".
Come il Pasquale Coppola del romanzo, boss camorrista del quartiere Sanità?
"È una figura estrema. Adele s'imbatte in lui quando cerca di organizzare una festa dei libri in quel rione del centro storico napoletano. Coppola dà il suo assenso aggiungendo che a lui i libri hanno sempre fatto schifo".
Dalla lettura al libro. "Che orrore il libro immateriale", lei fa dire ad Adele. Adele è Ermanno Rea anche in questa circostanza?
"Fatte salve le ragioni di un personaggio letterario, aggiungo che anch'io guardo con sconcerto all'eventualità che il libro come oggetto sia al termine di una storia iniziata nel Cinquecento. Vivo questa possibilità, dall'alto dei miei ottantasette anni, con un senso di perdita. L'ebook non ha peso, profumo, bordi da annotare, va e viene senza occupare spazio nella mia casa, senza potermi redarguire con la sua sola presenza accanto a me".
"È una paura propria del nostro tempo. Che di paure ne alimenta tante. Ammetto che nel romanzo potrei aver dilatato letterariamente un simile scenario. Ma spesso m'interrogo su che cosa sarebbe il nostro mondo senza la lettura. Come potremmo immaginare la rivoluzione bolscevica senza Gogol e Dostoevskij?".
Questo vale in sede di interpretazione storica. Lei teme sia possibile un mondo senza lettura?
"Non occorre andare tanto avanti con la fantasia. Gli uomini che odiano i libri non si contano. In Italia sono la maggioranza assoluta - lo dicono tutte le statistiche. Ci sono i disarmati, cioè gli analfabeti e i semianalfabeti. E questi ci sono sempre stati. Ma ci sono i consapevoli, cioè i più esecrabili, perché sanno quello fanno".
Come il Pasquale Coppola del romanzo, boss camorrista del quartiere Sanità?
"È una figura estrema. Adele s'imbatte in lui quando cerca di organizzare una festa dei libri in quel rione del centro storico napoletano. Coppola dà il suo assenso aggiungendo che a lui i libri hanno sempre fatto schifo".
Dalla lettura al libro. "Che orrore il libro immateriale", lei fa dire ad Adele. Adele è Ermanno Rea anche in questa circostanza?
"Fatte salve le ragioni di un personaggio letterario, aggiungo che anch'io guardo con sconcerto all'eventualità che il libro come oggetto sia al termine di una storia iniziata nel Cinquecento. Vivo questa possibilità, dall'alto dei miei ottantasette anni, con un senso di perdita. L'ebook non ha peso, profumo, bordi da annotare, va e viene senza occupare spazio nella mia casa, senza potermi redarguire con la sua sola presenza accanto a me".
da un'intervista:
…Un altro
personaggio di quegli anni - anche lui un meraviglioso
sconfitto - fu Renato Caccioppoli, il grande matematico. Non hai
l'impressione che ci fosse un bel concentrato di intelligenze sprecate?
"Ho voluto molto bene a Renato. Non so se l'aggettivo sprecato sia corretto. La sua fu un'intelligenza spietata, umbratile, conflittuale, dolorosa, vera. Non aveva nulla di gratuito. Né di conformistico. Amava trasgredire e questo era considerato intollerabile dai funzionarietti di partito".
Caccioppoli morì suicida come pure due anni dopo si suicidò Francesca Nobili Strada. Hai quasi sempre raccontato storie di sconfitti. Ti ci riconosci?
"La verità è che siamo tutti dei perdenti. E poi detesto coloro che vincono. Tra questi ultimi ci sono troppi sopraffattori, mascalzoni, corrotti. Le persone sensibili e gentili - magari dotati di un'intelligenza fragile - sono quasi sempre destinati a essere sopraffatte. Con chi mi dovrei schierare? Fin da piccolo ho avuto questo bisogno di sentire che la giustizia era in qualche modo rintracciabile. Che non tutto si svolgeva allo stesso modo e sotto lo stesso segno"…
da qui
"Ho voluto molto bene a Renato. Non so se l'aggettivo sprecato sia corretto. La sua fu un'intelligenza spietata, umbratile, conflittuale, dolorosa, vera. Non aveva nulla di gratuito. Né di conformistico. Amava trasgredire e questo era considerato intollerabile dai funzionarietti di partito".
Caccioppoli morì suicida come pure due anni dopo si suicidò Francesca Nobili Strada. Hai quasi sempre raccontato storie di sconfitti. Ti ci riconosci?
"La verità è che siamo tutti dei perdenti. E poi detesto coloro che vincono. Tra questi ultimi ci sono troppi sopraffattori, mascalzoni, corrotti. Le persone sensibili e gentili - magari dotati di un'intelligenza fragile - sono quasi sempre destinati a essere sopraffatte. Con chi mi dovrei schierare? Fin da piccolo ho avuto questo bisogno di sentire che la giustizia era in qualche modo rintracciabile. Che non tutto si svolgeva allo stesso modo e sotto lo stesso segno"…
da qui
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