Caso Giada Vitale, ecco il
testo integrale dell’agghiacciante lettera a cui Papa Francesco non ha mai
risposto - Francesca
Lagatta
“Non avrei mai
pensato di scrivere o di cercare di avere un contatto epistolare con una
personalità grande come la Sua: il capo di tutti i cristiani del mondo,
l’ultimo successore di Pietro sulla Terra”.
Comincia così, l’accorata lettera inviata aPapa
Francesco nel 2013 da Giada Vitale (la storia raccontata qui), la
ragazza di Portocannone con cui don Marino Genova, ex parroco della
cittadina molisana, ha intrattenuto una relazione per quattro anni. Gli
incontri sarebbero cominciati quando la giovane non aveva ancora compiuto 14
anni, vicenda che, tre anni più tardi, all’assunzione quotidiana di
psicofarmaci per mettere a tacere la voce stridula della coscienza, che, a
volte, non sa riconoscere la linea sottile che divide le vittime dai carnefici (la storia
raccontata qui).
L’intera
vicenda ha scatenato profonda indignazione tra gli internauti, che, dalle
loro bacheche facebook, hanno fortemente condannato il comportamento del
sacerdote, reo confesso, ma non troppo, che ha addirittura ottenuto
l’assoluzione dal Tribunale di Larino per i rapporti intrattenuti con
l’adolescente dopo il compimento del 14esimo anno di età e il “perdono” del
Vaticano, che, dopo una sospensione “a divinis” durata due anni, lo ha
riabilitato alle sue funzioni sacerdotali. Malgrado le buone intenzioni di
ripulire la Chiesa dagli scandali, come dichiara Papa Bergoglio ad ogni
occasione.
Ed è proprio
Francesco, il gesuita venuto «dall’altra parte del mondo», che delude più
di tutti. Più della finta morale cristiana e di una giustizia che è giusta a
modo suo. Il Pontefice, infatti, non risponderà mai a Giada, nonostante la
lettera struggente e un video messaggio, prodotto e
diffuso in rete dall’associazione presieduta da Francesco
Zanardi, la Rete l’Abuso
onlus, il più
importante osservatorio italiano dei crimini commessi in ambito
clericale. Ma probabilmente Papa Francesco non naviga in internet. E forse
non legge nemmeno i giornali. Di sicuro, non ha mai preso provvedimenti nei
confronti di don Marino Genova, che tuttora dice messa, nel pieno delle sue
funzioni, come se niente fosse accaduto.
Ecco il testo
integrale della missiva:
“Non avrei mai pensato di scrivere o di cercare
di avere un contatto epistolare con una personalità grande come la Sua: il capo
di tutti i cristiani del mondo, l’ultimo successore di Pietro sulla Terra.
Mi chiamo Giada, ho festeggiato, si fa per dire,
da pochi giorni il mio 18° compleanno. Poteva e doveva essere una festa
come per tutti i ragazzi che raggiungono questo ambito traguardo che li
consegna a una successiva tappa di vita che i grandi chiamano maggiore età. Per
me è stato un grande dolore per l’assenza di mio padre che è mancato quando
avevo poco più di 3 anni; un vuoto che ho sentito durante tutta la mia crescita
anche se ho avuto una mamma e una nonna che mi hanno dato tutto l’amore, la
premura, l’appoggio per farmi crescere senza sentire mancanze affettive e di
nessun altro genere.
Senza badare a sacrifici, la mia nonna mi ha
regalato un pianoforte che per me è diventato un motivo di gioia e di orgoglio
che solo un oggetto molto prezioso sa dare. Ho frequentato la scuola
elementare senza incontrare difficoltà e, superata la scuola media mi sono
inscritta al Liceo Artistico e contemporaneamente ho cominciato a frequentare
il Conservatorio, perché si erano evidenziate in me attitudini naturali per la
musica.
Prima vivevo felice, pensavo che non mi mancasse
niente… ma all’improvviso sul mio orizzonte esistenziale, mentre frequento la
terza media, si staglia una figura che dominerà gli anni della mia adolescenza
nelle sembianze di un prete; niente di più sicuro e importante nella vita di
una tredicenne che, con le sue esperienze musicali acquisite, viene chiamata a
far parte del coro parrocchiale, per diventare in poco tempo la maestra e la
responsabile.
Mi è sembrato di toccare il cielo e la mia
gratitudine per il parroco è diventata una forma di rispetto che induceva me e
la mia famiglia ad avere gentili premure nei suoi confronti come per un padre,
un padre che il Signore mi aveva negato, forse per disegni che non riuscivo a
comprendere e che mi veniva restituito, come per miracolo.
E di colpo il padre si trasforma, e assume le
sembianze di un mostro che fagocita la mia mente, il mio cuore, la mia
innocenza. Inizio ad avere problemi a scuola, non riesco a studiare; la
sera mi trattiene a casa sua fino a tarda ora, la mattina non mi sveglio per
andare a scuola. Lascio gli studi a causa di questa situazione che mi fa
soffrire tanto; prendo psicofarmaci.
Sono ancora innocente e vergine, e il parroco
don Marino mi dice: «ti voglio mettere incinta, voglio un bambino». Divento
improvvisamente una sua preda, non ho scampo, mi trovo le sue mani dappertutto
che profanano i segreti del mio essere ancora una bambina.
Ho 13 anni, ma non ho conoscenze sulla
sessualità. Le mie due donne di casa non me ne avevano mai parlato. Io
vivevo in un paese dove tutto è all’insegna del pudore: il sesso è ancora tabù.
E la mia tragedia comincia: quest’uomo mi usa,
mi violenta, mi soggioga con una sdolcinata strisciante modalità che non mi
permette di ribellarmi; attiva in me certe forze che dovevano rimanere ancora
latenti per qualche tempo, per farsi dono d’amore all’occasione e con la
persona giusta, nei tempi e nelle modalità giuste.
Subisco per anni; la mia vita diventa un film
pornografico nelle mani di quest’uomo che ha l’età di mio padre, se fosse
vissuto. Sprofondo nell’abisso, cominciano le mie nevrastenie, i miei
scontenti, mi sento impura, mi vergogno, lo odio, ma in certi momenti mi sembra
di amarlo. Ed è questa la violenza più grande che mi è stata fatta; il
rapporto mi coinvolge sempre più in una forma anche di dipendenza che non mi
permette di capire il baratro in cui sto precipitando. Esige rapporti
sempre più sofisticati e umilianti per me, ma non so ribellarmi.
Sì, potevo urlare la mia vergogna, e forse me ne
sarei liberata, ma non lo feci, e subii “il suo sporco” prima e dopo la messa,
prima di amministrare i sacramenti più importanti: matrimonio, adorazione,
messa di guarigione, riti pasquali, natalizi, battesimi e non escludo i
funerali, quando si limitava a cose più leggere.
Con i suoi modi subdoli, che volevano essere
accattivanti, mi ha abituata alla menzogna con la persona più cara che ho, con
la mia mamma, e con tutte le persone con cui mi rapportavo, coristi, amici,
lasciandomi sempre più nella condizione di sentirmi una diversa, sporca, una
persona che dopo nottate vissute in abusi sessuali, la mattina doveva mettersi
una specie di maschera per sentirsi pressoché normale.
Ma la maschera si è fatta sempre più pesante,
come fosse diventata di ferro, nello scorrere penoso dei giorni e degli anni.
E decido di strapparmela, rivelando la mia
tragedia ad un’amica che mi ha consigliato di andare dal Vescovo, il quale ci
ha ricevuti immediatamente e mi ha fatto parlare. Ho parlato senza veli,
rivelando i particolari più scabrosi in un atteggiamento catartico che un po’
mi ha fatto bene, anche nel vedere che il Vescovo si interessava alla mia
storia. Ho denunciato questo alla Chiesa, e lui ha immediatamente
provveduto una settimana dopo a rimuovere il “reverendissimo” don Marino Genova
dalle sue funzioni di parroco.
Subito ha dovuto fare le valige e il paese dove
io abito: Portocannone (CB), è stato attraversato come da un terremoto. Ognuno
diceva la sua, i giornali parlavano ma nessuno sapeva perché l’illustre prete
era sparito. E la Curia Vescovile immediatamente si è trincerata nel
silenzio e ha fatto quadrato intorno al mostro.
Per ripagarmi del male ricevuto, il Vescovo ha
promesso di seguirmi come un “padre” per aiutarmi a crescere e a cancellare le
violenze subite, riservandosi anche di farmi seguire da un equipe di tecnici:
psichiatri e psicologi. Ho preso contatto con alcuni di loro e ho dovuto
ripetere fino allo sfinimento le violenze, le modalità, i particolari più
scabrosi, momenti di grave imbarazzo che sono valsi a rovinare completamente più
che aiutarmi, la mia personalità già in uno stato di estrema fragilità, anche
per l’uso di psicofarmaci a cui sono stata sottoposta.
Ma, appena compiuti i 18 anni, dopo pochi
giorni, il Vescovo ha ritrattato tutte le sue promesse di aiuti spirituali e materiali,
lasciandomi sola, abbandonata, e senza più nessun appoggio.
Dimenticavo di dire che all’inizio della mia
rivelazione, il Vescovo Gianfranco De Luca, per tamponare lo scandalo, ha
promesso a mia madre un lavoro come donna di pulizia per un onere di 400 euro
facendolo apparire come gesto di solidarietà dato che mi madre ha solo il
reddito della pensione di mio padre che ammonta a 400 euro.
Ora il Vescovo, in concomitanza con il mio 18°
compleanno, ha dichiarato che non può più prendersi cura di me perché troppo
costoso e che con i soldi che guadagna mia madre posso fare tutte le cure che
voglio.
Santità, mi dica Lei come posso affrontare un
futuro nelle condizioni in cui sono, chi mi darà una mano, chi mi ripagherà
della mia adolescenza tradita e stravolta; chi potrà sopperire a tutto quello
che ho perso, alla mia voglia di cedere e di lasciarmi morire o di lasciarmi
travolgere dagli eventi, senza più lottare.
So che la persona che mi ha fatto tanto male è
ospite di un Istituto gestito dal Vaticano. È al sicuro, libero di
muoversi, in un certo senso protetto.
Le chiedo: ma ora a me chi ci pensa? Chi mi darà
una mano per risalire dal baratro in cui sono caduta?
Spero di avere un riscontro a questa mia,
confidando nella Sua clemenza, nella Sua comprensione, nella Sua capacità di
saper accogliere e trovare un’apertura per aiutare chi soffre. E che il
colpevole della mia tragedia, con tutti quelli che hanno concorso a nascondere
per ingannare l’opinione pubblica, vengano puniti, perché ciò che è accaduto a me
non accada a nessun’altra.
Nessun commento:
Posta un commento