l'esercito più morale del mondo (o più merdoso?) sempre al lavoro - franz
(traduzione di Cristiana Cavagna- Zeitun.info)
La
manifestazione in onore dei feriti del campo profughi di Deheisheh è iniziato
quasi in orario, alle 20,20 di domenica scorsa. Nella via principale,
parzialmente chiusa al traffico, sono state sistemate file di sedie. Gli
automobilisti che utilizzavano l’altra strada erano pazienti e si muovevano in
entrambe le direzioni, creando due ingorghi di traffico che miracolosamente
hanno lasciato passare un’ambulanza a sirene spiegate. Qualcuno ha instradato
il traffico a destra e a sinistra ed in pochi secondi si è creato un varco.
Dopo il passaggio dell’ambulanza, si sono di nuovo formati gli ingorghi, sotto
le bandiere rosse del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e sul
lato opposto di un enorme memoriale in cemento, con la forma della mappa della
Palestina.
Recentemente,
tre incursioni dell’esercito israeliano in meno di due settimane nel campo a
sud di Betlemme si sono concluse con qualche arresto, ma 15 persone sono
rimaste gravemente ferite da colpi di fucile.
Questo alto
numero di palestinesi colpiti alle ginocchia dai soldati, probabilmente rimasti
disabili per sempre, hanno ricordato a tutti molti altri feriti in modo simile
nei recenti raid.
“I notiziari
vi dicono che non ci sono stati morti, solo feriti, perciò tutti si
tranquillizzano senza rendersi conto delle sofferenze che stiamo passando,”
dice N., 23 anni, in una conversazione con Haaretz. Dice di essere stato
colpito a una gamba da una pallottola due anni fa, mentre soccorreva un altro
ferito e lo portava in salvo. Si parlò di amputargli la gamba, ma lui era
deciso a tenerla e ha trovato delle cure adeguate in Germania. Tuttora cammina
con una stampella, ma non parla del suo dolore.
Due ragazzi
di 15 e 16 anni e uomini intorno ai vent’anni, arrancano con le stampelle per i
vicoli scoscesi del campo. Sono stati feriti durante lo scorso anno, o prima
ancora. Ognuno di loro ha subito complessi interventi chirurgici, e ne
subiranno altri. E ciascuno deve affrontare un costante monitoraggio e ripetute
pulizie alle ferite per rimuovere i frammenti dei proiettili, ed assumere
farmaci antinfiammatori e sostituire le protesi di platino. Uno dei giovani ha
avuto la gamba amputata.
Questi
ragazzi parlano con cognizione di causa di farmaci anticoagulanti, di
differenti tipi di antidolorifici e di operazioni. Raccontano di lunghi mesi in
cui non potevano fare una doccia o andare al bagno senza essere accompagnati,
di muscoli indeboliti, del desiderio di camminare senza assistenza.
Qualcuno ha
visto il cecchino che li ha colpiti prendere la mira, con un ufficiale alle sue
spalle. Qualcuno ricorda i mirini telescopici sul fucile, altri parlano di un
treppiede usato dal cecchino. Qualcuno ipotizza che sono stati colpiti da un
cecchino posizionato sull’alto edificio fuori dal campo.
Alcuni dei
feriti hanno ottenuto le stampelle dove potevano – a volte sono spaiate, e
alcune hanno la gomma così consumata che li fa scivolare. Le cure sono costose
ed anche prendere un taxi per andare all’ospedale per i controlli è un peso
economico.
Molti di
loro non hanno assicurazione sanitaria, ma gli interventi chirurgici vengono
comunque eseguiti. Però talvolta solo un’operazione all’estero potrebbe salvare
una gamba e ciò rappresenta un problema finanziario più grave. Ci vogliono
capacità e determinazione per ottenere una donazione da una delle istituzioni
dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Parecchi di
loro sono stati arrestati subito dopo l’intervento chirurgico, o prima di una
seconda operazione, e condannati ad alcuni mesi di carcere e ad una multa. La
convinzione dei feriti – di rappresentare il proprio popolo ed un principio, e
di contrastare gli attacchi nemici al loro campo tirando pietre – viene
sostituita da uno schiacciante senso di solitudine nel momento in cui
affrontano le conseguenze delle loro ferite.
Molti nel
campo di Deheisheh sono convinti che dietro tutto ciò ci sia la mano del
“capitano Nidal” – un ufficiale del servizio di sicurezza dello Shin Bet che si
accanisce sul campo perché qualcuno lo ha fotografato durante uno dei raid e lo
ha postato su Facebook.
A febbraio è
comparso nel campo uno striscione con i simboli di Fatah e dell’FPLP (Fronte
Popolare per la Liberazione della Palestina, gruppo storico della resistenza
marxista, ndtr.). Con una spacconata tipica della parte più debole l’avviso
conteneva la promessa che le pietre del campo avrebbero colpito “Nidal e i
soldati”.
Nel campo si
racconta che durante gli interrogatori, al telefono o nelle visite notturne
nelle case del campo, il capitano Nidal dice ai ragazzi che non ci saranno
martiri nel campo, ma “tutti voi finirete sulle stampelle”. O, secondo un’altra
versione, “Vi renderemo tutti disabili”.
Il capitano
Nidal (il nome che ha adottato è sacrilego, poiché significa “lotta” in arabo)
fece la sua comparsa nel campo 18 mesi o due anni fa – i miei interlocutori non
riescono a ricordare esattamente quando. Qualcuno ha detto ad Haaretz che
diverse organizzazioni internazionali hanno denunciato il suo comportamento
brutale. E’ scomparso per alcuni mesi, ma poi è ritornato.
E’ anche
emerso che nel villaggio di Tekoa, più ad est, circa altri venti ragazzi sono
stati colpiti alle gambe nell’arco di pochi mesi. Nel loro caso, si tratta di
un “ capitano Imad” dello Shin Bet (è questo il nome che i funzionari del
comune ricordano, benché non ne siano sicuri al 100 percento). Gli abitanti
dicono che lui promette ai giovani che se affronteranno i soldati quando fanno
le incursioni verranno azzoppati. E molte delle ferite da pallottole nel
villaggio di Al-Fawwar, attaccato anch’esso dall’esercito due settimane fa,
erano alle ginocchia.
In altri
termini, Deheisheh non è solo, non è l’unico.
Un portavoce
dell’esercito dice che i soldati usano fucili Ruger nei loro raid. I
giornalisti (e probabilmente il portavoce) dicono che si tratta di un’arma non
letale. Ma questa affermazione è falsa, o è un tentativo di trarre in inganno.
Almeno quattro palestinesi disarmati, compreso un minore, sono stati uccisi
dalle pallottole calibro 22 sparate da fucili Rugers negli ultimi 18 mesi.
Sembra che il diciottenne Mohammed Abu Hashash [colpito durante scontri con le
forze israeliane, ndt] sia stato anch’egli ucciso nello stesso modo ad
Al-Fawwar [campo profughi nei pressi di Hebron, ndt] la settimana scorsa.
Ad Hebron e
Deheisheh sono stati creati dei comitati per prendersi cura dei feriti. In
molti luoghi sta crescendo l’impressione che l’esercito stia intensificando
l’uso di pallottole vere negli scontri con ragazzi disarmati che tirano pietre,
e che le ferite provocate siano deliberatamente più gravi. Ci devono essere più
di 100 persone in Cisgiordania, compresi molti minori, che sono stati azzoppati
dall’esercito israeliano nello scorso anno. Ma non si dispone ancora di
informazioni o di dati che confermino l’apparente tendenza.
L., di
Tekoa, dice che suo padre era così arrabbiato con lui quando è stato ferito,
che si è rifiutato di andarlo a trovare in ospedale o di parlargli per i primi
due giorni; solo più tardi si è calmato. L. confessa che non sfiderà nuovamente
i soldati israeliani, anche se si trovava molto lontano da loro quando è stato
colpito da un cecchino.
Y., un
quindicenne di Deheisheh, è tornato dall’ospedale solo la settimana scorsa dopo
avervi trascorso due settimane. Suo padre, che è sempre accanto a lui, ha
detto: “Sono stati i soldati a venire verso di noi, verso le nostre case. Non
siamo andati noi da loro.”
Ho
incontrato 12 persone ferrite in tre giorni. Per i “fortunati”, la pallottola
ha colpito solo i loro muscoli. Altri hanno avuto le ossa fratturate o i nervi
ed i tendini lacerati o bruciati, o entrambe le cose.
1 è stato
colpito da due pallottole ed è rimasto in coma 10 giorni. Tutti pensavano che
sarebbe morto. I suoi amici non hanno lasciato il suo letto finché non si è
svegliato, bianco come un cencio.
In alcuni
casi la pallottola è entrata in una gamba, ne è uscita ed è entrata nell’altra,
provocando un esteso danno. Alcuni ragazzi sono stati colpiti dai soldati due
volte, in ognuna delle gambe. E’ ciò che è successo a Y. ed al suo amico H.,
che cercava di soccorrerlo.
2 era fuori
dalla sua casa all’alba quando ha visto avvicinarsi 20 soldati. E’ stato
colpito ad una gamba ed è caduto. H., di 18 anni, è corso in suo aiuto, lo ha
sollevato e si è diretto verso la loro casa. Allora un soldato ha sparato ad
H., che cercava di andare avanti, mentre sorreggeva Y. Ma un soldato gli ha
sparato di nuovo, lui è inciampato ed entrambi sono caduti. Allora Y. è stato
nuovamente colpito all’altra gamba.
L’altro effetto farfalla
“Appena sono
stato colpito, il mio piede tremolava come un pezzo di carta al vento”, racconta
M., diciannove anni, di Deheisheh, a cui hanno sparato lo scorso dicembre. Ha
subito sette operazioni, ma tuttora non può reggere alcun peso sul suo piede.
Dice anche che i soldati sparavano alle persone che cercavano di soccorrerlo.
Tra uno svenimento e l’altro, si è reso conto che veniva trasportato dai suoi
amici dalla casa al cortile e dal cortile alla casa, per metterlo su una
macchina che lo portasse all’ospedale.
L., il
ragazzo di Tekoa, ha ripetuto ciò che il suo medico aveva descritto: la
pallottola agisce come una farfalla, muovendosi dentro la gamba e distruggendo
ciò che trova prima di fuoruscire. La gente che riferisce delle ferite nella
zona di Hebron ha usato un’altra immagine – quella di un trapano.
La maggior
parte dei ragazzi feriti ha deciso di non spiegare le circostanze del loro
ferimento con un giornalista israeliano. Hanno preferito non ammettere che
stavano tirando pietre ai soldati che sono comparsi all’alba o dopo mezzanotte
nei vicoli del campo per arrestare i loro amici o vicini, o per consegnare una
convocazione di interrogatorio.
Uno ha
raccontato che gli era successo di svegliarsi presto quel mattino, un altro che
stava viaggiando fuori Betlemme, un terzo che stava pregando, un quarto che
stava lavorando al supermercato. “In breve, stavate tutti andando a comprarvi
un gelato alle tre del mattino,” ho concluso io, e loro si sono messi a ridere.
Yazan Laham,
comunque, non stava andando a comprare un gelato alle 2 e mezza del mattino del
28 luglio, e non stava nemmeno affrontando i soldati. Il ventiduenne era stato
fuori con gli amici e stava accompagnando a casa uno di loro con la jeep di suo
padre.
Laham è un
ufficiale del Mukhabarat (il servizio di intelligence palestinese). Ha studiato
sicurezza per 4 anni all’università Al-Istiqlal di Gerico, che forma reclute
per i servizi di sicurezza palestinesi. Suo padre, Mohammed Laham, è un membro
di Fatah al parlamento palestinese; è un membro veterano del movimento che,
durante la seconda intifada, ha impedito a uomini armati a Deheisheh di fare
fuoco dall’interno del campo, in modo che l’esercito non avesse la scusa per
distruggerlo.
Il giovane
Laham ha raccontato ad Haaretz che due soldati sulla strada principale hanno
intimato a lui e ai suoi tre amici di fermarsi e scendere dalla jeep vicino
distributore di benzina di Al-Huda, a nord del campo. Laham ha detto loro di
far parte delle forze di sicurezza palestinesi, ma questo non li ha
impressionati. Uno di loro era un cecchino. I soldati hanno detto loro di
mettersi accanto ad un negozio di gommista lì vicino. Di tanto in tanto, il
cecchino sparava e poi correva con un altro soldato dietro la jeep di Laham.
I soldati
hanno detto a Laham di dire ai ragazzi che tiravano pietre di smetterla. Lo
hanno fatto, ma poi i soldati hanno ricominciato a sparare. Lui ha protestato e
discusso con loro e i soldati lo hanno picchiato, dice. Dopo più di un’ora, lo
hanno lasciato tornare alla jeep con i suoi amici. Stava andando verso la jeep,
a distanza di 10 metri, quando è stato colpito alla gamba sinistra. Non ha
visto chi gli ha sparato, ma lo ha fatto con un fucile Ruger. Ha subito due
operazioni e cammina con le stampelle, incapace di appoggiare il piede. Lo attende
un lungo periodo di fisioterapia.
Suo padre,
Mohammed, quella notte era a Ramallah. Suo cognato, Nasser Laham – giornalista
e capo redattore del sito web Maan – è riuscito a raggiungerlo solo alle 10 del
mattino del giorno seguente. “Mi ha detto che cosa era successo a Yazan,” dice
Mohammed Laham. “Gli ho chiesto se fosse morto. Nasser mi ha assicurato di no,
perciò gli ho detto ‘allora non va così male’. Che cosa potevo dire?
Non ho
parlato pubblicamente di questo. Ci sono così tanti feriti. Ogni giorno ne
visito qualcuno, quindi perché dovrei parlare solo di mio figlio? Ma quella
notte ho parlato con il presidente (Mahmoud Abbas). Gli ho detto che c’era
un’evidente escalation da parte di Israele. Perché c’è bisogno di 50 soldati
per recapitare una convocazione di interrogatorio? Gli ho detto che erano
tecnici, non soldati, quelli che sparavano. Sono tecnici con dei cavalletti che
mirano attentamente alle ginocchia.”
Il portavoce
dell’esercito israeliano ha risposto a queste accuse affermando: “Le nostre forze
in Giudea e Samaria [la Cisgiordania secondo la definizione israeliana, ndt]
seguono le regole di ingaggio, che non sono state cambiate di recente. Ogni
incidente con pallottole vere viene riferito ai comandanti. Le attività
dell’esercito nel campo di Deheisheh sono normalmente accompagnate da azioni di
disturbo violente e dal lancio di congegni esplosivi verso le nostre forze.
Nei due
incidenti a cui si riferisce questa storia l’esercito è entrato nel campo per
eseguire degli arresti. Durante l’operazione sono stati lanciati ordigni
esplosivi contro le nostre forze e ne sono seguiti violenti disordini.
L’esercito ha risposto impiegando misure per disperdere i tumulti, compresi
colpi di fucili Rugers. Un’indagine preliminare ha dimostrato un comportamento
non inusuale da parte dell’esercito, ma vi saranno ulteriori indagini.”
Lo Shin Bet
intanto ha risposto: “Nell’ambito delle attività degli ufficiali dei servizi di
sicurezza al fine di garantire la sicurezza della regione e proteggere i
residenti dalle minacce dei terroristi, essi mantengono un dialogo quotidiano
con i residenti del luogo. Le accuse sollevate nel vostro articolo sono state
prese in esame e riscontrate prive di fondamento.”
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