Murat
Cinar alterna i suoi ricordi di bambino e ragazzo in Turchia con le storie di
undici persone (Serdar, Ömür, Bawer, Hayk, Ercan, Serdar, Ceren, Levent, Rosida,
Aram, Baris) che hanno dovuto espatriare per poter continuare a vivere fuori da
una prigione.
E quando conosci le storie e le vite delle singole persone è una cosa diversa da un titolo anonimo (se e quando c’è) che parla delle magnifiche sorti e progressive di quel paese che è la Turchia, ma mette in galera chi dice e pensa cose diverse dal coro del presidente Erdogan (a cui l’ignobile Europa ha lasciato la gestione dei flussi migratori dall’est e la ricerca di una pace nel conflitto che coinvolge, tra gli altri, la Russia e l’Ucraina).
Le undici storie di resistenza colpiscono per il coraggio e la forza che animano i protagonisti, senza dimenticare le migliaia di persone che marciscono in galera.
Un libro per conoscere un’altra Turchia, quella giusta.
buona (resistente) lettura.
Ps:
a pag.105 Murat ricorda che la madre ringraziava
Edison ogni volta che tornava le luce; di sicuro alla madre di Murat avrebbe
fatto piacere incontrare una signora (zia di un’amica), che ogni sera nelle
preghiere ringraziava l’inventore della lavatrice.
Dal 2010 ad oggi, numerose persone hanno
lasciato la Turchia per motivi politici o perché non si sentivano al sicuro:
professori universitari, studenti, parlamentari, sindaci, avvocati, giudici,
alti ufficiali dell'esercito, giornalisti, sindacalisti, attivisti del mondo
dell'associazionismo e persino medici ... Così è nata e cresciuta una nuova
diaspora in Europa. In questo libro racconto gli ultimi 11 anni attraverso le
storie di 11 persone. 11 storie umane di grande determinazione, forza e
convinzione. 11 storie di persone che dopo il loro approdo in Europa non si
sono fermate ma hanno continuato a lavorare per creare un'alternativa al regime
al potere in Turchia. 11 storie di immigrazione, piene di difficoltà, ostacoli,
discriminazioni, ma anche fatte di accoglienza, empatia ed affetto.
… Il
libro di Murat Cinar è un mosaico che ci porta a scoprire la Turchia dissidente
e rivoluzionaria, uno dei cuori più vivi e pulsanti di questo straordinario
paese, ma che, per diverse motivazioni legate soprattutto alla sfera politica,
risulta ancora nascosta tanto al pubblico straniero quanto al resto del paese.
Una Turchia che, nonostante le incredibili pressioni ricevute ogni giorno,
resiste e crede in un futuro diverso, meno legato a logiche nazionaliste e
patriarcali ed aperto più che mai verso “il diverso”, sia esso di Sinistra,
curdo, armeno, omossessuale o, semplicemente, dissidente. Attenzione però:
questa è una Turchia che non intende “diventare come l’Europa”, ma trovare una
propria strada autonoma nel mondo, qualcosa che permetta ad ogni individuo di
realizzarsi nel proprio paese e che non sia costretta ad emigrare, che possa
realizzare il “sogno turco”, non quello “europeo” o “americano”...
… I numeri fanno impressione: migliaia di persone che
perdono il posto di lavoro, sono messe in carcere o vanno in esilio. Scioperi
della fame che coinvolgono decine, centinaia di prigionieri. Una lotta enorme,
incredibile. Eppure sono numeri precisi. Faccio un esempio. Scrive Murat:
“Durante lo stato di emergenza, dal 2016 al 2018, l’Associazione dei Legali
progressisti ha difeso i diritti di buona parte di quelle 131.922
persone sospese, licenziate, denunciate e arrestate” (pag. 109); oppure:
“Durante la campagna elettorale del 2015 le sedi dell’Hdp sono
state prese di mira in diverse città per ben 128 volte.” Numeri precisi come ad
indicare la memoria che li potrebbe nominare uno ad uno, ma anche il fatto che
“in quanto numeri finiti” possono essere parte di una dura realtà che può
“finire”, che non ha una forza infinita.
Ma sono poi le storie dei singoli (spesso con nomi
complicatissimi, per scrivere i quali la nostra tastiera non basterebbe), che
Murat ha conosciuto di persona e di cui raccoglie le testimonianze, che danno
carne e sangue al tutto.
Numeri e storie si tengono insieme. Gli uni e le altre non
basterebbero, da sole.
Murat ci accompagna in questo mondo, il suo mondo, quello
che lui stesso, come quelli di cui parla, ha lasciato. Traspare l’amore e la
nostalgia per quella terra, per quelle città, per quella cultura, e la
convinzione di fare tutto il possibile perché il contributo “da fuori” aiuti
coloro che resistono “da dentro”.
Murat tiene una piccola lanterna in mano e ci fa luce, noi
lo seguiamo e ci addentriamo. Una realtà che fa davvero paura, ma dove chi
lotta non abbassa mai la testa, lo sguardo.
Murat, e con lui i protagonisti di questo libro, ci
chiedono di sapere, far sapere, divulgare, partecipare a questa resistenza
molteplice, diffusa, che sogna un Paese nuovo, dove chiunque possa muoversi e
parlare liberamente, studiare, lavorare, scrivere, lottare, vivere, senza
temere controlli e repressione.
QUI un'intervista con Murat Cinar
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