martedì 25 ottobre 2022

Vent’anni di Bossi Fini

 

La questione è che in vent’anni non abbiamo davvero voluto smascherare la nostra collettiva ipocrisia. Vent’anni di Bossi Fini sulle “politiche migratorie in Italia” non sono bastati per raccontare la verità.

Proviamoci, finalmente. Proviamoci dicendo che la Bossi Fini non definisce, come recitano convenzioni e racconti, le “politiche migratorie” dell’Italia. No, la legge voluta dal dagli allora leader di Alleanza Nazionale e Lega Nord, stabilisce semplicemente che nel nostro Paese nessuno può migrare. Nessuno, da allora, può venire in Italia in cerca di lavoro e futuro. 

Quella legge mette nero su bianco la negazione del diritto sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani a cui l’Italia, in teoria, aderisce. Lascia spazio solo a due condizioni d’ingresso: essere un profugo – cioè in fuga da una guerra riconosciuta come tale – e arrivare di conseguenza con mezzi di fortuna, barconi o a piedi lungo la rotta balcanica.

Questo rende esplicita una banalità che spesso sfugge: in Italia non arrivano migranti, ma solo profughi, che per restare e non essere buttati a mare devono forzatamente diventare richiedenti asilo. Alcuni di questi, dopo anni di attesa, diventano rifugiati. Migranti come quelli prima della Bossi Fini non ne arrivano più. Ne consegue – mi perdoni monsieur de Lapalisse – che nel nostro bel Paese non esiste alcuna “politica migratoria”.  

Quella che esiste è una politica, determinata appunto dalla Bossi Fini, di respingimento alla frontiera degli stranieri, considerati “agenti di pericolo”. Questa cosa permette oggi a Salvini e a Meloni, di presentarsi come coloro che “difendono i confini della Patria”. Frase di per sé fuori luogo, dati i fatti e la realtà, almeno quanto pensare di essere pronti a vincere il campionato del Mondo di calcio dopo aver concluso l’amichevole annuale scapoli – ammogliati.

Tant’è: lo dicono, digrignando i denti e raccolgono consensi, di gente che digrigna i denti. Questo apre un altro problema. Difendere i confini significa essere pronti ad usare ogni mezzo, perché il nemico non deve entrare. Quindi, oltre a respingere fisicamente, magari deportando esseri umani nei campi di concentramento libici, tunisini o turchi, si deve essere pronti a sparare, uccidere, ammazzare, perché chi entra non è un essere umano: è il nemico e va fermato. 

Questa meccanica di pensiero e di comportamento è resa possibile, cioè in qualche modo legale, proprio dalla Bossi Fini. E qui, è allora il caso di ricordare come quella legge sia stata mantenuta nel tempo nonostante il centrodestra abbia governato solo in otto di questi vent’anni. Molti governi di centro sinistra (Prodi, Letta, Renzi, Gentiloni) non hanno nemmeno provato a toccarla. Questo significa che al sistema Italia la Bossi Fini piace, fa comodo. Nonostante l’adesione alla Dichiarazione Universale dei Diritti umani e a dispetto della Costituzione, tutti noi vogliamo quella legge. Pochi, una minoranza, chiedono ai partiti di rivederla. Così pochi che, nei programmi elettorali in vista delle elezioni politiche del 25 settembre, sul tema tutti i grandi partiti sono vaghi (Pd, Movimento 5 Stelle) o assolutamente chiari nel volerla mantenere e inasprire (Fratelli d’Italia, Lega Nord, Forza Italia).  

In un Paese normale, un leader politico che parla di “difesa dei confini” perché vuole respingere alcune decine di migliaia di disgraziati che arrivano su barconi improbabili, verrebbe preso in giro e ridicolizzato. In Italia no, diventa credibile. E questo non dovrebbe stupirci: quando un quaquaraquà in camicia nera da una piazza di Trieste disse che gli ebrei erano “una razza inferiore e pericolosa” gli italiani applaudirono e approvarono, arrivando qualche anno dopo alle deportazioni e allo sterminio di massa. Nessuno mosse un dito, in fondo “avevamo trovato un nemico” e questo ci faceva star bene. Pensandoci, da quel tragico 1938, siamo cambiati poco.

da qui

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