lunedì 31 ottobre 2022

Guerra senza tregua

 


articoli di Alessandro Marescotti, Jeffrey Sachs, Richard Falk, Manlio Dinucci, Giuseppe Vacca, Pepe Escobar, Raffaele Ucci, Lucio Caracciolo, Fabrizio Poggi, Paolo Di Marco, Stefano Orsi, Giuseppe Masala, Batiushka, Militant, Miguel Martinez, Alastair Crooke, Mike Whitney, Carlo Bellisai, Giulio Marcon, Enrico Euli, Giacomo Gabellini, Pasquale Pugliese, Vittorio Rangeloni, Francesco Sylos Labini, Cinzia Sciuto, Gianfranco Pagliarulo, Federico Fubini, Massimo Fini

Ucraina, se la “guerra di difesa” si trasforma in una “guerra di attacco” – Alessandro Marescotti

E’ stata avviata una nuova operazione militare che ha l’approvazione degli Stati Uniti e dell’Unione europea. La controffensiva delle truppe di Zelensky punta alla conquista della Crimea in cui è presente la base navale russa di Sebastopoli. Si profila un catastrofico scontro frontale a 360 gradi

In Ucraina la guerra sta cambiando radicalmente e le nuove armi fornite dagli Stati Uniti possono consentire uno sfondamento del fronte sud. E a sud c’è la Crimea. Lì è presente la base navale russa di Sebastopoli. Si profila uno scontro frontale con la Russia. L’attacco al lungo ponte della Crimea è solo l’assaggio.

La Crimea è una regione dalla storia molto tormentata ed è un classico caso da manuale di “controversia internazionale” per la quale la nostra Costituzione ha parole molto chiare all’articolo 11 (“L’Italia ripudia la guerra” come “mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”).

Ciò che preoccupa è che una “controversia internazionale” (come lo è anche quella del Donbass) divenga ormai questione da affidare unicamente alle armi. Senza che si sviluppi una riflessione a livello istituzionale su quello che la Costituzione Italiana ci prescrive solennemente: ripudiare la guerra in caso di controversia internazionale.

Se ne tiene fuori persino Israele, che non fornisce armi all’Ucraina ma che invia quegli aiuti umanitari che invece sono i pacifisti italiani a dover portare in Ucraina in assenza di un intervento ampio ed efficace delle nostre istituzioni (presidente Mattarella, può prendere nota?).

In Crimea i russi sono più del doppio degli ucraini

Ma andiamo al cuore della questione. L’attacco militare alla Crimea è stato annunciato alla luce del sole. L’Ucraina è pronta, ha incassato il sostegno politico degli Stati Uniti e dell’Unione Europea e attende solo nuove e potenti armi, a più lunga gittata, per sfondare a sud.

 

Il Consiglio Europeo e il Parlamento Europeo si sono dichiarati favorevoli alla “riconquista” della Crimea. Oggi per di più si svolge il vertice internazionale a Zagabria della Piattaforma Crimea lanciata già nell’agosto 2021. Obiettivo: sottolineare la legittimità delle operazioni militari finalizzate alla riconquista della Crimea e assicurare il sostegno politico di svariate nazioni. C’è anche l’Italia.

Le guerre sono state sempre un giallo: cominciano in un modo e poi finiscono in un altro. Le guerre si sono burlate degli uomini che ne hanno seguito gli stendardi. Anche le crociate cominciarono con l’obiettivo della liberazione del Sacro Sepolcro e poi finirono con la conquista di Costantinopoli.

Pensiamo alla prima guerra mondiale che cominciò con l’obiettivo di “liberare” gli italiani del Trentino e poi si giunse a “conquistare” il sud Tirolo in cui si parlava tedesco. Don Milani scrisse una lettera ai cappellani militari per denunciare questa bugia della storia. Abbiamo combattuto per Caporetto e oggi Caporetto, sacro suolo patrio, non è più italiana e non si parla più italiano. Molti non lo sanno. Molti non sanno che sono stati mandati tanti italiani a morire per niente. Questa cosa non la sentirete nei discorsi ufficiali del 4 novembre, che dovrebbe essere giorno di lutto nazionale, non di celebrazione.

Le frontiere!

Non sfugge neanche questa guerra in Ucraina alla logica delle frontiere, delle ingannevoli frontiere per cui tanti sono molti per nulla.

Ed eccole queste scivolosissime frontiere che si ripresentano in tutta la loro ambigua sacralità, in questa guerra delle bugie e delle narrazioni depistanti.

 

E così la guerra, questa guerra, ha cambiato pelle, mentre continuavamo a parlare di “difesa dei poveri ucraini”: li manderemo a morire con le nostre armi per attaccare la Crimea. L’ipocrisia oggi gronda sangue.

La guerra – diciamocelo anche noi pacifisti perché i militari ce lo stanno dicendo da settimane – ha mutato natura è non è più quella del 24 febbraio. Adesso è una guerra di attacco per arrivare in Crimea con i lanciamissili Himars forniti dagli americani, con uno scontro frontale nei confronti della Russia che sta reagendo con contrattacchi devastanti fatti di droni e missili sulle città.

E’ questo che vogliamo alimentare? Vogliamo premere il piede sull’acceleratore della morte?

Si prepara uno scontro apocalittico contro la nostra Costituzione. E uno sfracello di uomini, di giovani che a un altro e migliore futuro avrebbero diritto di aspirare.

A febbraio eravamo tutti schierati contro l’invasione russa dell’Ucraina e contro l’escalation militare. Vi era un dibattito su “come difendere” l’Ucraina. Oggi dobbiamo avere chiari i confini che distinguono il sostegno alla legittima difesa di un popolo da ciò che è l’esatto opposto, ossia il sacrificio supremo di migliaia di vite umane che saranno immolate per la riconquista della Crimea.

E’ quello che stiamo attendendo, presidente Mattarella?

Prima del 5 novembre, della grande marcia della pace di Roma, è bene fare arrivare questa informazione, questa cultura e questa consapevolezza. Questo ripudio della guerra. Come è stato fatto con il messaggio “La guerra che verrà”.

A tutti coloro che – in buona fede – credono ancora oggi nella “guerra di difesa” dobbiamo dire che quella “guerra di difesa” più non è tale. Basta leggere le riviste militari. La guerra si sta trasformando in un piano di riconquista che richiederà terribili bagni di sangue.

Non cambiamo la realtà, non edulcoriamola, non raccontiamo cose che non esistono più.

La guerra che verrà non ha più nulla a che fare con la difesa del popolo ucraino.

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dice Jeffrey Sachs:

Tutti i leader del mondo, anche morali e religiosi devono alzare la voce e chiedere una soluzione pacifica. Devono dire che le radici di questa guerra risiedono in terribili errori commessi da entrambe la parti che vanno risolti col compromesso. Che la narrazione per cui Mosca è malvagia, che è una guerra non provocata e che è completamente unilaterale, è falsa. È la propaganda occidentale, ma non è un gioco: può ucciderci tutti. Gli Usa hanno contribuito a provocare questa guerra. Non ho dubbi. Mi occupo di Russia e Ucraina da più di 30 anni.

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Putin al Valdai Club: l’Occidente attua un “gioco sanguinoso, pericoloso e sporco”

…Putin ha sottolineato che il mondo si trova attualmente in una “crisi sistemica su larga scala”, mentre i Paesi occidentali, che, ha sottolineato, “non hanno unità”, hanno compiuto “una serie di passi verso l’escalation”, come “l’incitamento alla guerra in Ucraina, le provocazioni a Taiwan, la destabilizzazione del mercato alimentare e la distruzione dei gasdotti europei”.

Quindi ha indicato che l’umanità si trova attualmente di fronte a due opzioni: “Continuare ad accumulare un fardello di problemi o trovare insieme una soluzione”. Di conseguenza, “prima o poi” sia i nuovi centri del mondo multipolare che l’Occidente dovranno impegnarsi in un dialogo equo per affrontare un futuro comune. “Prima è, meglio è”, ha sottolineato Putin incalzando così i paesi occidentali e l’ex egemone unipolare statunitense, a prendere atto della nuova realtà.

Nel suo discorso, il presidente russo ha alluso alle parole dello scrittore russo Alexandr Solzhentisin, che nel 1978 parlò della “persistente cecità della superiorità” dell’Occidente. “Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, questa cecità, di natura palesemente razzista e neocoloniale, è diventata semplicemente sgradevole, soprattutto dopo l’emergere del cosiddetto mondo unipolare”, ha sottolineato.

La fiducia dell’Occidente nella propria infallibilità è una tendenza “molto pericolosa”, mentre i tentativi di cancellare intere culture, come quella russa, non hanno futuro. “All’apice della Guerra Fredda nessuno avrebbe pensato di cancellare l’esistenza della cultura, della scienza, dell’arte di altri popoli. Sono stati i nazisti a bruciare i libri ai loro tempi. Ma ora i padri del liberalismo e del progresso sono arrivati a vietare Dostoevskij e Cajkovskij”…

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La guerra in Ucraina evolve verso l’Armageddon – Richard Falk

Disdegnare la diplomazia, cercare la vittoria

Da quando è iniziata la guerra in Ucraina il 24 febbraio 2022 la risposta della NATO, principalmente articolata e materialmente attuata dagli Stati Uniti, è stata quella di versare grandi quantità di petrolio sulle fiamme del conflitto, schernendo la Russia e il suo leader, aumentando la portata della violenza, l’entità della sofferenza umana e aumentando pericolosamente il rischio di un esito disastroso. Non solo Washington ha mobilitato il mondo per denunciare l’”aggressione” della Russia, ma ha fornito un flusso costante di armi avanzate in grandi quantità agli ucraini per resistere all’attacco russo e persino organizzare contrattacchi. Gli Stati Uniti hanno fatto tutto il possibile all’ONU e altrove per costruire una coalizione punitiva ostile alla Russia, ma hanno unito a ciò una serie di sanzioni e la demonizzazione di Putin come famigerato criminale di guerra inadatto a governare e meritevole di incriminazione e perseguimento.

Tale comportamento infiammatorio è sottolineato da un entusiasmo scoperto di recente dall’Occidente per la Corte penale internazionale, che esorta il tribunale a raccogliere quante più prove il più rapidamente possibile dei crimini di guerra russi. Questa posizione orientata alla legge è contraddetta dall’intensa passata opposizione agli sforzi della CPI per raccogliere prove per un’indagine sui crimini di guerra da parte di non firmatari (di cui la Russia è uno) in relazione al ruolo degli Stati Uniti in Afghanistan o al ruolo di Israele nella Palestina occupata. In una certa misura c’era da aspettarsi una tale unilateralità della rappresentazione, e persino da considerare giustificata, ma la sua intensità in relazione all’Ucraina è stata pericolosamente intrecciata con una guerra geopolitica irresponsabile e perseguita in modo amatoriale condotta dagli Stati Uniti contro la Russia e indirettamente contro la Cina. È una guerra con una posta in gioco alta in quanto determina la struttura dell’ordine mondiale all’indomani della Guerra Fredda e l’ascesa della Cina come rivale credibile al dominio degli Stati Uniti. Tale guerra geopolitica viene condotta in modo ignaro dei più ampi interessi umani in gioco e in un senso profondo, contrario al benessere e al destino dell’Ucraina e del suo popolo.

Nonostante la presenza di queste caratteristiche della guerra in Ucraina, le menti occidentali continuano a vedere il conflitto con un occhio chiuso. Anche Stephen Walt, un commentatore moderato e generalmente sensato della politica estera statunitense, e attualmente un critico prudente e persuasivo dell’incapacità di Biden di fare del suo meglio per spostare il sanguinoso scontro in Ucraina dal campo di battaglia ai domini diplomatici, si unisce comunque al coro di guerra affermando in modo fuorviante senza riserve che “l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è illegale, immorale e ingiustificabile..” [Walt, “Why Washington Should Take Russian Nuclear Threats Seriously,” Foreign Policy, May 5, 2022]. Non è che una tale caratterizzazione sia errata in quanto tale, ma, a meno che non sia integrata da spiegazioni di contesto, conferisce credibilità alla mentalità ipocrita e orientata alla guerra mostrata dalla presidenza Biden, evitando al contempo un esame critico delle sue dimensioni geopolitiche. Forse Walt e altri con prospettive simili stanno assumendo questa posizione di assecondare la rappresentazione della crisi ucraina di Washington come una concessione tattica necessaria per raggiungere un patto faustiano per ottenere un posto al tavolo in modo che i loro avvertimenti e la difesa della diplomazia potessero almeno ottenere un’audizione da parte degli addetti ai lavori di politica estera che consigliano Biden/Blinken.

Per essere chiari, anche se si può sostenere che Russia/Putin abbiano lanciato una guerra illegale, immorale e ingiustificata, il contesto geopolitico più ampio rimane cruciale se si vuole ripristinare la pace ed evitare la catastrofe. Per prima cosa, l’attacco russo potrebbe essere tutte queste cose presunte, e tuttavia far parte di un modello geopolitico di comportamento consolidato che gli stessi Stati Uniti hanno confermato in una serie di guerre iniziate con la guerra del Vietnam, e in particolare più recentemente con la guerra del Kosovo, la guerra in Afghanistan e la guerra in Iraq. Nessuna di queste guerre era legale, morale e giustificabile, sebbene ciascuna godesse di una logica geopolitica che le faceva sembrare desiderabili alle élite della politica estera statunitense e ai loro più stretti partner di alleanza. Naturalmente, due torti non fanno un diritto, ma in un mondo in cui gli attori geopolitici godono di una licenza per perseguire interessi strategici vitali all’interno delle tradizionali sfere di influenza, non è oggettivamente difendibile condannare ipocritamente la Russia senza tener conto di ciò che gli Stati Uniti hanno fatto in tutto il mondo per diversi decenni. Antony Blinken può anche dire ai media che le sfere di influenza sono diventate un ricordo del passato dopo la seconda guerra mondiale, ma deve aver dormito per decenni per non notare che l’accordo di Yalta sul futuro dell’Europa raggiunto nel 1945 dall’Unione Sovietica, Stati Uniti e Regno Unito si basavano proprio sull’esplicita affermazione di tali sfere, che a posteriori, per quanto sgradevoli nell’applicazione, meritano un certo merito per aver impedito alla Guerra Fredda di diventare la terza guerra mondiale. Tale sovranità compromessa di questi paesi di confine è descrittiva delle prerogative rivendicate dalle cosiddette Grandi Potenze nel corso della storia delle relazioni internazionali, non da ultimo dagli Stati Uniti attraverso la Dottrina Monroe e le sue estensioni. In questo senso, l’Ucraina si trova nella lunga posizione poco invidiabile del Messico, e anzi di tutta l’America Latina. Molti anni fa il famoso intellettuale messicano, Octavio Paz, denunciò la tragedia del suo Paese «così lontano da Dio e tuttavia così vicino agli Stati Uniti»…

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I moralisti del Bene assoluto

Se c’è una cosa che non sopporto di questa guerra russo-ucraina è il trito moralismo di chi la interpreta. Usare categorie meramente etiche, che si pretende siano valide in ogni tempo e luogo, è come tornare indietro di 2400 anni, quando Platone, filosofo ingenuo e totalitario allo stesso tempo, cercava l’idea assoluta del Bene. Non a caso Nietzsche diceva ch’era lui il vero fondatore del cristianesimo.

Già parlare di “guerra russo-ucraina” è sbagliato. Questa è una guerra che gli euroamericani conducono in Ucraina contro la Russia sin dai tempi della cosiddetta rivoluzione arancione del 2004, quando gli ucraini filo-occidentali rifiutarono la vittoria elettorale del filo-russo Janukovyč.

Il ruolo degli USA è sempre stato preponderante rispetto a quello della UE, ma questo dipende dal fatto che nella NATO sono loro che comandano. Quella non è un’alleanza tra Stati paritetici. Infatti il golpe del 2014, sempre contro Janukovyč, furono soprattutto gli americani a organizzarlo. Gli europei seguono le direttive americane come un cagnolino addomesticato il suo padrone.

A quel tempo la UE scongiurò una guerra dell’Ucraina, appoggiata dagli USA, contro Mosca, riconoscendo il fatto che la Crimea era passata sotto la Russia.

La mediazione europea, soprattutto franco-tedesca, sotto la pressione russa, fu anche indotta ad accettare parzialmente le esigenze rivendicative dei separatisti del Donbass: nessuno riconobbe ufficialmente le due repubbliche di Donetsk e Lugansk, però si condivise l’idea che il conflitto tra Kiev e le due repubbliche venisse regolamentato dai due Accordi di Minsk. Gli europei non volevano vedere un’altra guerra in Europa dopo quella disastrosa che aveva frantumato la Jugoslavia, cui la NATO aveva partecipato in maniera scriteriata.

Resta il fatto che dal 2014 allo scorso 24 febbraio la UE non è mai riuscita a impedire né che l’Ucraina diventasse un Paese sostanzialmente neonazista, né che il governo di Kiev conducesse una guerra civile contro le due repubbliche del Donbass, che comportò 14.000 morti e una orrenda strage a Odessa. Praticamente in questi ultimi otto anni la UE ha semplicemente dimostrato che la volontà degli USA di scatenare una guerra contro la Russia non poteva essere ostacolata da niente e da nessuno. Non si è riusciti a democratizzare l’Ucraina: si è finiti con l’ucrainizzare l’Europa.

Infatti dopo il 24 febbraio gli europei han smesso di riconoscere un qualche valore al principio di autodeterminazione dei popoli, quello che ha indotto i russi a mettere in atto la solidarietà nei confronti degli abitanti russofoni e filo-russi perseguitati nel Donbass. Subordinati completamente alla narrativa americana, gli europei han preferito negare questo principio in nome di altri due: la sovranità politica dello Stato e l’integrità territoriale della nazione. In nome di questi due diritti han dichiarato guerra alla Russia, arrivando persino a rimettere in discussione il ruolo della Crimea.

Da questa visione parziale delle cose è nata negli europei l’interpretazione distorta dei fatti, fino alla negazione completa della verità. Di qui le schematiche e sostanzialmente false contrapposizioni categoriali di aggredito e aggressore, occupante e occupato, invaso e invasore… che il mainstream continua ancora oggi a usare, in pieno stile orwelliano.

Tutti gli statisti europei si sono messi al servizio della volontà che gli americani esprimevano attraverso sanzioni antirusse, sostegno finanziario agli ucraini e appoggio militare attraverso la NATO. Nessuno ha avuto il coraggio di negare alla UE la sua funzione di mera colonia degli USA.

Ora la domanda che ci si pone è la seguente: una potenza economica priva di qualunque spessore politico, che possibilità ha di sopravvivere in un mondo multipolare? Non è ridicolo che gli statisti europei si appellino alla sovranità politica degli Stati e all’integrità territoriale delle nazioni, quando nei loro rapporti con gli americani sono proprio questi due valori che vengono meno? Il primo perché a livello geopolitico non abbiamo voce in capitolo; il secondo perché siamo occupati dalle basi americane, che godono della extraterritorialità.

I moralisti del Bene assoluto, figli di un’Europa che ha scatenato due guerre mondiali, sapranno impedire che ne scoppi una terza?

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