Anche se più volte
son stato tentato di farlo, ho finora sempre evitato di ricorrere alla parola
fascismo per definire ciò che si agita attorno alla controriforma renziana
della Costituzione. Questa cautela però non ha più ragione d'essere dopo le
ultime parole del presidente del consiglio, quelle a commento della sentenza
della Corte Costituzionale che ha bocciato il decreto Madia. Renzi ha
bollato quella sentenza come un esempio della burocrazia che blocca il paese. E
naturalmente tutta la grande stampa e le tv hanno raccolto e amplificato il
messaggio, gridando che per colpa della burocrazia i furbetti del cartellino la
faranno franca.
Dunque secondo il
presiedente del consiglio e la sua stampa la Corte Costituzionale, cioè il
presidio supremo e ultimo della nostre libertà democratiche, è burocrazia. Una
burocrazia che si oppone al progresso del paese e che per questo dovrebbe
essere spazzata via con la nuova costituzione, che opera una cancellazione ad
ampio raggio di poteri democratici a favore del governo, che così finalmente
potrebbe decidere senza intralci.
Peccato però che
attualmente sia ancora in vigore la vera Costituzione e che, come suo dovere,
la Corte ne abbia preteso il rispetto da parte di un governo che invece si
comporta come se avesse già vinto il referendum. Il decreto Madia è stato
bocciato perché non prevede alcun ruolo delle regioni in quel processo di
privatizzazione e liquidazione del pubblico che costituisce il suo scopo di
fondo. Si badi bene la Corte non è arrivata a giudicare incostituzionale la
svendita di servizi e stato sociale, ma ha semplicemente detto che secondo le
regole vigenti il governo non può fare tutto da solo.
Apriti cielo, la
burocrazia ci blocca, ha urlato il coro dei renziani. La legalità ci uccide
esclamò il reazionario francese Barrot nel 1849. Le classi dominanti chiamano
pastoie burocratiche le regole democratiche e i diritti quando vogliono
sovvertirli, quando ritengono che il loro affari ed interessi siano troppo
frenati dai lacci e laccioli che vengono dalla democrazia. Questo sovversivismo
dall'alto è una caratteristica storica delle classi dirigenti del nostro paese,
come ci ha insegnato Antonio Gramsci sul fascismo. E oggi questa storica
insofferenza verso regole e diritti da parte dei potenti di casa nostra può
godere di due fondamentali apporti. Da un lato la spinta del capitalismo
finanziario multinazionale a distruggere ogni costruzione pubblica che freni il
suo dominio. È stata la banca Morgan ad affermare brutalmente come le
costituzioni antifasciste costituiscano un freno al pieno dispiegarsi delle
politiche liberiste e di austerità. D'altro lato la rabbia popolare per le
devastazioni della crisi a volte spinge a trovare il colpevole nel vicino di
casa, migrante o impiegato pubblico a seconda delle preferenze. E il sistema
mediatico da anni alimenta la guerra tra i poveri e la sfiducia verso la
democrazia.
Così quando il
presidente del consiglio chiama burocrazia la democrazia, sintetizza tre spinte
reazionarie. Quella delle multinazionali, quella dei nostri poteri forti di
sempre, quella qualunquista di massa. Renzi tenta la stessa fusione politica
riuscita al fascismo storico, naturalmente con altre forme e modi, ma con un
punto comune: il ricorso alla insofferenza che in Italia c'è verso regole e
diritti, il sentimento per il quale alla fine ci voglia qualcuno che comandi
sul serio senza ostacoli. Una volta erano i treni che dovevano arrivare in
orario ora sono le leggi, il concetto di fondo è sempre lo stesso. Il fascismo
è un' autobiografia della nazione, scrisse Piero Gobetti.
Non pensiamo
quindi che le frasi reazionarie e sovversive di Renzi siano un errore, esse
sono invece una calcolata ultima carta per vincere il referendum. Che la
controriforma ha già perso tra la popolazione più attiva e attenta, ma che può
ancora vincere se si muove la maggioranza silenziosa. Quella a cui si rivolge
ora la campagna del presidente del consiglio, solleticandone i più antichi
pregiudizi, risvegliandone le più irrazionali paure. Attenzione, in un paese
logorato da dieci anni di crisi economica senza uscita e da un ancora più lungo
percorso di riduzione della democrazia, l'appello di Renzi al fascismo profondo
che si annida nella società può avere successo.
In questi ultimi
giorni di campagna referendaria vanno denunciati con forza gli interessi
economici ed i poteri che si celano dietro la controriforma della costituzione.
Interessi e poteri che in caso vittoria si considererebbero svincolati da ogni
limite. Va diffuso l'allarme democratico per un successo del SI, che farebbe un
danno persino superiore a quello dei contenuti autoritari della costituzione
renziana. Dobbiamo far capire che basta un SI per rovinarci.
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