Credo che
stia passando un’interpretazione del voto USA fuorviante e pericolosa per la
quale Trump si rivelerebbe una sorta di “working class hero”. Vorrei invitare a
riflettere su alcune questioni.
Leggo in
giro che Berny Sanders, degnissima persona e con una visione politica moderna e
perciò considerato un pericoloso sovversivo, sarebbe stato bloccato da losche
manovre dell’establishment in favore di Clinton, altrimenti questi avrebbe
sicuramente battuto Trump. Non pensate che le praterie aperte al centro da un
candidato ben a sinistra di Obama avrebbero reso incomparabile la situazione? E
questo famoso establishment è davvero incarnato solo da Hillary Clinton e solo
dal partito democratico come sembrano credere gli elettori di Trump e molti
critici da sinistra? Ma davvero i colletti blu del Midwest sarebbero arrivati a
Trump da sinistra, perché delusi dal “pd”? E davvero Trump sarebbe un campione
anti-globalizzazione e anti-establishment? E se qualcuno lo pensa dovremmo
blandirlo dandogli ragione?
Credo sia
più ragionevole pensare il contrario e abituarsi a ridefinire gli spazi
politici in ragione di ciò. Gli stati industriali dei quali si parla, Ohio,
Pennsylvania, Michigan, per tacere della Florida, che pure avevano votato per
Obama, negli ultimi trent’anni hanno tutti votato due volte per Reagan, almeno
una per Bush padre, alcuni anche per il figlio; altro che roccaforti di
sinistra come vengono descritti da analisi miopi o forse più interessate ad
incolpare qualcuno (la candidata o il partito) che a cercare di capire.
Sono
spezzoni della società occidentale, nel Midwest statunitense come nella fascia
pedemontana del Nord Italia o nelle Midlands inglesi o nel Sud-est della Francia,
identificabili come la parte più debole del blocco sociale che ha beneficiato e
assicurato il consenso al modello economico vigente. In gran parte, oramai
abbiamo pacchi di dati, gli elettori di Trump sono uomini, baby-boomers o poco
meno. Come chi ha votato la Brexit, spesso non hanno studiato, ma se la sono
cavata benino o bene per buona parte della loro vita. Con un’espressione
azzeccata, hanno preso “il miglior slot della storia”, e si sono creduti élite
senza esserlo, potendo permettersi piccoli lussi anche partendo da lavori
subalterni perché c’era chi era più subalterno di loro, ma altrove nel mondo;
occhio non vede, cuore non duole. Quando la crisi è arrivata da loro, lungi da
mettere in dubbio la loro pretesa centralità, sono slittati verso posizioni
xenofobe e di suprematismo bianco, liberi di credere alle balle di Trump o Le
Pen o Salvini, in un processo ben più vasto e pericoloso, indipendente
dall’insipienza dei centro-sinistra come li abbiamo conosciuti nell’ultimo
quarto di secolo.
Questa massa
di manovra delle destre viene blandita rappresentandola come vittima dei
privilegi concessi ai migranti o di una globalizzazione che dal 2008 morde
anche loro, dopo che per decenni ne hanno goduto consumando prodotti
confezionati da bambini pakistani o da donne chihuahuensi pagate al mese come
loro per un giorno. La festa nel Walmart globale è finita e la colpa sarebbe
delle donne di Ciudad Juárez o del tipo salvadoregno che pulisce i bagni del
loro bar per un salario di fame? Di fronte a tanta bassezza, alla
disinformazione e all’ignoranza crassa che si fa stupidità, all’odio sparso a
piene mani verso chi ha la sola colpa di avere più fame, solo la fine imminente
del predominio del maschio bianco, che con Trump potrebbe aver vinto una delle
ultime partite, può mettere in moto un circolo virtuoso che li metta in
condizione di non nuocere. Questo in Italia si declina con la più urgente delle
battaglie democratiche: il ripristino del suffragio universale da tempo negato
con la cittadinanza, ovvero lo Ius soli subito.
Fin dalle
ore successive alle elezioni è iniziata intanto una vasta operazione di
ripulitura dell’immagine di Trump, ora che questi andrà alla Casa Bianca. Ma
checché ne pensi l’Huffington Post – che dopo averlo apostrofato come razzista
per mesi ha pubblicamente deciso che non lo chiamerà più così, ipocriti – anche
dalla Casa Bianca Trump resterà un bugiardo matricolato, parafascista,
xenofobo, sessista, oltre che espressione di una classe dirigente infinitamente
ricca e rapace, che lo ha per un po’ osteggiato per venire rapidamente a patti
con lui, così come i suoi elettori restano una manica di reazionari, bigotti,
fanatici delle armi e membri del Ku Klux Klan o aspiranti tali con i quali
personalmente non andrei a cena.
In
conclusione il voto statunitense intercetta un cambio sociale più vasto che ci
porta sempre più fuori dal Novecento al quale in troppi sembrano continuare a
far riferimento per ogni analisi. Un articolo del Guardian sostiene – in
maniera un po’ trita – che il Partito Democratico non rappresenti più la classe
operaia. È così, ma prendiamone atto. Ancora per un po’ rappresenterà le
minoranze, che però si avviano a non essere più tali. Anche il Partito
Repubblicano non rappresenta più le classi dirigenti e lo stesso vale in Europa.
Il soggetto tipico della politica novecentesca (la classe, il partito) si
rideclina ora su linee diverse, nessuna delle quali ha come obbiettivo ultimo
il superamento di questo modello sociale. Il riallineamento è per affinità più
che per classe e il conflitto capitale/lavoro è solo una delle variabili
tra destra e sinistra con quest’ultima che da mezzo secolo ha trovato un
nuovo specifico nel farsi interprete della complessità dei diritti laddove
la destra insiste a negarli. Se Obama firma accordi sul clima dai quali Trump
recederà, io non sto col partito delle ciminiere, anche se questo crea lavoro
qui e ora ma anche cancro e cambio climatico. Gli esempi sono infiniti, a
partire dalla divisione pro-life/pro-choice.
Si leggono
in queste ore sulle due sponde dell’Oceano, da Zucconi in giù, un mare di
compiaciute stupidaggini: Trump sarebbe la rivincita dei carnivori sui
vegetariani, del divano sullo yoga, del SUV sulla bicicletta. Dilaga ben oltre
il Giornale e Libero, il revanscismo contro l’odiato politicamente
corretto. Ne godono, riecheggiando una volta di più il disprezzo per il
“culturame” scelbiano, con annesso invito ad autofustigarci.
Cosa
dovremmo fare, smettere di differenziare la rumenta perché gli elettori di
Trump si scocciano? Diventare un po’ razzisti e plaudere al diritto di
espellere dal quartiere chi ha una sfumatura di pelle diversa o usa spezie per
cucinare? Condividere la speranza che almeno qualche barcone affondi,
altrimenti non siamo in sintonia con la gente per bene dell’Idaho o di Gorino?
Concedere che la pena di morte quando ci vuole ci vuole e che in fondo tutti i
guai sono cominciati con la parità di genere? Stare – come i bravi blue collar
del Midwest – con chi pensa che la salute non sia un diritto e che Obamacare
sia un peccato? Andare incontro al disastro ambientale per compiacere chi vuol
andare in giro con mostri da un litro di benzina al km? Sommarci alla canea
sessista che sta massacrando Hillary Clinton – anche dalla presunta sinistra –
con particolare accanimento, ben oltre le sue responsabilità? Farci piacere
Trump come sanguigna espressione popolare? E perché non Bossi e Gentilini
allora?
da qui
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