...un documento in sette tesi di Pablo
Iglesias, segretario generale di Podemos. Un documento molto importante
perché segnala il carattere plurinazionale dello stato spagnolo e denuncia il
vero disegno del regime monarchico: sconfiggere il nazionalismo catalano per
edificare uno Stato centralista e autoritario sul modello del franchismo.
Presenta infine la posizione di Podemos sulla vicenda
catalana: indire un referendum concordato in cui i cittadini catalani possano
decidere il loro futuro, non quindi avendo sulla scheda solo le due opzioni
(unionista e indipendentista), ma pure quella di rifondare la Spagna come
Stato democratico, plurinazionale federale. Posizione che noi
condividiamo pienamente (https://www.sinistrainrete.info
)
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Lettera aperta agli iscritti/e di
Podemos
Da 135 al 155 o la controrivoluzione
dall’alto del blocco monarchico
La Spagna vive una crisi di regime contraddistinta da almeno tre aspetti:
sociale ( la continua pauperizzazione delle classi popolari, così come il
peggioramento del livello di vita e delle aspettative dei settori della classe
media); istituzionale (la corruzione e il patrimonialismo del Partido Popular
non è l’eccezione ma bensì la regola); e l’aspetto territoriale; quest’ultimo
lo tratterò in queste considerazioni.
La crisi di regime che vive il nostro paese la riconoscono anche le
élite al comando (politiche, economiche, televisive) che hanno guidato il regime
del 78 e che mantengono una parte del loro potere. La figura politica
più importante della nostra storia contemporanea, Felipe González, lo
riconosceva senza mezzi termini nella recepción real [ricevimento
nel palazzo reale in occasione della festa nazionale, NdR] del 12 Ottobre:
«Sono un orgoglioso rappresentante del regime del 78». Quella recepción è
stata l’immagine del complotto monarchico per superare, attraverso una
restaurazione conservatrice e centralista, la crisi spagnola.
Ma dalla festa reale ( che non hanno sospeso nemmeno dopo la morte di un
lavoratore delle forze armate che partecipò alla sfilata) non è uscita
l’immagine di una squadra coesa, coerente e capace di ridisegnare una politica
che risolva le soluzioni del paese.
Anche se nella foto del 12 ottobre c'era tutto il potere (politico,
militare, economico, ecc.) non c'erano statisti di talento.
Dopo il discorso di Felipe VI il 4 ottobre, il blocco unito dei partiti,
mezzi di comunicazione e delle grandi imprese, ha enormi difficoltà a portare a
termine i suoi obiettivi. Lo stesso fatto che li vedano e li percepiscano come
casta li indebolisce. Un progetto di regime degno di questo nome ha bisogno di
un governo, ma anche di un’opposizione credibile come tale. Ma l’opposizione
non c'era al Palazzo Reale.
L’accordo tra il PSOE e il PP che implicò la riforma dell’articolo 135
della costituzione spagnola, e che ha significato la subordinazione
dell’interesse sociale agli interessi dei creditori bancari, rappresentò la
rottura del patto sociale nel nostro paese. Oggi, il nuovo accordo tra il PP,
il PSOE e la nuova estrema destra rappresentata da Ciudadanos implica
di fatto la rottura del pacto territorial. Lo spirito del 155 come
politica di violazione dei diritti e delle libertà democratiche non ha motivo
di valere solamente in Catalunya. Di fatto i dirigenti del PP già hanno
minacciato d’applicare qualcosa di simile nel Paese Basco e in Castilla-La
Mancha (in questa regione il PSOE governa con noi).
Il blocco vicino alla monarchia sostiene un imprevedibile progetto di
restaurazione basato sui seguenti punti :
a) Mantenere il PP alla guida del governo tutto il tempo necessario.
b) Sospendere l’autonomia in Catalunya, prendendo il controllo i tutte le
istituzioni catalane, mezzi di comunicazione pubblici come radio ed emittenti
televisive incluse, convocare subito dopo elezioni (probabilmente per perderle nuovamente).
c) Mantenere Unidos Podemos e i suoi alleati lontani dal
governo dello Stato, anche a costo di sacrificare il ritorno del PSOE al
governo della Spagna.
Il blocco monarchico ha a sua disposizione tutti i mezzi coercitivi per
sviluppare il suo progetto, ma gli manca —a differenza di quello che accadde 40
anni fa— la capacità politica d’integrazione, imprescindibile affinché la
Spagna sia sostenibile come realtà politica e territoriale a medio e lungo
periodo.
1) Perchè siamo contro l'applicazione dell'art. 155
La sospensione dell’autonomia della Catalunya non solo farà saltare in aria
uno dei patti essenziali della Transizione (la restaurazione
di un’istituzione repubblicana come la Generalitat, riconosciuta
dalla Costituzione del 1978, fu la base di un ampio appoggio sociale al
testo costituzionale in Catalunya), ma segna un attacco agli stessi fondamenti
della democrazia spagnola.
Il dialogo senza condizioni che reclama la maggioranza della società
catalana e spagnola (come segnalano vari sondaggi) è incompatibile con una
situazione d’amministrazione coloniale della Catalunya.
Che Rajoy e i suoi ministri diventino di fatto in president Y
Govern de la Generalitat (quando il PP non ha ottenuto che l’ 8,5% dei
voti nelle ultime elezioni in Catalunya) costituisce semplicemente un’assurdità
e un'enorme goffaggine politica.
Il nuovo Govern, con Rajoy, Zoido y Montoro alla guida, sarà
controllato solamente dal Senato, dominato dal PP con maggioranza assoluta,
grazie a una legge elettorale antidemocratica e assurda.
Il vicerè Rajoy vorrà amministrare la Catalunya e incontrerà una resistenza
che solo potrà affrontare con la repressione e con più detenzioni.
Prima o poi dovrà convocare le elezioni e tutto sembra prevedere che i
partiti che appoggiano il viceregno non miglioreranno i loro
ultimi risultati elettorali.
2) Perchè siamo contrari alla dichiarazione di indipendenza
Il problema di una dichiarazione d’indipendenza non è la sua illegalità (o
l’unilateralità) né la sua illegittimità.
Le forze politiche sostenitrici dell’indipendenza ottennero il 47,8% dei
voti (ovvero, qualcosa in più del terzo dell'elettorato) alle elezioni di
settembre del 2015. Questo risultato, di gran lunga superiore a quello del
blocco monarchico (C’s-PSC-PP) e a quello nostro, gli da tutto il diritto di
governare la Catalunya, ma non dichiarare l’indipendenza.
La mobilitazione politica dello scorso 1 ottobre da parte dei sostenitori
del dret a decidir è stata imponente, viste le condizioni
nella quale si sviluppò. È stato rilevante che più di due milioni di cittadini
catalani esprimessero la loro volontà politica. Ma, anche accettando i dati
offerti dalla Generalitat, è evidente che quella mobilitazione non
forniva le condizioni e le garanzie come quelle di un referendum che
permettesse determinare la relazione giuridica della Catalunya con il resto
dello Stato spagnolo.
Il 1 ottobre non si produsse solo l'esibizione delle capacità di
mobilitazione del sovranismo, ma anche l’espressione di una volontà
maggioritaria della società catalana di decidere il futuro nelle urne ed è
stato anche un esempio di mobilitazione pacifica di fronte alla repressione
ordinata dal governo. Nessun responsabile politico può ignorare questo.
Ma, allo stesso modo, non si può nemmeno accettare che questa grande
mobilitazione sociale giustifichi l’indipendenza.
3) Perchè difendiamo un referendum concordato
Un referendum legale e concordato, oltre ad essere una soluzione
democratica, è la sola soluzione che possa assicurare che la Catalunya continui
a far parte della Spagna.
L’incapacità della direzione dello Stato da parte del blocco
felipista si rivela nella sua ossessione nel non discutere riguardo la
possibilità di svolgere un referendum legale e con garanzie democratiche.
La chiave del successo della Transizione rispetto alla
Catalunya fu l'accordo sull’autonomia che, di fatto, condizionò il modello
territoriale della Spagna. Oggi, l’applicazione dell’articolo 155 in Catalunya
(che potrebbe benissimo trasformarsi in articolo 116 se il Governo incontrasse
delle resistenze ) può condizionare anche un’offensiva reazionaria in tutta la
Spagna.
Quando il PP ha costretto il Tribunal Constitucional (TC)a
far saltare per aria l’Estatut(approvato nel Parlament,
nel Congreso de los Diputados e dal popolo catalano in un
referendum), ha, di conseguenza, fatto implodere buona parte delle basi del
patto territoriale che aveva reso possibile la Spagna come uno Stato che
integrava una territorialità plurinazionale complessa.
Le decisioni politiche hanno conseguenze. Si può affermare che se il PP
avesse rispettato la volontà popolare della Catalunya, comefece con lAndalusia
(alcuni degli articoli del Estatut che il TC dichiarò
incostituzionali sono tali e quali a quelli vigenti in altri Statuti
d’autonomia), oggi non sarebbe necessario svolgere un referendum in
Catalunya. E, come conseguenza della decisione del PP e dei suoi magistrati
affini al TC, oggi dobbiamo batterci in maniera imprescindibile per il
referendum.
Numerosi costituzionalisti sostengono che svolgere un referendum è
compatibile con la Costituzione e la legge; però, anche non fosse così,
riteniamo che in democrazia le leggi debbano adattarsi alle necessità
democratiche. L’Andalusia si è guadagnata il diritto di essere riconosciuta
come nazionalità grazie a una mobilitazione sociale di massa e al risultato di
un referendum che, tuttavia, non era in linea con la legge vigente. Fu allora
che i partiti cambiarono la legge per adattarla alla decisione della gente.
In ogni caso, il referendum non dovrebbe essere circoscritto a due quesiti;
l'opzione maggioritaria in Catalunya (secondo i sondaggi) opta per un nuovo
ordine costituzionale che riconosca la Comunidad come nazione
e venga attribuita ad essa una maggiore autonomia amministrativa.
Pensiamo che i cittadini/e catalani/e hanno il diritto di scegliere anche
questa opzione, accanto alle altre due: indipendentista ed unionista.
4) Ii progetto dei monarchici: meglio una Spagna spaccata che Unidos
Podemos al governo
Dalla nascita di Podemos e la sua crescita assieme alle forze politiche
sorelle con le quali siamo confluiti e condividiamo il progetto, le élite hanno
mobilitato tutti i mezzi necessari per evitare che potessimo arrivare al
governo.
Tentarono di forzare l’accordo tra PP, PSOE y C’s facendo pressione anche
su Mariano Rajoy affinché rinunciasse alla guida del paese e creasse una Grosse
Koalition fra i tre partiti. Rajoy ha resistito e ci fu un ulteriore
tentativo di favorire un governo con un programma neoliberale pattuito fra PSOE
y C’s, a condizione che Podemos non partecipasse a codesto
governo.
Le elite si sono opposte con tutte le loro forze di fronte a un possibile
accordo fra noi, il PSOE con le alttre forze politiche catalane e basche.
Lo stesso Pedro Sánchez ore dopo essere stato obbligato alle dimissioni da
Segretario General del PSOE nel 2016, riconobbe in un’intervista con Jordi
Évole che fu pressato, tra gli altri da César Alierta [uno dei più potenti
capitalisti spagnoli, NdR], così come dai dirigenti del giornale El
País e dalla vecchia guardia del suo partito, a non formare un governo
con noi.
Le élite sanno perfettamente che solo un governo di coalizione con Unidos
Podemos avrebbe potuto concordare una soluzione democratica al problema
catalano, ma la nostra presenza al governo avrebbe implicato anche cambiamenti
nello Stato che avrebbero minacciato i loro privilegi e il tessuto della
corruzione sarebbe stato esposto a un’azione giudiziaria senza interferenze da
parte del potere politico.
Prima di mettere in pericolo i privilegi e le impunità, le élite hanno
deciso di mettere a rischio l’integrità territoriale della Spagna.
5) La Direzione deol PSOE ha rinunciato a guidare il governo
Dopo il fallimentare tentativo di provocare limplosione interna di Podemos,
i poteri oligarchici fallirono anche nel loro tentativo di riportare il PSOE
alla sua normalità storica.
La vittoria della base del PSOE contro l’apparato del partito e contro i
principali poteri mediatici del paese si è basata su tre punti:
plurinazionalità, maggior avvicinamento a Podemos e
un’opposizione reale al PP che non escludeva una mozione di sfiducia a Rajoy.
Disfacendosi dei tre punti che assicurarono la sua vittoria del partito, il
nuovo Segretario Generale del PSOE, Pedro Sánchez, non solo ha collocato il
Partito socialista catalano su una posizione impossibile indebolendo i settori
del partito che lo fecero vincere, ma ha ringalluzzito i suoi avversari
interni, che non lo hanno mai accettato come uno di loro. Mille volte ci hanno
raccontato dell'assassinio di
Viriato e mille volte la storia si ripete [ riferimento]
La vittoria de Pedro Sánchez provocò un’ondata di illusione in Spagna, sia
tra gli elettori socialisti che tra i nostri elettori, che vedevano questa
vittoria della base un orizzonte di governo di coalizione e la possibilità di
realizzare riforme avanzate socialmente e risolvere democraticamente il
conflitto catalano. Appoggiando il PP e sostenendo il blocco felipista, il PSOE
ha rinunciato alla guida di un governo del cambiamento.
6) La Spagna sarà plurinazionale o non sarà
Il problema storico dei monarchici è non aver mai capito la Spagna, che
hanno solo saputo dominare e sottomettere.
Mai sono stati in grado, eccetto quando furono obbligati dalla pressione
democratica delle masse, di trasformare la nostra ricchezza plurinazionale in
un progetto patriottico.
Le esperienze delle monarchie durante i secoli XIX e XX si sono
caratterizzate per una visione limitata, uninazionale ed
autoritaria della realtà spagnola. Per i sostenitori della monarchia
associare il termine «nazione» che non sia la Spagna era inaccettabile poiché
sempre hanno identificato lo Stato Spagnolo con la monarchia mentre la Spagna è
qualcosa che va oltre la monarchia ed è destinata a sopravvivere oltre
l’attuale sistema monarchico.
Uno dei primi elementi di rottura con il franchismo durante la Transizione è
stata la restaurazione della Generalitat, con il ritorno del president Tarradellas
prima ancora che il paese si dotasse dell’attuale Costituzione. Si riconosceva
così la riorganizzazione della Catalunya secondo un suo ordinamento politico,
che in questi giorni si sta cercando di abolire. Questo processo di decentramento
avvenne anche in Euskadi, dove non fu riconosciuta la costituzione fino a che
non furono riconosciuti i suoi fueros. Le nazionalità storiche si
riconoscono, precisamente, nel fatto di possedere istituzioni proprie che non
derivano dai dettami della costituzione del 1978.
A partire del 1982, il modello delle autonomie funzionò grazie alla
stabilità offerta dai grandi partiti nazionalisti catalano
(CiU) e basco (PNV). Tuttavia, negli ultimi dieci anni con l’avvento della
crisi economica che ha indebolito il progetto dell’Unione Europea, la stabilità
del regime del 78 si è frantumata per due cause: il 15M ed
il processo di sovranità in Catalunya in seguito alla sentenza del TC
sullo Estatut.
La Spagna e la Catalunya affrontano oggi la realtà della loro storia, delle
relazioni e dell’assenza di una soluzione democratica negoziata.
Per noi la soluzione è indire un referendum legale e concordato che
presenti l’opzione di una relazione libera tra i popoli, per condividere in
forma adeguata i benefici e gli oneri d’appartenere ad un’unico Stato.
7) Abbiamo un progetto sociale e sovrano per la Catalunya e la Spagna
Non si può capire la Spagna partendo dalla sua omogeneità ma dalla sua
eterogeneità e fraternità.
Mi inorgoglisce come democratico che la Catalunya sia sempre statala una
chiave cruciale del cambiamento politico in Spagna e m’indigna come spagnolo
che la strategia nazionalista verso il problema catalano da parte delle élite
centrali pretende di impedire che la e Catalunya dia una mano alla formazione
di una nuova Spagna.
Non accettiamol ricatto che condanna i progressisti catalani come
appestati, in modo da impedire la formazione di un’alleanza con le forze
progressiste spagnole. Ove la nostra opzione trionfasse al referendum,
spingeremo i progressisti catalani affinché costruiscano assieme a noi una
nuova Spagna e una nuova Catalunya.
Adesso la crisi in Catalunya richiede ripensare soluzioni federali e
confederali, per affrontare la plurinazionalità della Spagna come legame
affettivo basato nel riconoscimento delle plurali tradizionali di ogni popolo.
L’applicazione dell’articolo 155 non è un’iniziativa isolata ma forma parte
di una strategia autoritaria di nuova centralizzazione, che minaccia
l’attuazione degli statuti d’autonomia impedendo che i popoli si dotino di
strumenti adeguati per garantire la propria esistenza storica , sia nel campo
economico, culturale e linguistico, sia in quello del riconoscimento
internazionale.
È necessario difendere la Spagna assumendo il diritto del popolo catalano
di decidere sul suo futuro in un referendum e, a partire da qui, discutere sul
modello di stato plurinazionale che non solo riconosca la Catalunya come
nazione ma che accetti finalmente la realtà plurinazionale della nostra patria
e costruisca un paese basato sulla giustizia sociale e sulla sovranità
popolare.
La Spagna possiede nelle sue viscere una riserva democratica enorme; uno
spirito repubblicano che deve smettere di essere una nostalgia legato ai
simboli del XX secolo ma ha il dovere d’accompagnare quella spinta costituente
inaugurata con il 15M.
Lo spirito costituente del 15M deve promuovere la nuova Spagna a cui
aspiriamo: sociale, repubblicana e plurale.
Un abbraccio fraterno e affettuoso
Pablo Iglesias
Segretario Generale di Podemos
da qui
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