Finché è ancora terra palestinese.
Sanno che prima o poi potranno comprare a prezzo stracciato una villa con una
fantastica vista su quella terra.
Cosa sarebbe successo se individui non identificati in Iran,
Francia o Venezuela avessero aggredito commercianti ebrei e li avessero
obbligati a chiudere i loro negozi? Quali scuse e manifestazioni di sconcerto i
nostri diplomatici avrebbero chiesto all’Unione Europea, alle Nazioni Unite e
chissà a chi altro? E con quanta esultanza vari ricercatori avrebbero tracciato
un grafico dell’odio globale e sarebbero stati intervistati a lungo, con
espressione seria, sulle inquietanti caratteristiche antisemite – così
evocatrici di un oscuro passato – del privare ebrei dei loro mezzi di
sostentamento e della distruzione delle loro proprietà?
Ma per noi israeliani questa domanda retorica ha perso il suo
potere di educarci, di metterci in imbarazzo e di farci vergognare. Il fatto
che così tanti israeliani siano coinvolti nel derubare così tanti palestinesi
dei loro mezzi di sostentamento non è registrato neppure dai nostri sismografi.
Questi sismografi sono calibrati per registrare, si dice, furti agricoli che
sarebbero stati commessi da palestinesi. Al contrario, tutte le azioni che
regolarmente noi portiamo a termine in modo che i palestinesi perdano le loro
fonti di reddito provocano un grande sbadiglio. Ascolta, lo puoi già sentire.
Questa domanda retorica non è rivolta agli israeliani, perché
essi sono i potenziali beneficiari del furto, se non quelli che già ne stanno
beneficiando. Ecco un piccolo, parziale esempio recente: secondo rapporti
complementari dell’Ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari
e di due organizzazioni non governative, “Rabbini per i Diritti Umani” e “Yesh
Din”, nelle ultime settimane individui non identificati hanno rubato olive da
più di 1.000 alberi in 11 villaggi palestinesi in Cisgiordania – Azmut, Awarta,
Yanun, Burin, Qaryut, Far’ata, Jit, Sinjil, Al-Magheir, Al-Jinya, Al-Khader.
Inoltre individui non identificati, che sembravano ebrei, hanno aggredito
raccoglitori dei villaggi di Deir al-Khattab, Burin, As-Sawiya e Kafr Kalil e
li hanno cacciati dai loro campi.
A parte Burin, dove l’esercito ha individuato alcuni dei ladri
ebrei e riportato il raccolto ai proprietari, questi furti significano che un
investimento di tempo, denaro e fatica è andato in fumo. Nella maggioranza dei
villaggi il saccheggio è avvenuto in zone che avamposti e colonie hanno
recintato con l’uso di intimidazioni e violenze e in cui l’esercito, in cambio,
ha punito i palestinesi limitandone l’accesso alle loro terre.
E’ così che ci garantiamo il fatto che nel giro di qualche anno
ci saranno terre vuote su cui costruire un altro quartiere di lusso. Gli
israeliani indifferenti sanno che presto là potranno comprarsi a prezzi
stracciati una villa con una fantastica vista. Quindi sbadigliano.
Ci sono furti perpetrati in apparenza da singoli individui, e
poi ci sono i furti di Stato – nel villaggio di Al-Walaja, per esempio. E’
molto probabile che questo sia l’ultimo anno in cui la raccolta delle olive vi
abbia luogo come al solito. Il prossimo anno gli abitanti saranno soggetti a un
sistema di permessi per poter raggiungere le loro terre attraversando un
cancello agricolo nel muro di separazione, che verrà aperto quando l’ufficiale
di stato maggiore per l’agricoltura dell’Amministrazione Civile israeliana in
Cisgiordania deciderà che debba essere aperto – per due o tre mesi all’anno. La
mattina verrà aperto e chiuso immediatamente, e così alla sera.
Venerdì scorso un abitante di Al-Walaja e volontari israeliani
di Engaged Dharma, che stavano aiutando nella raccolta, hanno preferito parlare
di cose piacevoli: della qualità dell’olio d’oliva, delle olive succose che
stavano crescendo vicino alla cisterna, di quelle più avvizzite che erano state
raccolte dalla terrazza inferiore, dell’ottimo sapore dei rapanelli e delle
cipolle verdi che egli coltiva tra gli alberi. Ma il prossimo anno gli abitanti
del villaggio dovranno fare i conti con le restrizioni per avere un permesso –
condizioni in contraddizione con l’abitudine palestinese di lavorare
collettivamente la terra e che molto probabilmente non consentiranno loro di
continuare a coltivarvi ortaggi.
Quelli che sbadigliano stanno già facendo un giro sulle terre di
Al-Walaja, che sono state dichiarate dagli ebrei parco nazionale per l’ozio e
il relax, per giostre ed immersioni rituali. E, se dio vorrà, il prossimo anno,
quando la costruzione del muro sarà completata, non vi si vedranno palestinesi
– i proprietari legittimi della terra.
Qui il discorso chiarisce perché, diciamo, un boicottaggio
europeo e sudamericano dei, diciamo, prodotti agricoli israeliani sia
necessario e giustificato. Questa sarebbe l’unica cosa che potrà far smettere
gli israeliani di sbadigliare.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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