di Andrea Segre, Dagmawi Yimer, Alessandro Leogrande e
Igiaba Scego
Martedì 29 novembre a mezzanotte scade il termine per
partecipare al bando con cui il governo italiano finanzierà progetti di
«primissima emergenza a favore della popolazione dei centri migranti e
rifugiati» in Libia. Le Ong
italiane possono accedere a un finanziamento totale di 2milioni di euro,
destinati a migliorare gestione e condizione di tre «centri migranti e
rifugiati» dove «risiede parte della popolazione migrante mista in Libia».
Si tratta a nostro avviso di
un bando offensivo e vergognoso per almeno tre motivi:
Quei centri non sono «centri
migranti e rifugiati» ma sono veri e propri «campi di concentramento», come
ampiamente documentato da ormai decine di media e organizzazioni di tutto il
mondo. La
definizione che il bando governativo ne dà (appunto «centri migranti e
rifugiati») è talmente inesatta e ipocrita da usare il termine rifugiati in un
Paese dove questa categoria non può esistere, perché non riconosce la
Convenzione di Ginevra.
L’intervento è previsto in «centri» dove (lo dice il
bando stesso) la capacità di effettiva sorveglianza delle autorità ufficiali
libiche è «in molti casi limitata», perché in realtà sono «gestiti da milizie locali». Le
Ong italiane non hanno alcuna possibilità di agire in quei campi se non previo
accordo con le milizie stesse, che ne gestiranno modalità di azione e relativo
budget.
Il tutto serve a un’operazione
d’immagine per raddolcire o addirittura coprire le conseguenze
disumane e raccapriccianti delle misure di blocco e respingimento dei migranti
messe in atto da Italia e Europa a partire da agosto scorso, costate per altro
cento volte di più di queste misure di «primissima emergenza».
Tutto ciò è inaccettabile.
Ci auguriamo che le Ong
italiane sappiano non cedere a questo ricatto sin troppo evidente. Chiediamo alle persone, agli
esseri umani che lavorano nelle Ong di avere la dignità di non partecipare a
questo gioco e di unirsi a noi nel denunciare la scelta politica gravissima
messa in atto dal governo italiano nell’attuare accordi con un Paese dove a
governare sono milizie, violenza e razzismo.
La non partecipazione delle
Ong al bando sarebbe un segnale importante per chiedere ai governi europei
un’inversione di rotta necessaria: la chiusura dei campi di concentramenti libici,
la liberazione di uomini, donne e bambini e la garanzia di corridoi umanitari
di fuga verso luoghi di reale accoglienza e sicurezza.
Anche di questo parleremo il 3 dicembre a Roma al
Forum«Per cambiare l’ordine delle cose», a cui hanno aderito più di
settecento persone da oltre centoventi città d’Italia.
Nessun commento:
Posta un commento