Una lettera d’addio
È
la prima volta che scrivo una lettera alle mie studentesse e ai miei studenti,
per gli studenti di oggi una lettera di questi tempi, per gli studenti del
passato è una lettera dal futuro.
Ci
sono tanti punti da toccare, inizio da uno molto antipatico, che molti di voi
conoscono bene, il copiare.
Copiare ai tempi della riproducibilità tecnica
Chi
copia mi ha sempre fatto arrabbiare, adesso mi fa solo pena e malinconia.
Copiare
oggi è da sfigati perché, con internet, è facilissimo trovare la fonte. Essere
scoperti è sicuro, solo qualche volta la si può fare franca, e solo per
pigrizia del docente.
È
come quando un anziano o un’anziana rispondono a un annuncio di un’agenzia
matrimoniale, allegando una foto (di 30 anni prima), oppure un uomo brutto o
una donna brutta allegano una foto di un’altra persona più giovane e più bella.
Come
facciano a sperare di non essere scoperti è un mistero.
Oltre
alla figura di merda poi pagheranno per la loro azione, senza dubbio.
E così succede a quei poveri studenti infelici che ancora ci provano.
"Puoi imbrogliare una persona tutte le volte, puoi anche imbrogliare tutti almeno una volta, ma non puoi imbrogliare tutti tutte le volte", canta Bob Dylan.
Da
quando hanno inventato la fotocopiatrice il lavoro del copista non esiste più,
chissà se si è diffusa la notizia.
Vi
ho spiegato che esiste una strada, la citazione, tra virgolette, che non è una
copiatura, ma le assomiglia (segnalando la provenienza del testo fra virgolette
e il numero della pagina citata), all’interno di un ragionamento più ampio,
dove c’è il vostro commento/contributo.
Alcuni,
con esempi e persuasione, hanno capito come funziona, altri, troppi, legati
alla tradizione del copiare senza fare prigionieri, copiano come prima,
spruzzando qualche virgoletta a caso, ogni tanto.
Il
dramma di oggi è alcuni e alcune, in numero crescente, che copiano frasi
intere, con parole che neanche conoscono, credendo che non stiano copiando.
Sembra incredibile, ma succede davvero, a questo livello è ormai una malattia;
dice Alberto Moravia: “Quando non si è sinceri bisogna fingere,
a forza
di fingere
si finisce per credere;
questo è il principio di ogni fede”.
Recupero
Vi
siete accorti che da anni la scuola è diventata la scuola del recupero, si fa
molto meno (voi non lo sapete) di quanto si facesse una po’ d’anni fa, e si
recupera, recupera, recupera, recupera. Ormai è chiaro, se uno studente non
studia la colpa è del professore, così come quando si tira un rigore e il
pallone va fuori la colpa è del pallone.
Per
chi è distratto, o non lo sa, provo a dare un’idea di cosa è il recupero, non
sempre, oggi, a scuola. Faccio un esempio, ipotizziamo una materia da 100 o 200
ore di lezione nell’anno scolastico 3 o 6 ore la settimana, per capirci. Il
corso di recupero è un palliativo della lezione “normale”, di solito durante le
ore di lezione “normali”, a volte un ragazzo perde un’ora di lezione per andare
a fare il recupero oppure con un corso ad hoc di 10 o 15 ore soltanto, o perché
costerebbe troppo all’Amministrazione, o perché il recuperando non ha molto
tempo da perdere. La finzione (tutto è teatro, tutto è illusione) è quella di
dire, da parte del docente che tiene il corso (non sempre, ma spesso) che il
recuperando ha recuperato. E capita che il docente curricolare, non spesso, ma
sempre più, indebolito davanti all’idea di fare non una, ma due o tre o più
verifiche di recupero, a volte solo per un argomento specifico, rilascia il
bollino “approvato”, anche se non è vero; non è giusto, lo sappiamo tutti, ma
la stanchezza della ripetizione del recupero provoca una certa stanchezza (d’altronde,
si sa, anche i professori sono poveri diavoli, mica automi).
L’ossessione
del recupero del recupero del recupero del recupero del recupero produce
effetti perversi, come dice il proverbio, “mai studiare oggi quello che si può
recuperare domani”, lo conoscete bene, questo neoproverbio.
Se
poi in poche ore si recupera tutto il non fatto in molte ore, il cerchio si
chiude, il miracolo si è compiuto.
Il
recupero, per come è inteso la maggior parte delle volte, sta a metà fra il
copiare e il doping, produce effetti, perversi, nel brevissimo termine, poi
evapora.
Le crocette
Da
un po’ di anni, la scuola italiana, composta di credenti del vangelo anglosassone,
usa sempre più dei test “a crocette”, utili nei cimiteri, forse, molto meno fra
i viventi. Anche le prove Invalsi, che avete avuto la sventura di conoscere, e
i test universitari affidano i destini a una croce.
Il
“dramma” della valutazione delle risposte esplode nelle domande vero/falso
Gli
studenti sanno in anticipo che alle domande alle quali si può rispondere V, F,
o non rispondere, viene attribuito un punteggio nullo per le domande senza
risposta, mentre le risposte giuste e quelle sbagliate si compensano.
Qualcuno
afferma che sei domande giuste su dodici corrisponde praticamente alla
sufficienza, che illusione.
Per
la teoria delle probabilità, con una moneta, si potrebbe arrivare allo stesso
risultato, ma da sei risposte giuste e sei sbagliate non si può evincere che la
moneta conosca metà dei contenuti della disciplina.
Se
uno studente risponde a metà delle domande correttamente e alla parte restante
non correttamente moneta e studente pari sono, non sanno nulla.
Con
le crocette tutti i “secondo me”, “forse”, “alcune volte ma non sempre”, ecc.
evaporano, si è ridotti a computer, acceso/spento, sì/no, tutto il lavoro di
argomentare, ragionare, ipotizzare, che distingue l’essere umano da una
monetina, diventa inutile, ciascuno di noi diventa inutile.
Online
Non
che prima non si dicesse, ma negli ultimi due anni, quelli della dad, la parola
che si dice sempre più spesso è: poverina/o.
Io
al posto vostro sarei molto arrabbiato, come lo sono io con i colleghi che
usano questa parola.
Non
fatevi trattare da poverini, abbiate l’orgoglio, la forza, la volontà, la
responsabilità di prendere l’iniziativa, di fare quello che sapete (spero che
ancora non siate già irrimediabilmente geneticamente modificati) essere giusto.
La
responsabilità è la cosa più difficile, ma anche quella più importante.
Elemosina
Regalare i voti, anche se uno non lo sa, è solo dare
l’elemosina, e se alla vostra età vivete di elemosina, il futuro sarà segnato.
Non
accontentatevi della mediocrità, dei regali immeritati che vi fanno, della
riduzione di quello che pretendono da voi, da chi vi dice che siete
diversamente “qualcosa”, che a volte è un modo per dire che siete meno di come
potreste essere, ma tanto tutto è lo stesso.
Non
lasciate che gli altri decidano per voi.
Venire incontro
Questo
spesso ve lo sento dire, ma è una cosa che avete sentito, ed è comodo dirla. Io
sempre cerco di non venirvi incontro, nella neolingua di oggi significa che se
2+2 fa quattro ci mettiamo d’accordo che 5 è lo stesso, di un libro se ne legge
solo metà, di un film si vede solo il primo tempo.
Una
volta una collega mi ha detto che ero troppo intelligente per gli alunni,
forse, secondo alcuni, ci vogliono professori che si abbassino al livello degli
studenti (e striscino insieme), alcuni teorizzano che bisogna adattarsi
all’utenza (scusate la parola oscena), la mia opinione è che a tutti gli alunni
devi insegnare a salire i gradini, certe volte a volare.
Il merito
A
volte vi dico che ognuno nella vita (quasi sempre) avrà quello che si merita. E
poi aggiungo che questa frase per alcuni sarà una promessa, per altri una
minaccia. Qualcuno mi chiede il significato, lo scoprirà vivendo, rispondo, e
capirà.
Un saluto finale
con le parole di Bertolt Brecht
Lode dell'imparare
Impara quel
che è più semplice!
Per quelli il cui
tempo è venuto
Non è mai troppo
tardi!
Impara l’abc; non
basta, ma
lmparalo! E non ti
venga a noia!
Comincia! devi sapere
tutto, tu!
Tu devi prendere il
potere.
Impara, uomo
all’ospizio!
Impara, uomo in
prigione!
Impara, donna in
cucina!
Impara, sessantenne!
Tu devi prendere il
potere.
Frequenta la scuola,
senzatetto!
Acquista il sapere,
tu che hai freddo!
Affamato, afferra il
libro: è un’arma.
Tu devi prendere il
potere.
Non avere paura di
chiedere, compagno!
Non lasciarti
influenzare,
Verifica tu stesso!
Quel che non sai tu
stesso,
Non lo saprai.
Controlla il conto,
Sei tu che lo devi
pagare.
Punta il dito su ogni
voce,
Chiedi: e questo,
perché?
Tu devi prendere il
potere.
Il mio giovane figlio mi chiede:
Dovrei studiare matematica ?
Perché, dovrei chiedere io.
Che due pezzi di pane sono più di uno,
Lo noterai comunque.
Il mio giovane figlio mi chiede
Dovrei studiare inglese ?
Per quale motivo, dovrei chiedere io.
Questo regno tramonta.
E tu solo strofinati la pancia
Con la mano piatta
E gemi e già ti si capirà.
Il mio giovane figlio mi chiede:
Dovrei studiare storia?
Perché dovrei chiedere io.
Impara a tenere
La tua testa ben ferma sulla terra
Allora forse resterai.
Sì, studia matematica, gli dico,
Studia inglese, sì, studia storia.
come diceva Giulietto Chiesa, vi auguro un buon viaggio intorno al Sole
il vostro professore
* è il titolo di un (bel) film
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