La rete di
associazioni impegnate nella difesa del diritto all’obiezione di coscienza e in
particolare legate al Movimento Nonviolento e alla War Resisters’ International, ha deciso di organizzare un seminario incentrato
sullo stato giuridico di questo diritto e sulla situazione degli obiettori di
coscienza in Turchia e in alcuni paesi europei e non.
La Turchia è
uno degli Stati che si oppongono maggiormente all’obiezione di coscienza. Il
giudizio del 2006 sul caso Ülke contro Turchia della Corte Europea dei Diritti
Umani evidenzia la vera e propria “morte civile” di quanti scelgono di non
accettare l’imposizione del servizio militare obbligatorio.
ln genere
nelle costituzioni il diritto all’obiezione di coscienza è garantito dagli
articoli sulla libertà di pensiero, coscienza e religione. Sono protetti da due
trattati che hanno avuto un profondo impatto sull’evoluzione del diritto
internazionale: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Tra i Paesi
che hanno ratificato entrambe le dichiarazioni è presente anche la Turchia. I
numerosi casi di persone perseguitate a livello giudiziario per la loro scelta
permette però di capire come il governo di Erdo?an non riconosca questo diritto
per i suoi cittadini.
Secondo la
dottrina internazionale, l’obiezione di coscienza deve essere possibile per
tutti i cittadini di uno stato, senza discriminazioni rispetto al periodo di
servizio militare. Infatti, la durata del servizio civile deve essere simile a
quello militare. Questo non succede in Turchia, dove la coscrizione è
obbligatoria e non si riconosce una forma civile alternativa. Compiuti 20 anni,
un cittadino turco è costretto a 6 mesi di servizio nell’esercito. È possibile
diminuire a 30 giorni pagando una sanzione. L’importo viene aggiornato ogni sei
mesi e attualmente equivale a 37 mila lire turche (circa 3.600 €).
La decisione
di iscriversi a un corso universitario non comporta l’esenzione dal servizio
militare. Viene semplicemente rimandato alla fine del percorso di studi o fino
al compimento dei 28 anni, età oltre la quale non è più possibile rinviarlo.
Associazioni
legate al mondo della nonviolenza e dell’obiezione di coscienza hanno
organizzato un incontro con attivisti e cittadini turchi che hanno scelto di
non partecipare al servizio militare obbligatorio, presentando l’attuale
situazione turca e la loro esperienza. 50 giorni dopo il ricevimento della
lettera di convocazione, i giovani che non si presentano in caserma diventano
disertori. Questa condizione cambia completamente le loro vite. A ogni
controllo di polizia sarà segnalata alle autorità la propria situazione
giudiziaria, con l’obbligo di presentarsi entro 15 giorni al centro di
reclutamento indicato nella lettera ricevuta. La scelta di non presentarsi dà
inizio a un processo che si conclude con l’obbligo di pagare delle sanzioni
amministrative, non precludendo inoltre la possibilità di ricevere nuove
sanzioni.
Nel corso
degli anni le multe aumentano considerevolmente. L’impossibilità di pagare ogni
singola sanzione ha come risultato la chiusura dei conti correnti intestati
agli obiettori di coscienza. Nel tempo, le continue sanzioni portano a un
procedimento penale. Le condanne vanno dai 2 mesi ai tre anni, secondo le
informazioni condivise dall’European
Bureau for Conscientious Objection (EBCO).
Un attivista
ha rivelato di aver ricevuto 50 multe dal 2016 al 2021. Questa situazione lo ha
portato a cercare di evitare ogni interazione con la polizia, molto presente
nella società turca. Diventa quasi impossibile viaggiare usando i mezzi
pubblici, in quanto le forze dell’ordine sono spesso presenti per controlli. La
chiusura dei conti correnti vieta agli obiettori di poter uscire fuori dai
territori nazionali. Infatti la decisione di concedere un visto è legata alla
situazione economica del richiedente.
Nel suo
intervento uno degli obiettori spiega che pagare le multe e gli avvocati per i
processi a cui si è sottoposti diventa quasi impossibile. Si nega loro la
possibilità di lavorare legalmente. Il datore di lavoro riceve infatti una
multa se assume persone che non hanno prestato il servizio militare.
Si sospende
anche il diritto di voto, fornendo così un pericoloso precedente per la
condizione di alcuni cittadini turchi. Un attivista per l’obiezione di
coscienza ha raccontato la sua esperienza. Alla nascita del figlio non ha
potuto inserire il proprio nome nel certificato di paternità.
La
costituzione turca e in particolare gli articoli 10 e 90 affermano
l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, oltre a recepire nella
giurisprudenza i maggiori trattati di diritto internazionale. Nonostante questo
l’EBCO denuncia le misure punitive a carico degli obiettori di coscienza. Sono
discriminati a causa di un diritto che è sancito e protetto da diversi trattati
internazionali.
Nel corso
degli anni sono state numerose le richieste delle associazioni per istituire un
servizio civile volontario alternativo. Ma fino a questo momento la politica
nazionale non è stata ricettiva nei confronti delle loro istanze. Nonostante
questo, gli attivisti chiedono un aumento della pressione internazionale per
portare Ankara ad ammettere questo diritto, promuovendo un’azione da parte del
Consiglio d’Europa, in cui la Turchia è l’unico paese membro a non riconoscere
il diritto all’obiezione di coscienza.
In
particolare, la decisione di diminuire il periodo di servizio militare a
seguito del pagamento di un contributo non sembra nascere dall’esigenza di
riformare la leva obbligatoria nel paese, ma solo da questioni di bilancio. Il
contributo di 37 mila lire turche non è alla portata di una popolazione con un
salario medio di 2300 lire al mese, all’incirca 220€ e con un livello di
disoccupazione che nel 2019 era pari al 13,67% della popolazione, portando così
a un aumento delle disparità tra individui con una condizione economica e
sociale disuguale.
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