Quando
il silenzio diventa un omicidio - Vincenzo Vita
Caso
Assange. Siamo di fronte, dunque, ad un caso amaro in sé, viste le precarie
condizioni di salute di Assange, e per sé. Sembra, infatti, la prova tecnica di
un nuovo regime nell’informazione Lo scorso venerdì si è tenuto, presso il
senato della Repubblica, un convegno sul diritto alla conoscenza. Promosso
dalla biblioteca del senato medesimo diretta da Gianni Marilotti insieme
all’associazione intitolata allo scomparso giornalista di inchiesta Mimmo
Càndito (fu presidente dei Reporter senza frontiere dal 1999), il dibattito si
è giustamente incentrato sulla tragica vicenda di Julian Assange. Il giornalista
di origine australiana è il fondatore dell’agenzia WikiLeaks, oggi detenuto nel
carcere speciale inglese di Belmarsh con il rischio solo rinviato
dell’estradizione negli Stati uniti. L’iniziativa ha rotto un po’ il velo di
silenzio attorno ad una vicenda dai contorni pericolosi ed emblematici. Grazie
all’impegno di Marinella Venegoni, la compagna di Càndito, di Gian Giacomo
Migone con l’Indice libri del mese, della federazione della stampa con Giuseppe
Giulietti, della fondazione Basso e dell’omologa intitolata a Paolo Murialdi,
nonché di Critica liberale il sipario si è strappato. Tuttavia, come hanno
sottolineato gli interventi di chi (Raffaele Fiengo, Enzo Marzo, Nello Rossi)
ha condotto per anni lotte incisive per la libertà di informazione e la
trasparenza degli apparati, c’è moltissimo da fare. Fondamentale la documentata
comunicazione di Stefania Maurizi de il Fatto Quotidiano, cui si deve in Italia
il mantenimento la luce accesa su di una vicenda abnorme. Come sono risultati
inquietanti gli interventi del padre del whistleblower John Shipton (con una
sobria drammaticità, antitetica rispetto all’imbarazzante televisione del
dolore di tanti talk) e dell’avvocato australiano dell’imputato Greg Barnes.
Già, l’imputazione. Si tratta di un reato previsto dall’Espionage Act
statunitense del 1917, in base al quale la pena prevista in caso di
accoglimento dell’estradizione, visto che gli Stati uniti non demordono arriva
a 175 anni di carcere. Siamo di fronte, dunque, ad un caso amaro in sé, viste
le precarie condizioni di salute di Assange, e per sé. Sembra, infatti, la
prova tecnica di un nuovo regime nell’informazione. Qual è la questione, in
sintesi? Mentre coloro che hanno promosso guerre sanguinose e terribili in Iraq
o in Afghanistan o hanno controllato migliaia di cablogrammi e di telefonate
con la National Security Agency (NSA) girano per il mondo con conferenze ben
retribuite, l’eroe civile capace di illuminare la verità rischia di morire in
prigione. Eppure, ora le cancellerie quasi si vergognano delle guerre di
conquista volte ad esportare per così dire la democrazia. Visto che dall’Iraq
distrutto è nato il terrore dell’Isis o di Al Qaida e che dal clamoroso
insuccesso afghano ne hanno tratto vantaggio i talebani. Per non citare lo
scandalo di Guantanamo, che è tuttora un buco nero del e nel mondo globale. Di
tutto ciò non si sarebbe saputo pressoché nulla senza il coraggio di WikiLeaks
supportato dalle fonti Edward Snowden ex tecnico della Central Intelligence
Agency (CIA) in crisi di coscienza, e Chelsea Manning, il militare che ruppe il
muro dell’omertà e ha tentato per tre volte di suicidarsi. Shakespeare ne
avrebbe tratto uno dei suoi capolavori, essendovi in tali storie il racconto
senza false retoriche del lato oscuro potere. Quest’ultimo si fonda sulla
pratica (violenta) del segreto, perché la verità può essere eversiva. Ciò
accade soprattutto quando vi sono misfatti di stato, azioni belliche contrarie
ad ogni legge internazionale. Assange è sottoposto nella fortezza in cui è
rinchiuso ad una vera e propria tortura, della stessa forma da lui denunciata
con una controinformazione preziosa. Ha ricordato Migone, come aveva fatto del
resto in vista delle elezioni americane Furio Colombo, che siamo al cospetto di
un precedente insidioso. Non così accadde quando Daniel Ellsberg, il
whistleblower dei Pentagon Papers (1967), disvelò le porcherie della guerra del
Vietnam. Allora non si ebbero condanne, in virtù del principio fondamentale
della libertà di informazione garantito dal primo emendamento della
costituzione di Washington. Tant’è che il New York Times e il Post pubblicarono
paginate e non vi fu censura, malgrado le pressioni del segretario della difesa
McNamara. Basti, poi, leggere il duro documento stilato dallo Special
Rapporteur on Torture delle Nazioni unite, Nils Melzer. Dove si stigmatizza
pure il comportamento della Svezia, dove la drammaturgia cominciò, con accuse
strumentali rivelatesi infondate. Perché il sipario si apra davvero, serve un
atto formale, così come è accaduto in Gran Bretagna e in Australia su spinta di
parlamentari di parti diverse. Una mozione delle camere rivolta al presidente
del consiglio Draghi, affinché ponga il problema di Assange all’unione europea
e a Joe Biden, è urgente e necessaria.
©
2021 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE
RICONOSCERE
LO STATUS DI RIFUGIATO A JULIAN ASSANGE
Abbiamo
presentato una mozione che sarà discussa e votata in Aula la prossima settimana
per impegnare il governo a intraprendere ogni utile iniziativa finalizzata a
garantire la protezione e l'incolumità di Julian Assange da parte delle
autorità britanniche e a scongiurarne l'estradizione.
Ad
Assange bisogna riconoscere lo status di rifugiato politico e la protezione
internazionale, in virtù delle riconosciute e accettate disposizioni
internazionali sul diritto d'asilo.
_____________
Questo il
testo della mozione:
<--------->
MOZIONE
La
Camera,
premesso
che:
il 28
marzo 2021 Stella Morris, moglie di Julian Assange, ha riportato la notizia di
una lettera personale da parte di Papa Francesco recapitata al marito,
incarcerato nel Regno unito dal 2019, per il tramite del prete del
penitenziario;
Julian
Assange, cittadino australiano, è al centro di un caso diplomatico e giuridico
che dura ormai da undici lunghissimi anni;
giornalista,
attivista e programmatore informatico, nel 2006 Assange ha fondato il sito wikileaks.org
(WikiLeaks)
con l’obiettivo di offrire uno spazio libero ai whistleblower disposti a
pubblicare documenti sensibili e compromettenti, in forma anonima e senza la
possibilità di essere rintracciati;
il sito,
negli anni, è stato curato da molti giornalisti, attivisti e scienziati
riscuotendo sempre maggiore attenzione nell’opinione pubblica, rivelando
segreti e scandali, relativi, tra gli altri, a guerre, loschi affari
commerciali, episodi di corruzione e di evasione fiscale;
le
rivelazioni di WikiLeaks hanno contribuito ad aumentare la consapevolezza di
larghi strati della pubblica opinione mondiale rispetto a governi, uomini di
potere, reti di relazioni ed eventi, ben oltre la narrazione ufficiale;
nel 2010
Assange è assurto ad ampia notorietà internazionale per aver rivelato tramite
WikiLeaks documenti classificati statunitensi, ricevuti dalla ex militare
Chelsea Manning, riguardanti diversi crimini di guerra;
nell’ottobre
del 2010, pochi mesi prima delle accuse avviate contro Julian Assange in
Svezia, WikiLeaks pubblicò video e documenti diplomatici relativi alle guerre
in Afghanistan e in Iraq. Fu una delle più grandi fughe di notizie della storia
che documentarono abusi delle forze americane, compresa l’uccisione di decine di
civili, compresi due giornalisti della Reuters, da parte di un elicottero da
guerra statunitense Apache a Baghdad nel 2007;
WikiLeaks,
attraverso il così denominato “Cablegate”, diffuse più di 300 mila documenti
riservati dell’esercito statunitense che rivelarono gravi inadempienze della
autorità nel perseguire abusi, torture, violenze perpetrate durante le guerre
in Afghanistan e Iraq;
durante
le primarie presidenziali del Partito Democratico statunitense del 2016,
WikiLeaks pubblicò delle e-mail inviate e ricevute dalla candidata Hillary
Clinton dal suo server di e-mail privato quando era Segretario di stato
dimostrando, tra l'altro, il coinvolgimento dell'Arabia Saudita e del Qatar in
varie azioni di supporto alla formazione dello Stato Islamico in Siria e in
Iraq (ISIS) e ponendo concreti dubbi sul coinvolgimento statunitense in esse;
per le
sue rivelazioni Julian Assange ha ricevuto svariati encomi da privati e
personalità pubbliche, onorificenze (tra cui il Premio Sam Adams, la "Gold
medal for Peace with Justice" da Sydney Peace Foundation e il "Martha
Gellhorn Prize for Journalism"), ed è stato ripetutamente proposto per il
Premio Nobel per la pace per la sua attività di informazione e trasparenza;
nel 2012,
per sfuggire all’arresto da parte della polizia britannica, Julian Assange
trovò asilo presso l’ambasciata dell’Ecuador, il cui governo gli avrebbe
riconosciuto in quello stesso anno lo status di rifugiato politico e il diritto
d’asilo;
l’11
aprile 2019, la polizia britannica ha arrestato Julian Assange all’interno
dell’ambasciata dell’Ecuador a Londa, con il consenso delle autorità
ecuadoriane dopo che, in seguito al cambio di governo, le stesse gli avevano
revocato lo status di rifugiato;
nella
serata del 11 aprile, Julian Assange è stato condotto dinanzi alla Westminster
Magistrates' Court, dove sembrerebbe sia stato riconosciuto colpevole ipso
facto d'aver violato nel 2012 i termini della cauzione: ovvero quando aveva
deciso di rifugiarsi nell'ambasciata ecuadoriana e di non comparire di fronte a
un giudice britannico che lo aveva convocato per conto della magistratura
svedese nell'ambito di una controversa inchiesta per presunto stupro e molestie
avviate contro di lui a Stoccolma, accuse poi archiviate;
oggi
quindi Julian Assange risulta essere detenuto nel Regno unito per aver violato
le condizioni di una libertà vigilata imposte sulla base di un mandato poi
revocato, ma la motivazione reale della sua detenzione parrebbe risiedere nella
richiesta di estradizione da parte degli Stati uniti;
le autorità
di Washington asseriscono infatti che Julian Assange e WikiLeaks avrebbero
messo a repentaglio la sicurezza nazionale degli Stati uniti. Con questa stessa
accusa Chelsea Manning, che a WikiLeaks fornì i documenti nel 2010, è stata
dapprima condannata a 35 anni di prigione e, successivamente, graziata dal
Presidente Obama;
l’estradizione
nei confronti di Assange troverebbe una ragione di fondamento in un atto di
accusa segretamente depositato ad Alexandria, nello stato del Virginia, che
consisterebbe di un solo capo di imputazione, insieme a Chelsea Manning,
relativo al reato di pirateria informatica, anche se sembrerebbe che il
ministero della giustizia statunitense abbia contestato ad Assange altri reati,
tra cui quelli di cospirazione e spionaggio;
dopo
quasi undici anni, quello in atto contro Julian Assange assume i contorni di
una persecuzione contro la persona e di una ritorsione contro il progetto
WikiLeaks, ma rappresenta anche un pericoloso precedente per attivisti,
giornalisti e whistleblower negli Stati uniti così come in qualunque altro
Stato;
la
detenzione di Julian Assange – i cui presupposti erano già stati respinti nel
2015 dal Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla Detenzione Arbitraria e
rivelatasi anche avvenire in condizioni gravosamente severe – nonché le
eventualità di estradizione e persecuzione a vita negli USA, hanno suscitato
forte protesta e appelli per il rilascio da parte dell'opinione pubblica e di
svariate organizzazioni per i diritti umani;
nel
novembre 2019 il relatore Onu sulla tortura ha dichiarato che Assange avrebbe
dovuto essere rilasciato e la sua estradizione negata, dichiarazione
successivamente fatta propria anche dal Consiglio d'Europa, di cui il Regno
unito è peraltro Stato membro fondatore;
nel
dicembre 2020 lo stesso relatore Onu sulla tortura, oltre a rinnovare l'appello
per l'immediata liberazione di Assange, ha chiesto, senza esito, che questi
venisse almeno trasferito dal carcere ad un contesto di arresti domiciliari;
il 5
gennaio 2021 la giustizia inglese ha negato l'estradizione di Assange per
motivi di natura medica, nello specifico per il bene della sua salute mentale
per l’alto rischio di tendenze suicide;
tuttavia,
nonostante quanto espresso in precedenza e nonostante le precarie condizioni di
salute, Julian Assange risulta ancora detenuto in condizioni gravosamente
severe presso la prigione di Belmarsh;
per
questa ragione è opportuno esercitare la massima pressione sul Regno unito
affinché comprenda la gravità della situazione e garantisca la protezione di
Julian Assange, accogliendo quanto richiesto dal relatore Onu sulla tortura e
quanto fatto proprio dal Consiglio d’Europa, massima istituzione per lo stato
di diritto e per la tutela dei diritti umani di cui il Regno unito è membro
fondatore;
finché a
Julian Assange non verrà riconosciuta la piena libertà, lo status di rifugiato
politico e la protezione internazionale, il rischio che egli possa andare
incontro a violazioni dei diritti umani sarà sempre concreto e incombente,
oltre a condizioni detentive che violerebbero il divieto assoluto di tortura e
di altri maltrattamenti e un processo iniquo che, negli Stati Uniti, potrebbe
essere seguito dalla pena di morte, a causa del suo lavoro con WikiLeaks;
impegna
il Governo:
ad
intraprendere, anche in aderenza alle Convenzioni internazionali e
specificatamente alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ogni utile iniziativa finalizzata a
garantire la protezione e l’incolumità di Julian Assange da parte delle
autorità britanniche e a scongiurarne l’estradizione;
a
riconoscere lo status di rifugiato politico e la protezione internazionale a
Julian Assange, in virtù delle riconosciute e accettate disposizioni
internazionali sul diritto d’asilo.
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