Stella Moris, la moglie di Julian Assange è stata ricevuta, con i suoi due figli, da Papa Francesco.
Ovviamente si tratta di un evento di carattere simbolico piuttosto rilevante, visto che si tratta della moglie di un giornalista detenuto nel carcere britannico di Belmarsh, in attesa di essere estradato negli USA, dove dovrà affrontare accuse per 175 anni di carcere.
E ovviamente, tranne fuggevoli cenni su una manciata di testate, il giornalismo italiano si è distinto una volta di più per il silenzio, per le virtù dell’omissione asservita, uniche virtù vigorosamente presenti nel sistema mediatico odierno.
Chi si sia preso la briga di informarsi sulla vicenda di Assange, ad esempio dall’ottimo ed equilibrato resoconto del prof. Nils Melzer, ex relatore speciale dell’ONU, sa che la condotta di Assange prima della persecuzione è stata non solo esemplare di ciò che dovrebbe fare il giornalismo d’inchiesta, ma anche deontologicamente impeccabile nei casi in cui le informazioni ottenute potevano creare pericoli a terzi (ad esempio agenti sotto copertura).
Ma Assange ha commesso l’imperdonabile: ha smentito in modo documentato e irrefutabile le menzogne decorative che gli USA imponevano al mondo circa la propria attività di cavaliere dell’ideale e benevolo poliziotto globale.
La persecuzione di Assange è l’epitome del collasso delle liberaldemocrazie occidentali, è il segno distintivo di una forma di civiltà che ha perduto ogni credibilità di fronte a sé stessa, avendo tradito sistematicamente tutti i valori che aveva sbandierato per decenni come peculiarmente propri (libertà di pensiero, libertà di espressione, trasparenza, egalitarismo, rappresentatività democratica, rispetto per la persona umana, ecc.).
Oramai, in questo arretramento costante, in questa parabola di decadimento terminale – di cui eventi come le rivolte in Francia sono un segno – le uniche carte rimaste da giocare stanno nel rallentare quest’autocoscienza imbellettandosi nel gioco dei riconoscimenti mediatici: sceneggiatine salottiere in prima serata in cui il giornalista A scambia onoreficenze con l’intellettuale di risulta B che si sdraia in attesa di grattini sulla pancia da parte del presidente C, e via gigionando .
Intanto Assange, e con lui la verità nelle forme più varie, appassisce dietro le sbarre.
scrive Alessandro Di Battista:
Oggi il
più grande Giornalista vivente compie 52 anni. Gli ultimi 4 compleanni li ha
passati in una cella 2×3 in un carcere di massima sicurezza londinese. I 7
precedenti all’interno di un’ambasciata dove si è rifugiato per sfuggire ad una
falsa accusa di stupro che in realtà (come si è visto successivamente)
nascondeva il desiderio di estradarlo in USA. Ricordo a tutti che Assange è
detenuto senza aver ricevuto alcuna condanna. È in carcere (e rischia di
morirci) esclusivamente per aver pubblicato notizie vere e di pubblico
interesse. Dunque è in carcere per aver fatto (lui sì) il Giornalista. Tutto
questo si consuma nel cuore del libero e democratico occidente. Una roba
vergognosa. Tanti auguri Julian!
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