«Anche l’Organizzazione mondiale della Sanità definisce l’infertilità una
malattia. La Gestazione per altri (Gpa) è una cura: se ho un deficit funzionale
di tutti e due i reni, faccio un trapianto di reni… La Gpa è tecnicamente una
donazione d’organo temporanea e reversibile». Sono le parole del professor
Andrea Crisanti, senatore del Pd, a questo quotidiano. Sono l’oggetto, oltre un
secolo fa, della critica feroce, moralistica secondo la cultura politically
correct, di Antonio Gramsci.
Il leader dei comunisti italiani, su L’Avanti del 6 Giugno 1918, in un pezzo
intitolato «Merce», scriveva: «Il dottor Voronoff ha già annunziato la
possibilità dell’innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta
all’attività esploratrice dell’iniziativa individuale. Le povere fanciulle
potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità?
Lo cederanno alla ricca signora infeconda ... Venderanno la possibilità di
diventar madri …. La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli
arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima,
e diventa merce da baratto … simbolo del capitalismo moderno».
Nella agghiacciante visione antropologica del senatore Dem, proprio come
descriveva Gramsci, la gravidanza, come il filtraggio compiuto dai reni, è una
ordinaria attività corporea meccanica e una creatura umana è un organo inanimato,
vivo, ma inanimato, come un rene appunto. Quindi, la Gpa diventa cura per
l’infertilità. Poiché il commercio degli organi umani è vietato, coerentemente,
si vieta anche il commercio della gestazione. Come per gli organi umani
trapiantabili, se ne consente il dono. Quindi, sì alla cosiddetta «Gpa
solidale», a maggior ragione in nome dell’autodeterminazione della donna,
purché sia «una parente o un’amica che non è in uno stato di indigenza» (per
autodeterminarsi è richiesto l’Isee).
I nodi sono complessi e sensibili, ma complessità e sensibilità o il timore
dell’accusa di intelligenza con il nemico, non devono portare al silenzio
complice sulla deriva di larga parte della classe dirigente
"progressista", da ultimo nella scelta compiuta di uscire dall’Aula,
astenersi, finanche votare a favore (lodevole eccezione il No dei Verdi)
sull’emendamento presentato alla Camera dall’onorevole Riccardo Magi per
introdurre la Gpa solidale nella legislazione italiana.
Si deve parlare, per risalire la china. Primo e decisivo punto: tra le persone
coinvolte nella Gpa va riconosciuta, innanzitutto, la creatura portata in
grembo da una mamma e poi ceduta. Non è cosa, merce o dono. Non può essere
oggetto di scambio tra committente e fornitrice. La gravidanza, a differenza del
filtraggio del sangue, scolpisce l’anima della vita nascente e della vita che
la nutre. La separazione innaturale segna per sempre entrambe.
Secondo: l’autodeterminazione della persona, in particolare della donna, è
sacrosanta e irrinunciabile. Ma la cultura del limite va parimenti affermata. I
desideri, anche i più nobili come paternità e maternità, non diventano diritti
soltanto perché il Mercato e la Tecnica, potenze amorali, lo consentono. Su
tale punto, ripropongo quanto scrissi qui il 5 marzo 2016, in risposta a Bia
Sarasini, intervenuta per stigmatizzare una mia intervista, a suo dire
«proibizionista», ad Avvenire: «Nella logica dell’autodeterminazione, lasciamo
ad ogni persona la disponibilità del proprio corpo anche quando i rapporti di
forza tra chi compra e chi vende sono strutturalmente asimmetrici?».
Qui, arriviamo alla scappatoia ipocrita della Gpa fuori dal Mercato. Domanda:
quante e quanti mamme e papà intenzionali, in piazza per la gestazione
solidale, hanno ricevuto un vero dono? Come ha coraggiosamente denunciato
l’onorevole Luana Zanella alla Camera per motivare il No alla proposta Magi,
«la Gpa solidale è una mistificazione».
La sinistra per avere senso politico deve riconquistare alterità etica
all’antropologia liberista: ritornare umanista, come nelle sue origini. Nella
proclamazione di diritti di un individuo consumatore sovrano, senza cultura del
limite, rimane a servizio del Mercato.
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