sabato 29 luglio 2023

La critica di Gramsci all’antropologia del prof. Crisanti – Stefano Fassina

 

 

«Anche l’Organizzazione mondiale della Sanità definisce l’infertilità una malattia. La Gestazione per altri (Gpa) è una cura: se ho un deficit funzionale di tutti e due i reni, faccio un trapianto di reni… La Gpa è tecnicamente una donazione d’organo temporanea e reversibile». Sono le parole del professor Andrea Crisanti, senatore del Pd, a questo quotidiano. Sono l’oggetto, oltre un secolo fa, della critica feroce, moralistica secondo la cultura politically correct, di Antonio Gramsci.
Il leader dei comunisti italiani, su L’Avanti del 6 Giugno 1918, in un pezzo intitolato «Merce», scriveva: «Il dottor Voronoff ha già annunziato la possibilità dell’innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta all’attività esploratrice dell’iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda ... Venderanno la possibilità di diventar madri …. La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima, e diventa merce da baratto … simbolo del capitalismo moderno».
Nella agghiacciante visione antropologica del senatore Dem, proprio come descriveva Gramsci, la gravidanza, come il filtraggio compiuto dai reni, è una ordinaria attività corporea meccanica e una creatura umana è un organo inanimato, vivo, ma inanimato, come un rene appunto. Quindi, la Gpa diventa cura per l’infertilità. Poiché il commercio degli organi umani è vietato, coerentemente, si vieta anche il commercio della gestazione. Come per gli organi umani trapiantabili, se ne consente il dono. Quindi, sì alla cosiddetta «Gpa solidale», a maggior ragione in nome dell’autodeterminazione della donna, purché sia «una parente o un’amica che non è in uno stato di indigenza» (per autodeterminarsi è richiesto l’Isee).
I nodi sono complessi e sensibili, ma complessità e sensibilità o il timore dell’accusa di intelligenza con il nemico, non devono portare al silenzio complice sulla deriva di larga parte della classe dirigente "progressista", da ultimo nella scelta compiuta di uscire dall’Aula, astenersi, finanche votare a favore (lodevole eccezione il No dei Verdi) sull’emendamento presentato alla Camera dall’onorevole Riccardo Magi per introdurre la Gpa solidale nella legislazione italiana.
Si deve parlare, per risalire la china. Primo e decisivo punto: tra le persone coinvolte nella Gpa va riconosciuta, innanzitutto, la creatura portata in grembo da una mamma e poi ceduta. Non è cosa, merce o dono. Non può essere oggetto di scambio tra committente e fornitrice. La gravidanza, a differenza del filtraggio del sangue, scolpisce l’anima della vita nascente e della vita che la nutre. La separazione innaturale segna per sempre entrambe.
Secondo: l’autodeterminazione della persona, in particolare della donna, è sacrosanta e irrinunciabile. Ma la cultura del limite va parimenti affermata. I desideri, anche i più nobili come paternità e maternità, non diventano diritti soltanto perché il Mercato e la Tecnica, potenze amorali, lo consentono. Su tale punto, ripropongo quanto scrissi qui il 5 marzo 2016, in risposta a Bia Sarasini, intervenuta per stigmatizzare una mia intervista, a suo dire «proibizionista», ad Avvenire: «Nella logica dell’autodeterminazione, lasciamo ad ogni persona la disponibilità del proprio corpo anche quando i rapporti di forza tra chi compra e chi vende sono strutturalmente asimmetrici?».
Qui, arriviamo alla scappatoia ipocrita della Gpa fuori dal Mercato. Domanda: quante e quanti mamme e papà intenzionali, in piazza per la gestazione solidale, hanno ricevuto un vero dono? Come ha coraggiosamente denunciato l’onorevole Luana Zanella alla Camera per motivare il No alla proposta Magi, «la Gpa solidale è una mistificazione».
La sinistra per avere senso politico deve riconquistare alterità etica all’antropologia liberista: ritornare umanista, come nelle sue origini. Nella proclamazione di diritti di un individuo consumatore sovrano, senza cultura del limite, rimane a servizio del Mercato.

da qui

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