I paesi perdono abitanti. È un processo che avviene in tutto il mondo. In larga parte viene considerato ineluttabile. Ma è una rassegnazione che non ha senso in una nazione dove ogni paese è diverso dall’altro e spesso si tratta di luoghi di enorme valore paesaggistico e architettonico.
L’anno scorso sono stato due giorni a Morigerati (Salerno) invitato dal
Comune e da un’associazione locale. Già durante la mia breve residenza ho
espresso il desiderio di farci un festival. L’idea iniziale era di fare
un festival del silenzio. Amministratori e membri dell’associazione hanno
accolto con entusiasmo la mia idea. E così ho cominciato a pensare a cosa
effettivamente si poteva fare. Alla fine, ho lasciato per strada l’idea del
festival del silenzio, ma mi è rimasta la suggestione di fare un evento
senza programma, senza service, senza palco.
Morigerati mi aveva colpito perché di mattina in piazza ci sono più galline
che persone. E questo ai miei occhi di paesologo non è certo un problema. Conosco
l’obiezione: i paesi hanno bisogno di lavoro. Non si combatte lo
spopolamento indugiando in una sorta di estetica delle rovine. Obiezione che
nel caso di Morigerati ha poco senso. Il paese negli ultimi vent’anni è stato
ben amministrato e sono state fatte tante cose belle. Non si può chiedere agli
amministratori di sovvertire un modello economico che penalizza i paesi e le
montagne. In Campania il risultato è evidentissimo e per certi
aspetti sconcertante: da una parte abbiamo le zone pianeggianti che
sono diventate un gigantesco deposito di materiale edile, dall’altra abbiamo le
zone dell’orlo che sono sempre più vuote e desolate.
Il problema degli amministratori di Morigerati è proprio la carenza di
risorse umane. Insomma, c’è il paese, c’è il paesaggio, manca chi può
concretamente rivitalizzarlo. È chiaro che il Simposio di luglio non può porre
rimedio, ma sicuramente può servire a dare attenzione a un luogo bellissimo. Da
anni ad Aliano, il paese lucano dove fu esiliato Carlo Levi, organizzo La luna
e i calanchi, festa della paesologia. Posso dire che il paese è diventato da
luogo di esilio, luogo di accoglienza. Non ha risolto tutti i suoi problemi, ma
sotto la spinta del festival il paese ha una connotazione culturale che porta
turisti ad Aliano tutto l’anno.
Tornando all’affermazione iniziale che i paesi sono uno diverso dall’altro,
non potevo a Morigerati immaginare una clonazione del festival di Aliano. Nel
piccolo paese cilentano andrà in scena un vero e proprio esperimento
culturale. C’è un cantante come Dario Brunori, c’è un monaco come Guidalberto
Bormolini, c’è una studiosa che viene apposta dall’America come Serenella
Iovino, ci sono giovani musicisti, ma non sono stati invitati a esibirsi. Prima
dell’arte, viene la voglia di farci compagnia e di andare a fare compagnia a un
luogo, stare insieme a chi ci sta tutto l’anno e a chi verrà per il
Simposio. Si formerà in tal modo quella che io amo chiamare Comunità provvisoria, una
Comunità che legge poesie, che canta, che riflette sul suo futuro e sul futuro
della Terra. Sono il primo ad essere curioso di vedere cosa accadrà
nei giorni di luglio. Saranno giorni quietamente avventurosi, aperti
all’impensato, in un tempo che sta dando le spalle all’utopia e
all’immaginazione.
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