Nel suo libro di una vita “L’uomo a una dimensione” del 1964, Herbert Marcuse descriveva senza appello ne consolazione alcuna, l’inevitabile chiudersi di ogni alternativa possibile al mondo capitalista moderno. Il sistema ha ingoiato ogni forma di opposizione anche germinale, i media sono il cane da guardia del potere e manipolano le coscienze tessendo una trama narrativa che ipnotizza e al tempo stesso rende impotenti; preso in questa rete come una sardina, all’individuo non rimane alcuna scelta se non quella di produrre, consumare e crepare. Il sigillo tombale sulle democrazie liberali di Marcuse è radicale. Tuttavia, esiste una possibilità che il filosofo tedesco amato dai sessantottini chiama incidente e che diventerà noto appunto come l’incidente Marcuse. I disperati del terzo mondo, approdando nel primo mondo con tutta la miseria e la furia da bon sauvage alla ricerca di riscatto e vendetta, potranno fondersi con le avanguardie intellettuali occidentali scampate al conformismo consumista e dare così vita a un nuovo soggetto storico che, al pari dell’estinto proletariato marxiano, potrà realizzare la rivoluzione.
La sinistra
dura e pura si è aggrappata all’incidente Marcuse come ci si aggrappa a una
profezia o a una ciambella di salvataggio. Dal momento che ad oriente la
rivoluzione ha partorito Stalin (20 milioni di morti) Mao Zedong (30 milioni di
morti nei due anni del grande balzo in avanti) e Pol Pot (2 milioni
di morti su 7 milioni di cambogiani), mentre a occidente il proletariato ha
preferito il consumismo al comunismo, e per questa debolezza è stato schifato
dagli intellettuali rivoluzionari, l’ultimo baluardo della rivoluzione doveva
per forza essere il terzo mondo. E allora ecco che le retroguardie
rivoluzionarie occidentali, accogliendo gli sfruttati del terzo mondo e
fondendosi con essi e con la loro energia vitale che il proletariato
occidentale ingrassato e imborghesito non possedeva più, potevano costruire
quel nuovo soggetto storico in grado di realizzare finalmente la rivoluzione.
La rivolta
esplosa in Francia in conseguenza dell’uccisione di un ragazzo di origine algerina
da parte della polizia francese ha scatenato le fantasie della sinistra con
velleità rivoluzionarie. Il suo sogno e la sua ultima speranza rimangono
aggrappati all’incidente Marcuse di cui le rivolte francesi sembravano
potessero essere il preludio. Sebbene i puristi storcano il naso: si tratta di
una rivolta non di una rivoluzione, manca chi cavalca la tigre alla Mao, ci
sono solo mosche cocchiere, il richiamo della giungla rimane forte ma sfugge un
dato: le rivolte francesi non sono moderne né postmoderne ma simili in tutto e
per tutto alle antiche rivolte di barbari nel tardo Impero Romano, dove
popolazioni straniere non integrate, migrate in pace o in guerra, non avevano
nessuna intenzione di vivere secondo le leggi, gli usi e costumi romani. Non
rivolte contro un sistema di potere e i suoi padroni, dunque, ma contro una
civiltà, una cultura e una storia che andava stretta perché estranea. Non
Spartaco ma Alarico. La storia narra che la debolezza di Roma fu tale da
costringere l’impero ad accettare enclave barbare fino a riconoscere veri e
propri regni barbarici negli ex territori romani.
Perché ci
sono cose che il denaro non può comprare, come dimostra il fallimento delle
politiche sociali portate avanti dallo Stato francese lanciando denaro a pioggia
sulle periferie urbane nel tentativo di ingraziarsi i disperati e nascondere il
problema sotto il tappeto. La costituzione di enclave etnico-religiose
prevalentemente musulmane nelle principali città europee non soltanto francesi,
in alcuni casi può essere paragonata al sorgere di territori extranazionali con
cultura, valori, orientamenti politici e religiosi blindati nei confronti del
paese ospitante. Una nazione nella nazione con imam che cementificano il patto
fornendo un contenuto identitario forte che celebra il mito fondativo di una
nuova nazione islamica destinata a prevalere sull’occidente. Chi non vuole
vedere tutto questo perché illuso che grazie all’incidente Marcuse si possa
gestire una rivoluzione per procura rimarrà scottato.
Perché se
con il pretesto dei conti pubblici privatizzano la sanità a pezzi per regalarla
ai grossi fondi di investimento privati, se eliminano il reddito di
cittadinanza, negano un salario minimo dignitoso e importano mano d’opera
africana un tanto al chilo, se aumentano i tassi di interesse, i prezzi al
consumo e quelli dell’energia per finanziare la loro guerra contro la Russia,
non sarà l’africano in rivolta con la sua prospettiva coranica a salvarti.
Segnatelo bene a mente, aspirante rivoluzionario: l’incidente Marcuse è una
cagata pazzesca.
Nessun commento:
Posta un commento