(ripreso da www.lavoroesalute.org)
Il più bravo è chi sbaglia di meno
Si dice che, in politica, ma io penso anche nella
vita, in generale il più bravo non è chi non sbaglia mai ma
è chi sbaglia di meno.
I teorici del fallibilismo, prima ancora di Popper, di sicuro Peirce, dicono che siccome ci sono dei limiti
umani non sbagliare
mai è praticamente impossibile .
Questo governo
di destra di limiti come si è visto già dalle sue prime decisioni politiche ne ha davvero tanti il
che vuol dire che in teoria la
sinistra dovrebbe facilmente sconfiggere la destra. Ma “in teoria”
vuol dire che non è così scontato come si pensa. Per sconfiggere la destra la sinistra deve
essere politicamente capace di farlo cioè, se vale la teoria
fallibilista, essa deve a parte
essere combattiva, avere meno limiti della destra. Cioè fare
meno errori.
Essere
politicamente più capaci della destra. Sono i tanti limiti della sinistra
che protraendosi per decenni
hanno fatto vincere la destra.
La
destra che diversamente da noi è una
forza conservatrice non ha vinto perché ha un programma politico più
convincente ma perché il programma politico della sinistra ha smesso da anni di essere convincente. Infatti
oggi la sinistra a limiti non è meno a
nessuno. Quindi la battaglia dei limiti è aperta.
Una occasione politica
Secondo me il premierato e il regionalismo differenziato sono occasioni politiche di
straordinaria importanza per
vincere in prospettiva le destre. Entrambi sono controriforme alla Costituzione
cioè entrambi sono sostanziali lesioni alla nostra idea di Sato. Entrambi sono contraddizioni del “secondo ordine” cioè un mucchio
di contraddizioni. Entrambi per la sinistra le contraddizioni della destra sono limiti
della destra da superare con nuove capacità.
Cominciamo
con il dire che per l’orientamento fallibilista in generale le scelte soprattutto della politica
non dovrebbero mai essere considerate
dogmatiche ma esattamente il contrario. Quindi scelte non solo
rivedibili ed emendabili ma che a priori dovrebbero
essere considerate scelte “quasi vere” e “quasi giuste”
. Dove il “quasi”
significa che ogni scelta politica
ha uno scarto quindi un grado
di discordanza da mettere in conto .
Il regionalismo differenziato
Il governo
di destra in ragione dei suoi equilibri interni
considera il regionalismo differenziato proposto dalla lega
una scelta politica non “quasi vera”,
quindi da prendere a priori con le molle, ma
perentoria e definitiva , quindi prescrittiva cioè assolutamente giusta.
Perché prima di ogni cosa essa è una
scelta necessaria per la tenuta del governo ma non per la crescita del paese.
Quindi per il governo essa è una
scelta strumentale alla propria sopravvivenza.
Questa non è una contraddizione di poco conto perché il
regionalismo differenziato anche se
è necessario a questo governo per stare in piedi, non coincide in nessun modo con ciò che è necessario al
paese per crescere ed evolversi. Questo vuol dire che Il governo
con la legge sul regionalismo differenziato entra di fatto in contraddizione con i bisogni
e i problemi del paese .
Se non si fermerà
il regionalismo differenziato, il paese pagherà
un prezzo sociale davvero salato.
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ci rende rispetto
all’Europa eticamente regressivi più che mai.
E’
una legge deliberatamente contro una
certa concezione dello Stato quella descritto dalla nostra costituzione e contro i diritti universali delle persone. Quindi
davvero una gran brutta legge.
Grande contraddizione e grande occasione politica
Proprio perché
è una gran brutta legge essa rispetto
al governo Meloni, se la sinistra non facesse errori e facesse la sinistra, dovrebbe essere una
gran brutta spina nel fianco, un tormentone , cioè un enorme punto vulnerabile . E’ una legge oggettivamente problematica
molto divisiva secessionista in modo sfacciato.
Una legge
quindi, tornando al fallibilismo politico che,per la prima volta,
a questo governo,
potrebbe porre un serio
problema di consenso elettorale.
Il
regionalismo differenziato per questo governo
è nei fatti, da un punto
di vista strettamente politico, un grave sbaglio
politico forse il suo primo vero sbaglio cioè il più politicamente
significativo fatto sino ad ora dalla destra
Questo secondo me è il suo vero punto debole.
Le
ragioni dell’alleanza politica tra le
destre che compongono il governo non
sono in grado di compensare gli enormi
svantaggi politici che il paese sarà chiamato a pagare a causa del
regionalismo differenziato.
Su questa grande asimmetria
la sinistra dovrà lavorare
per colpire al cuore la credibilità delle destre
Con questa
legge il paese perde di fatto l’art 32 della Costituzione che è la base sulla
quale poggia la nostra
sanità pubblica universale e
solidale. Perde una idea di Stato universale accettando di frantumare il concetto
di Repubblica in tanti saterelli.
Cambia l’idea di repubblica per cambiare il presupposto che rende possibile una certa idea
di diritto fondamentale
Il governo Meloni
per colpa del regionalismo differenziato dovrebbe
pagare un prezzo di credibilità
sociale molto alto che la
sinistra dovrebbe essere capace di esigere.
Dovrebbe… perché se la sinistra
è farlocca e non è da escludere che lo sia ( di palingenesi
sino ad ora non se ne sono viste) cioè non è sinistra la destra vincerà la sua battaglia
anti-costituzionale.
Decidere una strategia unitaria della sinistra
Il
primo problema che ha la sinistra è
decidere una strategia unitaria. Il che da quello che si vede purtroppo
non è per niente scontato. La sinistra per opporsi alla legge Calderoli aveva puntato le sue
carte su una proposta di legge di iniziativa popolare che aveva presentato regolarmente in parlamento pensando
di usare questa legge
per mettere fuori
gioco la proposta Calderoli
Ma
le cose sono andate diversamente. Non abbiamo fatto i conti tenendo
conto dell’oste e questo non è un errore da poco. La nostra proposta di legge non è passata si è fermata
in commissione ma diciamoci
la verità, considerando i rapporti di forza in parlamento
e considerando la scarsa mobilitazione sociale di cui parla
anche Villone sul manifesto, essa non sarebbe potuta passare.
C’è da chiedersi chi ce l’ha fatto fare a sprecare
tante energie politiche per mettere in pista un corridore tanto claudicante
senza alcuna possibilità di arrivare al traguardo.
Oggi in parlamento passerà la controriforma senza che si sia riusciti a modificare
nulla di sostanziale.
Quindi
oggi per forza di cose per fermare la
legge Calderoli si dovrà
organizzare da subito
uno scontro referendario attraverso il quale spiegare al popolo che il regionalismo differenziato è per
il paese una proposta esiziale cioè è una proposta
che potrebbe provocare al paese un danno irreparabile, rovinoso in grado di pregiudicare irrimediabilmente la salute delle
singole persone e delle comunità
quindi un danno mortale.
Questo
significa che da subito su questa
legge la sinistra unita dovrebbe
mettere in piedi una campagna
nazionale di informazione e di
controinformazione.
Ci vuol subito una campagna di informazione
In
questa campagna di informazione e di contro- informazione dovremmo
spiegare alla gente
il perché serve un referendum
spiegando il tentativo inaccettabile di contro-riformare la Costituzione senza rispettare
le procedure previste per questo scopo proprio dalla Costituzione.
Il
danno politico al paese è preceduto e annunciato dalla scorrettezza procedurale della destra che non esita per scopi contro-riformatori a giocare sporco.
E’
la principale ragione apparentemente formale per la quale è giusto e necessario chiedere
il referendum. La proposta di legge del regionalismo differenziato è considerata da questa maggioranza una proposta di legge
ordinaria quando nella sostanza ordinaria non lo è e non può esserlo.
Cosa
c’è di ordinario in una legge che cambia radicalmente sul
diritto alla salute
l’organizzazione della repubblica?
Bisogna
ricordare che i costituenti. per cambiare la
costituzione hanno previsto
degli strumenti ad hoc e delle procedure parlamentari particolari
. Si tratta della legge costituzionale
e
di revisione costituzionale. La prima ha una funzione
integrativa del testo originario, mentre la seconda opera
una modifica alla carta fondamentale.
Ma
queste procedure particolari anche se con la Calderoli si cambia radicalmente la Costituzione sono ignorate.
La proposta Calderoli è considerata formalmente una legge ordinaria quando di fatto
non lo è.
Il porcellum 2
Il punto
politico è che il colpo
di mano è direttamente
il governo Meloni in barba
ai vincoli costituzionali a proporcelo.
E’ il governo che gioca sporco
. E’ il governo che non
rispetta i vincoli costituzionali. E’ il governo che è
fuori dalle regole.
Il regionalismo differenziato per la sanità e per la scuola
e per altre materie implica una modifica della costituzione di grandissima rilevanza politica che andrebbe a modificare in maniera significativa il
nostro sistema istituzionale attuale.
La
secessione regionalistica della sanità è la fine dell’art 32 e del SSN definito
con la riforma del 78.Lo
stesso
discorso vale per la scuola. Un cambiamento così rilevante necessiterebbe di un
ampio consenso, sia nelle aule parlamentari che nel paese. Per cui il
referendum per noi di sinistra dovrebbe essere irrinunciabile
La carta della legittimità costituzionale
Una
importante occasione potrebbe essere rappresentata
dall’art 127 della costituzione
cioè giocare la carta della legittimità costituzionale:
“La Regione,
quando ritenga che una legge
o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione
leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale
dinanzi alla Corte costituzionale [cfr. artt. 134, 136 ] entro sessanta giorni
dalla pubblicazione della legge o dell'atto
avente valore di legge”
Ma anche
in questo caso è necessario soppesare bene le obiezioni
da sollevare presso la corte costituzionale
.
In fin dei conti si tratta per le regioni di
ricusare certo una sostanziale secessione ma che alle regioni comunque comporta
una crescita dei propri poteri
di intervento.
Ad
oggi risulta che in particolare
alcune regioni del sud ( La Campania per esempio) intendono avvalersi di questo articolo.
Io
penso che con le regioni del sud ma non
solo sia necessario mettere in piedi una forte iniziativa politica.
Sono regioni che andrebbero dalla
sinistra fortemente
sostenute. Credo anche che il sud simbolicamente debba divenire l’epicentro
politico della battaglia politica contro il porcellum n°2.
La marginalizzazione del parlamento
Il colpo
di mano del governo Meloni
non solo vuole trattare le modifiche costituzionali
con delle leggi ordinarie ma nello stesso tempo vuole ridurre al minimo
il ruolo del Parlamento al fine strumentale di amplificare al massimo
in senso secessionista quello delle Regioni.
Nella proposta
Calderoli di fatto
la scelta politica
che si è voluto
fare è quella di non chiedere al Parlamento
un atto di interpretazione o di reinterpretazione del titolo V ma di dare per scontato che l’atto di indirizzo
per modificare la Costituzione già esiste ed è quello definito con la
contro-riforma del titolo V del 2001.
Ridurre al minimo il ruolo del parlamento
è funzionale all’ampliamento
massino di quello delle regioni e all’enfatizzazione delle intese tra regioni e governo che il
parlamento si dovrà limitarsi a ratificare.
Questo apre un enorme problema:
in questo modo si rinuncia alla possibilità di mediare ad esempio sul numero e
sul genere di materie da “secedere” e di definire le materie che per
la loro natura
chiaramene nazionale dovrebbero
essere considerate indevolvibili.
Sanità e scuola ma anche contrattazione nazionale ed anche
altre materie se si mantiene la concezione di Stato prevista nella Costituzione dovrebbero essere
considerate materie indevolvibili, perché la loro devoluzione implicherebbe la distruzione di
interi e complessi sistemi nazionali appesantendo il paese con un inutile
carico di diseguaglianze e di discriminazioni.
Cambiare il titolo V controriformato dalla sinistra
Ma
per decidere una riduzione delle materie da “secedere” servirebbe cambiare il
titolo quinto e precisamente l’art
117. Oggi le regioni a causa della controriforma al titolo V che
ricordo fu decisa dal centro sinistra nel 2001, possono chiedere la secessione di tutte le materie che vogliono
E questa è una follia.
Bisogna
inoltre ricordare che, in seguito
soprattutto alle controriforme decise dal centro sinistra per la sanità
negli anni 90 durante il periodo dell’Ulivo, per la sanità è stata già adottata
una semi secessione nel senso che molti suoi poteri sono stati traferiti dallo stato centrale
alle regioni Oggi la sanità di
fatto è oggetto della legislazione concorrente
cioè essa è di competenza sia statale
che regionale. Allo Stato di fatto sono rimaste
solo delle competenze formali
come la definizione dei Lea (livelli
essenziali di assistenza) ma nulla di più Alle
regioni già è passato il grosso delle questioni.
Rispetto
a questa situazione di fatto la proposta Calderoli sta creando
le condizioni in virtù delle quali emarginare il più possibile il parlamento e mettere al centro le intese tra governo e regioni e i famosi DPCM.
Detto con altre parole:
secondo la proposta
Calderoli le intese tra regioni e governo decidono di fatto le
variazioni alla costituzione. In questo modo alla fine sono le regioni e non più la Costituzione che decidono
sui diritti fondamentali delle persone. Questo è lo spirito della
secessione leghista.
Prove di secessionismo
La
proposta Calderoli oggi in via di approvazione al parlamento
di fatto non è niente altro che una estensione
di una sorta di secessione iniziata con la legge
502 del1992 con la quale si fa fuori
il comune si introduce
l’azienda e si rafforzano i nuovi poteri
delle regioni e con la
legge 229 del 1992, la famosa legge
ter della legge Bindi
con la quale si sono spalancate le porte al privato mettendo fine di fatto alla
nazionalizzazione della sanità definita con la riforma del 78 e che culminerà, al tempo di D’Alema, nel
2001, con la controriforma del tutolo V proprio della Costituzione.
Il regionalismo differenziato dobbiamo dire è
stato ampiamente anticipato dalle
controriforme decise dissennatamente dalla sinistra
e meraviglia l’assenza più totale di autocritica da parte di quella sinistra
che ha fatto questo capolavoro. Mi riferisco ovviamente al PD. Ma senza autocritica come si fa a convincere la gente che il regionalismo differenziato è il porcellum
n° 2?
Dal diritto
fondamentale al diritto potestativo
Oggi grazie alle contro-riforme volute dalla sinistra di governo, e che oggi
hanno provveduto a spianare la strada a Calderoli il diritto fondamentale alla salute (art 32) è già stato messo ampiamente in discussione
nel senso che è diventato suo malgrado di fatto un “diritto potestativo” perché di fatto
oggi esso dipende dalle risorse assegnate alle regioni e dalle politiche
compatibiliste decise dalle aziende in attesa di diventare nella prospettiva
Calderoli sempre più dipendente
quindi sempre più potestativo dal pil
regionale prodotto localmente.
Alla
fine l’idea del regionalismo differenziato è di differenziare il diritto
universale alla salute in tanti
diritti potestativi regionali cioè di sancire
regione per regione
tanti diritti resi diversi da’ diversi pil regionali.
A
questo si deve aggiungere il
sovraprezzo del neoliberismo la cui
responsabilità politica ricade totalmente sul PD che concede la più ampia libertà proprio a livello regionale
creando spazio a quello che, anche a sinistra, è stato salutato
come il sistema multi-pilastro
cioè un mosaico di soluzioni assistenziali nel quale la parte pubblica
sarà sempre più marginale.
Come dimenticare che fu il PD e più esattamente Letta a
dare il nulla osta al sistema multi-pilastro.
La questione dei residui fiscali
Ma a parte queste vistose contraddizioni procedurali che fanno passare
per ordinario ciò che ordinario non è, vi sono nel porcellum 2 fatto proprio dal governo
Meloni, delle aporie politiche che nel momento in cui faremo la battaglia
referendaria per abolire il disegno secessionista della lega bisognerà aver molto chiare.
La
prima riguarda i così detti “Residui fiscali” che a
mio avviso nascondono un clamoroso
inganno a danno di tutta la popolazione del paese.
Molti sono convinti
che la questione dei residui fiscali
sia stata accantonata. Io mi permetto
di dubitarne e su
questo argomento di essere scettico anzi di invitare tutti alla massima
allerta.
Rammento
che per “residui fiscali” si intende la differenza tra tutte le entrate fiscali
pubblicamente
riscosse in un determinato territorio e le risorse che in
quel territorio vengono spese.
Se i residui fiscali
come ha detto il ministro
Calderoli non sono all’ordine del giorno, allora perché nei pre accordi
fatti dalle regioni si propone di finanziare le regioni in due fasi:
la prima secondo la spesa storica
la seconda
attraverso criteri proporzionali alla ricchezza
locale prodotta?
Ricordo che il termine
residuo fiscale è di Buchanan, premio Nobel per l’economia
nel 1986 che se ne servì per
trovare una giustificazione di tipo
etico ai trasferimenti di risorse dagli stati più ricchi a quelli meno ricchi.
Con
il regionalismo differenziato si vuole invertire l’idea di Buchanan cioè si
vogliono trattenere nelle regioni più ricche le risorse in esse prodotte e alle
regioni povere assicurare la carità quello che nella legge Calderoli
si chiama il “fondo di perequazione”.
La vera ragione
per la quale la lega vuole la secessione
prima di essere
politica è senza dubbio economica
e guarda caso riguarda
proprio la questione dei residui fiscali. E’ sufficiente consultare il policy paper fatto
dalla Lombardia nel 2014 per capire che il
problema sono proprio i residui fiscali.
Cioè il nord vuol tenersi
in casa la ricchezza economica
prodotta nei propri
territori e non vuole darla ad altri. Cioè non vuole essere
solidale con nessun
altro e non vuole dipendere dai finanziamenti cronicamente scarsi
dello Stato centrale. Al nord
non interessa in nessun modo sulla sanità
essere solidale con il
sud. Al nord conviene aver un
sud senza diritti perché esso per curarsi è costretto a spendere le proprie risorse
negli ospedali del nord.
Al nord conviene
non l’autonomia regionale
che già c’è ma l’autarchia e a partire proprio
dagli enti locali e dalle regioni.
La fine
dell’universalismo
Le
ragioni dei residui fiscali che sembrano secondo Calderoli falsi problemi rispetto
alla sanità pubblica in realtà sono la negazione di
fatto di due valori complementari l’universalismo e la solidarietà. Ma nel momento in cui si afferma la fine dell’
universalismo e la fine della solidarietà è come se con una legge ordinaria si ammazzasse l’art 32
della costituzione cioè è come se si ammazzasse la salute come diritto
fondamentale della persona.
Se
è il reddito prodotto localmente in una regione a determinare i diritti allora
tutte le regioni che hanno un basso reddito locale avranno meno diritti. Ma
estendendo il concetto se dal pil si
passa al reddito personale degli individui alla fine con questa teoria il
valore del reddito sostituisce il valore del diritto. Cioè si
cancella l’art 32 e come in un periplo si torna esattamente dal punto in cui siamo
partiti più di mezzo secolo
fa. Cioè quando non c’erano i diritti.
Non mi pare che si stia partendo da zero
Ribadisco:
il regionalismo differenziato è tale proprio
perché si vuole sul piano pubblico differenziare l’accesso dei diritti
in base al reddito prodotto localmente da
una regione e sul piano privato differenziare
l’ accesso alle prestazioni attraverso
i fondi privati quindi i redditi
delle persone.
Vorrei
far notare che decidere che la salute
sia una funzione del reddito
e non funzione del diritto
è già una prassi
, infatti a partire dalla controriforma della Bindi del 1999 , cioè dopo aver sdoganato il ruolo del privato nei confronti del pubblico e dopo aver introdotto la sanità
sostitutiva al posto di quella integrativa e subito dopo spalancato le porte al
welfare aziendale e ai fondi , di fatto abbiamo cambiato per milioni di
persone il referente della salute cioè dal diritto siamo
passati al reddito.
Si
deve sapere che oggi è prevista la possibilità di esentare il cittadino che è iscritto
a un fondo sanitario
dall’obbligo di contribuire in modo solidale
al finanziamento del SSN.
Infatti chi per avere un’assistenza privata versa
dei contributi oggi ha la possibilità di beneficiare dell’esenzione del TUIR (testo unico delle imposte sui redditi)
sul contributo versato al Fondo sanitario sia per sé che per i
propri familiari (art. 51, comma 2).E questa robaccia che non certo rafforza
l’art 32 nasce in casa della sinistra non della
destra. Non si può vincere un referendum contro il regionalismo differenziato se prima
non si fa pulizia dei tanti errori
(eufemismo) fatti dalla sinistra
di governo.
La questione dei lep e dei costi standard
La
seconda grande aporia che desidero
evidenziare dopo quella dei residui
fiscali riguarda i lep. Sul manifesto
al prof Cassese che crede che i lep siano una garanzia di universalismo ho fatto notare che questa
è una fallacia.
I lea fatti per la sanità nel ‘92
con le aziende non hanno impedito la crescita delle
diseguaglianze e meno che
mai hanno inciso sul fenomeno della mobilità regionale. Cioè il prof Cassese deve sapere che l’universalismo formale dei lea non garantisce in alcun modo
l’universalismo sostanziale . L’universalismo sostanziale è garantito solo se ci sono strutture adeguate
e operatori adeguati in tutte le regioni, quindi una metodologia
adeguata e infine risorse adeguate.
Se ci si limita
come crede il prof Cassese
e la Meloni a definire i lep senza garantire le condizioni di equità
strutturale e sovrastrutturale del sistema
dei servizi si buca l’obiettivo.
A
contraddire il falso universalismo dei lep vi è il sempre più crescente mix
pubblico/privato di cui nessuno parla ma che alla fine si rivela decisivo a
cambiare le prestazioni da regione a regione.
Nella
letteratura nazionale e internazionale come ho ricordato anche di recente
abbiamo evidenze che ci dicono che a parità di lea
la mortalità è più alta nella
sanità privata e che è più bassa in quella
pubblica. Le prestazioni
descritte nominalmente nei lep o nei lea ribadisco con forza, sono uguali solo formalmente, ma tutti sanno che quelle del privato sono diverse da quelle del pubblico.
Ma se il privato continua a crescere
le diseguaglianze anche continueranno a crescere. A rendere diverse le prestazioni è il loro scopo e i modi che si usano per conseguirli. Se il loro scopo è il rispetto
del diritto le prestazioni
saranno di un tipo se invece lo
scopo è il profitto le stesse prestazioni saranno di un altro tipo. Se le prestazioni anche tecnicamente le garantisce il privato saranno una cosa se le prestazioni
le garantisce il pubblico saranno diverse.
I costi standard
Vorrei
ricordare che alla base della proposta di regionalismo differenziato vi è la teoria
di finanziare la sanità
definendo dei costi standard. I lep sono funzionali a garantire la possibilità
di finanziare le regioni con i costi standard.
I costi standard
nascono dalla contabilità industriale e si basano sulla possibilità di analizzare con precisione
tutti i costi che partecipano al processo produttivo e i vari scostamenti tra i costi teorici i costi reali.
Se per chi fabbrica bulloni
questo è del tutto possibile, in sanità no nel
senso che solo una parte dei costi
delle attività sanitarie si potrebbero standardizzare. La maggior parte dei
costi clinici in sanità cioè quelli riconducibile ai trattamenti di cura dei malati non sono
standardizzabili semplicemente perché la cura, a fronte
della complessità clinica del malato non è standardizzabile. In clinica
c’è il problema della singolarità e
della complessità.
Vorrei anche ricordare
che l’unico tentativo di adottare
i costi standard fu fatto in occasione del riparto del fondo sanitario
2013 Il risultato fu un flop clamoroso tanto da indurre le regioni a ritornare ai vecchi criteri della spesa storica pro-capite.
Standardizzare la
malattia forse è possibile ma standardizzare i malati
è una vera stupidaggine
Oggi il nord leghista
parla di costi standard anche se la standardizzazione in sanità è assenta per buona parte del sistema dei
servizi in particolare per quelli territoriali
e per aree assistenziali nevralgiche si pensi alla salute
mentale alla prevenzione alle dipendenze alla medicina
generale ecc ecc .
Ma
bisogna fare attenzione a non confondere i lea con i lep. Non sono la stessa
cosa La legge che nel 1992 ha istituito i Lea parla di “livelli di attività di
servizi e di prestazioni”, i Lep, invece, sono solo “prestazioni” intendendo
per prestazione un singolo e specifico
atto clinico-assistenziale, di natura diagnostica
e/o terapeutica. I Lea in sanità sino ad ora sono stati definiti come
macro aggregati di attività servizi e prestazioni cioè insiemi e suddivisi in tre grandi gruppi
(salute pubblica, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera). In pratica nella proposta di regionalismo
differenziato con i Lep l’intenzione sembra essere quella di ridurre
il concetto di tutela facendo coincidere
il bisogno di cura con la prestazione tecnica tout court.
Cioè si passa dai macro-aggregati di più prestazioni
alle singole prestazioni. Gli insiemi prestazionali diventano singole mansioni
professionali.
L’idea
folle per chi non conosce le complessità della clinica è quella di costruire costi standard quantificando i costi
di ogni singola
prestazione clinica Esattamente come si usa nei prontuari
delle assicurazioni e nelle fabbriche
manifatturiere.
Questa è la strada
giusta da intraprendere proprio per
ammazzare il diritto alle cure adeguate e nello stesso tempo tornare alla malattia
negando il malato come soggetto Se restiamo
nella logica delle prestazioni si resta
in quella della malattia rinunciando a quella ben più adeguata
del malato, cioè rinunciando
a confrontarci con le complessità di questo tempo.
I lep per i malati sono una vera fregatura
storica perché essi del
malato delle sue complessità delle sue singolarità dei suoi bisogni
reali non interessa
niente.
L’antinomia destra/sinistra
Ho visto che
soprattutto la lega alla notizia
dell’avvenuto passaggio al senato della legge sul regionalismo differenziato ha brindato compiaciuta parlato di passaggio storico.
In effetti
la controriforma Calderoli
è indubbiamente un passaggio storico
perché è un cambio
del dettato costituzionale ma credo
che questo passaggio tanto per la lega che
per il governo di destra, sia più problematico e insidioso di quello che
costoro pensano.
Molto
dipenderà da quello che farà la sinistra.
Si è vero come ho descritto
nel mio ultimo libro Sanità
pubblica Addio che le cose per l’art 32 e per il SSN
stanno andando molto male, nello stesso tempo non credo che la maggior parte dei cittadini del
nostro paese siano disposti a
rinunciare all’art 32 della Costituzione e a
una sanità pubblica universale . Ripeto dipende da quello che farà la
sinistra.
L’approvazione del regionalismo differenziato da parte del
senato ha aperto una fase nuova cioè ha reso evidente la grande antinomia che esiste in questo tempo storico tra destre e sinistre.
Oggi
questa antinomia a certe condizioni è
un vantaggio politico importante per le sinistre. E’ l’occasione importante
per vincere le destre sul terreno
proprio dei diritti.
Essere di sinistra e diventare di sinistra
Ma è del tutto
ovvio che non basta “essere”
di sinistra per vincere
questa battaglia.
Oggi
semmai proprio rispetto alle esperienze di governo sulla sanità della sinistra bisognerebbe “diventare” di sinistra. Cioè oggi dovremmo
liberarci delle contaminazioni neoliberiste e leghiste nello stesso
tempo dobbiamo spingere in avanti e in modo innovativo e moderno il
nostro antico progetto di riforma della sanità quello che io oggi chiamo “Quarta
riforma” ma con lo scopo di sviluppare in modo estensivo l’art 32 non
già di negarlo.
Per dare le gambe all’art 32 oggi abbiamo
bisogno di un pensiero di riforma che purtroppo ancora
non c’è. Tutto quello che abbiamo
fatto in questo ultimo mezzo secolo più nel male che nel bene sono prolegomeni di un pensiero
contro-riformatore che dobbiamo ripensare
Quando io parlo pensando alla riforma della
sanità fatta nel 1978 di “mezza riforma”
ho ben chiaro
che l’altra mezza riforma che ci serve
per davvero è ancora tutta da fare. Si tratta di
rimettere a posto il rapporto pubblico/privato, di superare le aziende e di
sostituirle con forme partecipate di gestione, si tratta
di
ricostruire gli equilibri tra salute e cura, di riformare
lo stato giuridico degli operatori, di
reinventare gli ospedali e un sacco di altre cose. Ma cambiare il mondo della
sanità non è esattamente una passeggiata.
Migliorare o peggiorare il mondo
La differenza
a proposito di sanità tra essere di sinistra
e diventare di sinistra è la differenza che esiste tra una
sinistra che con le sue idee migliora il mondo riformandolo e una sinistra
che senza idee o peggio con le idee sbagliate finisce con il peggiorarlo.
Quindi
la differenza è tra una “sinistra transitiva” il cui pensiero di riforma si espande sulla sanità cambiandolo a
beneficio di tutti e una “sinistra
intransitiva” che fino ad oggi ha pensato di trovare soluzioni persine
nel neoliberismo accettando una idea di sostenibilità tutta subalterna all’ideologia della compatibilità
aziendale.
Presto
ci dovremo mobilitare e quindi ci bobbiamo organizzare
come schieramento unitario per organizzare il referendum contro il
regionalismo differenziato e sostenere le regioni
che porranno la questione di legittimità costituzionale e che decideranno di ricorrere all’art
127.
In vista di questo
appuntamento è necessario chiarire bene molto bene il nostro progetto politico di sanità
cioè definire bene la nostra
piattaforma cioè definirla con idee e con coraggio altrimenti lo scontro con la
destra rischiamo di perderlo con effetti devastanti .
Oggi come sinistra non possiamo più rifare gli errori
fatti dalla sinistra in questi anni. Cioè
dobbiamo davvero sbagliare di meno. O si cambia per davvero cioè e quindi si è per davvero
di sinistra o la partita
è persa.
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