È molto preoccupante che sia passata pressocchè inosservata l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge sulle “Autonomie differenziate”. Una orribile proposta che fa cadere nel nulla secoli di tenaci discussioni e sofferte battaglie per l’affermazione dei principi di “libertà, eguaglianza e solidarietà”, che costituirono il “patto” sul quale si fondò la rivoluzione francese.
Ci sarebbe molto da dire su questo ineffabile testo dell’On. Calderoli,
che, detto in estrema sintesi, non ha nulla di seriamente giuridico, e, agendo
sullo stesso piano dell’altro testo voluto dalla Meloni sul cosiddetto
“premierato”, infrange tutta una serie di solide categorie giuridiche come
fossero dei birilli.
Il primo “principio fondamentale” a farne le spese è quello della
“eguaglianza”, che permea di sé l’intera Costituzione ed è peraltro un cardine
dell’ordinamento costituzionale. Si tratta di un tema estremamente vasto, ed
estremamente sfuggente. “Estremamente vasto”, perché la “eguaglianza”, è la
condizione stessa dell’esistenza della Legge. La legge, infatti, non sarebbe
tale, se non fosse “uguale per tutti”. Come è scritto sui nostri Tribunali.
Oltre che nel primo comma dell’articolo 3 della Costituzione (dove, sia detto
per inciso, la parola “uguale” è stata corretta in “eguale” dall’ottimo
revisore del testo costituzionale, Concetto Marchesi). E “estremamente
sfuggente”, perché il testo della Costituzione parla di “eguaglianza” una
infinità di volte indicandola spesso con la parola “tutti” o con il suo omonimo
“ogni”. Art. 3: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale”, art. 4:
si garantisce il lavoro “a tutti i cittadini”, “ogni cittadino ha il dovere di
svolgere una attività o una funzione”, art. 8: “tutte le confessioni
religiose”, art. 16 “ogni cittadino può circolare o soggiornare”, art. 19:
“tutti hanno il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa”,
art. 21: “tutti hanno il diritto di professare liberamente il proprio
pensiero”, ecc., ecc. ).
In questo stato di cose, è ovvio che può prendersi in esame un filo per
volta. E non può negarsi che il primo filo che viene in considerazione secondo
l’ordine concettuale seguito dalla Carta costituzionale è quello che collega il
concetto di ”eguaglianza” al concetto di “sovranità”. Alla ”sovranità” si
riferisce infatti il primo articolo della Costituzione, secondo il quale: “la
sovranità appartiene al Popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”. E alla “eguaglianza”, fa riferimento l’art. 48 Cost., là dove si
afferma che per fondamentale “atto sovrano” deve intendersi “l’esercizio del
diritto di “voto”, subito precisando che quest’ultimo deve essere “personale ed
eguale, libero e segreto”.
Insomma, l’esercizio concreto della “sovranità” da parte del “Popolo”,
avviene, nel caso che si esamina, con l’estensione del “diritto di voto” a
“tutti” i cittadini (ho già detto dell’importanza della parola “tutti”) e
purché ogni voto sia “eguale”, cioè di egual peso e di egual valore. Le parole
usate dal Costituente sono al riguardo estremamente chiare: “sono elettori
tutti i cittadini, uomini e donne, che abbiano raggiunto la maggiore età. Il
voto è personale ed eguale, libero e segreto”.
Questo è il primo, e comunque uno dei tanti “principi fondamentali” (i
quali, lo si ricordi, non possono essere oggetto neppure di revisione costituzionale)
che il disegno di legge Calderoli travolge e distrugge. Basti pensare che il
voto di tutti i cittadini serve per nominare i loro rappresentanti in
Parlamento, al fine soprattutto, come precisa l’art. 49 Cost., di “concorrere”
a “determinare” la “politica nazionale”. Ma quale “politica nazionale” potranno
mai concorrere a determinare i cittadini tramite i loro rappresentanti
parlamentari, se al Parlamento restano assegnate ben poche materie oggetto di
legislazione esclusiva, mentre il grosso delle materie appartiene alle Regioni,
e quelle ad autonomia differenziata, come voluto dal disegno di legge
Calderoli, non hanno nessun collegamento con le leggi statali, e anzi, possono
agire “in contrasto” e “in concorrenza” con queste ultime? Ci troviamo davvero
di fronte a un disegno di legge che sconquassa ogni ordine logico, giuridico e
costituzionale, e gioca sul brutale accaparramento di quanto più si può. Un
disegno di legge “disarmante” per la sua palese arroganza e la sua pretesa, ma
inesistente, dignità legislativa.
E quella narrata è soltanto una delle infinite vacuità che si vorrebbero
far passare come “leggi” dello “Stato”. Uno Stato di certo non più esistente
nelle menti di coloro che tali leggi hanno voluto proporre.
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Attuare la Costituzione
Associazione di promozione sociale
La Segreteria
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