Dilettanti allo sbaraglio. È difficile trovare altre parole per definire la scelta dei ridurre (da 4 a 3) le aliquote sull’imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef) per il 2024 da parte dell’attuale Governo. Il giudizio può sembrare a prima vista eccessivo, ma è nei dettagli che si può cogliere l’effetto reale della riforma.
La novità è
la diminuzione dell’aliquota dello scaglione di redditi compreso tra 15.000 e
28.000 euro, che scende dal 25% al 23%, allineandosi allo scaglione precedente
(fino a 15.000 euro). Per valutare in concreto l’incidenza fiscale
dell’accorpamento di questi due scaglioni, si può verificare il risparmio di
imposta in relazione alla variazione dei redditi.
Al di sotto
della no tax aerea (che arriva fino a 8.500 euro) nulla cambia, perché non si
pagano imposte.
Al di sopra del reddito esente fino ai 15.000 euro di reddito (di solito un
lavoratore part-time) non c’è alcun risparmio. Tra 15.000 e 28.000 euro di
reddito si ha un risparmio crescente, che sale in relazione all’aumento del
reddito. Ad esempio, per chi ha un reddito di 20.000 euro lo sconto è di 100 euro,
mentre per un reddito di 28.000 lo sconto è di 260 euro. Tra 28.000 e 50.000
euro lo sconto è sempre di 260 euro. Anche sopra i 50.000 euro il risparmio è
di 260 euro, ma tende ad annullarsi se il contribuente usufruisce di detrazioni
fiscali. Per i redditi superiori a 240.000 euro si applica lo sconto pieno di
260 euro, poiché per questi redditi non sono previste detrazioni.
Proviamo a
interpretare ed esemplificare le cifre.
Se sei
povero, non sono previsti sconti fiscali.
Se hai un
reddito basso, il risparmio è maggiore per chi ha un reddito che si avvicinano
a quello medio.
Se hai un
reddito medio-alto, ottieni il risparmio maggiore.
Se hai un
reddito alto, lo sconto diminuisce se hai maggiori spese (universitarie, di
trasporto ecc.).
Sei hai un reddito altissimo, hai lo sconto pieno.
È evidente
che questa distribuzione del risparmio fiscale non è equa e nemmeno
ragionevole. Anziché intervenire con uno sconto progressivo sulle imposte (cioè
maggiore per chi ha un reddito più basso), di fatto il Governo ha scelto di
attuare un criterio regressivo (aumentando lo sconto sostanzialmente per i
redditi più elevati). Inoltre, in questa tendenza che favorisce i contribuenti
più abbienti, si intravvede una penalizzazione delle famiglie che hanno più
spese e di conseguenza detrazioni fiscali.
Il disegno
della riforma è talmente illogico che ci si domanda se si tratti di una scelta
ideologica consapevole oppure dell’effetto di interventi decisi senza
conoscenza delle ricadute reali. Difficile anche giudicare se la causa risieda
in una politica regressiva o piuttosto in un’incompetenza tecnica. Forse si
tratta di entrambe le caratteristiche di un Governo che ha l’intenzione di
andare in una direzione tendenzialmente antisolidale e anticostituzionale, ma
che di fatto adotta soluzioni pasticciate e irrazionali.
Non
dimentichiamo che, come scriveva Robert Stevenson, «la politica è forse l’unica
professione per la quale non si ritiene necessaria alcuna preparazione».
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